Metti in una stessa stanza due estranei: una femminista e un esponente della nuova destra. Oppure una trasgender e una persona che non “concepisce” i trasgender. Un ambientalista e uno che pensa che il riscaldamento globale sia una grossa bufala. Troveranno la via del dialogo? L’esperimento sociale è stato fatto per la campagna Worlds Apart di Heineken. Un esperimento che è piaciuto alla rete e che in breve è diventato virale nel mondo anglosassone.
A ogni coppia di opposti vengono dati alcuni mobili da assemblare, delle istruzioni e un questionario. Alla fine viene mostrato loro un video in cui il compagno/a esprime la propria opinione sul tema che li vede su posizioni opposte e viene data loro la scelta: fermarsi bere una birra insieme e confrontarsi o andare via. Tutte le coppie decidono di fermarsi e dialogare. E l’invito finale dello slogan di Heineken è positivo, ma soprattutto non prende posizione né a favore dell’uno né a favore dell’altro:
“open your mind, open your world”
Più che il contenuto e del messaggio in sé dello spot (il risultato dell’esperimento è assolutamente influenzato dalla selezione fatta a priori dei soggetti, a mio avviso), quello che ha fatto discutere è stata la contrapposizione con un altro spot, che ha tentato, in malo modo, di dare un messaggio simile. Si tratta della campagna lanciata da Pepsi, con protagonista la modella Kendal Jenner.
In questo caso il prodotto è in primo piano come “risolutore di conflitti”. Lo spot sembra dire: basta una Pepsi e si appiana tutto. La rete, e non solo, non ha gradito. Senza parlare della reazione di quanti hanno realmente partecipato a marce di protesta (evocate nel video), che hanno sentito ridicolizzato e strumentalizzato il messaggio delle loro battaglie. Insomma, un reale flop di comunicazione.
D’altra parte i temi sociali sono l’ultima frontiera con cui si sta confrontando il marketing negli ultimi anni. Lo dimostrano gli spot, dai costi stellari, realizzati per il Super Bowl. Immigrazione, diversità, gender pay gap sono solo alcuni dei temi affrontati nell’ultima edizione dalle pubblicità andate in onda durante l’evento sportivo americano per eccellenza. E non tutti sono stati investimenti a buon fine, come nel caso di Audi, che ha puntato sulle aspirazioni di uguaglianza di un papà per la propria figlia. Un messaggio forte e positivo, ma che se non coerente con le prassi aziendali rischia di suonare dissonante.
La ricerca di un canale che parli ai valori dei consumatori, può sembrare la strada migliore per vendere, ma rischia di essere un terreno scivoloso se quei valori non sono innanzitutto dell’azienda che li vuole comunicare, ma soprattutto dei pubblicitari che quel messaggio devono tradurre in immagini, voci, suoni, parole. Altrimenti si finisce a realizzare un video in cui sembra sufficiente rendere glamour una manifestazione, magari con condimento di modella, per parlare di “rivoluzione”.