Venture capital: e se fosse che le donne non lo vogliono?

img_2901Poche donne sono business angel, poche imprenditrici fanno ricorso al venture capital, raramente tra i fondatori di startup c’è una componente femminile. Sono gli esiti di tre analisi diverse e indipendenti, prevalentemente di area anglosassone e americana, che accendono i riflettori su fenomeni probabilmente correlati, di cui è difficile capire quali siano le cause e quali gli effetti, ma che parlano di un dato di realtà inconfutabile: il gender gap nell’accesso ai fondi. Che però, ed è qui il tema controverso,  potrebbe anche dipendere da una scarsa propensione femminile al ricorso al venture capital e, dall’altra parte, all’investimento in altre aziende.

Secondo un recente studio  di Ernst & Young (EY) in collaborazione con la Women Presidents’ Organization (WPO), pubblicato in esclusiva da Fortune, solo una imprenditrice su 100 negli Stati Uniti ricorre al venture capital. Per lo più le donne che fanno impresa utilizzano i propri risparmi o linee di credito bancarie o ricorrono a prestiti da parte di familiari e amici. I risultati di questa ricerca trovano riscontro nel dato secondo cui nel 2016 le donne hanno ricevuto solo il 2,19 per cento del totale di venture capital erogato. Secondo Lisa Schiffman, co-founder dell’ EY’s Entrepreneurial Winning Women program “bisogna comunque considerare che molte donne scelgono consapevolmente di evitare il ricorso a venture capital e private equity, per ragioni di orgoglio ma anche per mantenere il proprio potere decisionale nell’attività”.

Se si restringe il campo alle startup, sempre rimanendo negli Stati Uniti, nel primo quadrimestre del 2017 solo il 17 per cento aveva almeno una donna tra i fondatori. E il dato, secondo Crunchbase, è stabile dal 2012: nessuna variazione positiva per cinque anni. In risposta a questa situazione, sono nate diverse organizzazioni che hanno l’obiettivo di supportare le startupper, da angel networks come Astia Angels, Pipeline Angels, Broadway Angels e Golden Seeds a fondi come BBG Ventures. Per Susan Lyne, cofondatrice di BBG Ventures,  “la questione principale non è il numero di donne che danno avvio a una impresa, ma l’accesso al capitale”.

Nel 2016 i fondi hanno investito 10 miliardi di dollari in imprese con almeno una fondatrice contro i 94 miliardi investiti in team di soli imprenditori uomini. “Le imprese condotte da donne fanno fatica ad attrarre investimenti – afferma  Kirsty Grant, investment director di Seedrs, una delle maggiori piattaforme di crowdfunding nel Regno Unito, in un recente articolo del Telegraph perché mancano i business angel donna. Le ricerche dicono che le donne non investono denaro, soprattutto non in azioni o partecipazioni, al limite in proprietà immobiliari”. “Eppure  conclude – quando una venture capitalist supporta una startupper, questa ha il 21 per cento di probabilità in più di avere successo”.

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