Da oltre un anno l’intelligenza artificiale è diventata un tema di discussione quasi quotidiana sui giornali, in televisioni e sui social media. Hanno preso una posizione forte verso l’intelligenza artificiale personaggi importanti come lo scienziato Stephen Hawking, l’imprenditore Elon Musk e l’ex Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sotto la cui amministrazione è stato pubblicato nell’ottobre 2016 un rapporto sul futuro dell’intelligenza artificiale e sul suo impatto sulla società americana. Quasi di sorpresa, siamo passati dall’immaginare l’intelligenza artificiale come uno scenario futuristico, adatto per film di fantascienza, a comperare automobili che si parcheggiano da sole, come la Tesla. Ma che cosa si nasconde dietro il concetto di intelligenza artificiale e dobbiamo veramente averne paura?
Con il diffondersi dell’intelligenza artificiale nella nostra vita così come sulle pagine dei maggiori quotidiani, si è create una certa confusione sul concetto di intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale, infatti, è il risultato di un insieme di discipline come la matematica, la statistica, l’ingegneria elettronica, applicate alla creazione di sistemi in grado di fare cose senza l’intervento dell’intelligenza umana, come riconoscimento del linguaggio, riconoscimento visivo, traduzione tra diverse lingue, o prendere decisioni per giocare a scacchi. Una caratteristica dell’intelligenza artificiale è quella di creare sistemi che imparano da soli, da cui spesso si fa riferimento a sistemi cognitivi quando si parla di intelligenza artificiale. Siamo però lontani dal potere ricreare il cervello umano e la sua estensiva capacità computazionale, nonostante milioni di dollari siano già stati investiti per riuscire a replicare la capacità computazionale del nostro Sistema neuronale e qualche risultato già si vede. Il professor Alberto Salleo dell’Università di Stanford, il 20 febbraio scorso, ha annunciato che il suo laboratorio è riuscito a ricreare una sinapsi artificiale simili a quelle del nostro cervello per aumentare le performance dei neural network computing.
Dobbiamo temere il diffondersi dell’intelligenza artificiale nella nostra vita quotidiana? Forse perché vivo in Silicon Valley da quasi vent’anni, forse perché guido una Tesla e ho smesso di graffiare il paraurti quando parcheggio, forse perché da anni il mio aspirapolvere Roomba pulisce casa quando tutti siamo fuori, io vedo decisamente più opportunità che rischi nella diffusione dell’intelligenza artificiale. Oggi l’intelligenza artificiale porta con sé tantepossibilità di sviluppo, quante ne ha portate la diffusione dell’energia elettrica agli inizi del ‘900. Il modo di usare il nostro telefono, computer, TV ed elettrodomestici può diventare molto più efficiente. I sistemi anticipatori che Google ha messo nei suoi telefoni Android riconoscono quando siamo in ufficio e ci dicono quanto tempo impiegiamo in auto o con i mezzi a raggiungere il nostro prossimo appuntamento. Il termostato Nest impara (o quantomeno sta imparando) le nostre abitudini domestiche per ottimizzare il riscaldamento della nostra casa. Come quando l’elettricità è entrata nelle case nel ‘900 consentendo di avere illuminazione, frigoriferi, sistemi di comunicazione, oggi l’arrivo dell’intelligenza artificiale nella nostra quotidianità consentirà di migliorare nettamente la qualità della nostra vita, avendo un impatto sopratutto sull’uso del nostro tempo.
Ancor più avrà un impatto enorme sulla vita dei nostri figli che stanno crescendo insieme all’intelligenza artificiale. E le domande sono molte. Perderanno, ad esempio, la capacità di interagire in modo naturale con i loro coetanei? Come tutte le cose, a mio parere, anche i sistemi di intelligenza artificiale possono e devono essere offerti ai bambini in modo misurato e supervisionato dai genitori per evitare di limitare lo sviluppo delle abilità socio-emozionali che sono centrali nello sviluppo di un bambino. Detto questo, i sistemi di intelligenza artificiale usati nel modo corretto possono e saranno un alleato importante per superare alcune difficoltà che hanno limitato la crescita serena di molti bambini, come la dislessia. Pensate alle difficoltà di apprendimento, ma soprattutto al disagio socio-emotivo dei bambini (e dei bambini cresciuti) affetti da dislessia, come spiega il professor John Donohue del Wyss Center. Pensate all’imbarazzo di non riuscire a riconoscere le lettere, a non riuscire a dare loro un senso compiuto in una parola mentre gli altri compagni di classe riescono a leggere senza problemi. Pensate alle conversazioni in classe dove tutti hanno letto Harry Potter tranne tuo figlio perché è troppo frustrante dare un senso a tutti quei simboli sulla pagina. Pensate alla difficoltà di scrivere quella frase che i compagni di classe hanno scritti così facilmente. O a non riuscire a scrivere il nome della migliore amica per il biglietto di auguri di compleanno. L’intelligenza artificiale già oggi grazie ai sistemi di riconoscimento vocale e di speech to text consente di ridurre in modo drastico il disagio sociale dei bambini affetti da dislessia.
Come per l’elettricità, ci sono precauzioni da prendere e dobbiamo insegnare ai nostri figli a non mettere le dita nella presa dell’intelligenza artificiale. Ma come per l’elettricità, sono convinta che la diffusione dell’intelligenza artificiale porterà molti più benefici che rischi.