Chiamami col tuo nome: la storia di un amore gay raccontata da Luca Guadagnino. Sono più o meno questi i titoli apparsi sui media nelle scorse due settimane. Infatti “Chiamami col tuo nome”, tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, è stato l’unico film di regia italiana presente nella sezione Panorama Special alla 67° edizione del Berlinale, il noto Festival del Cinema di Berlino conclusosi ieri. Molto apprezzato e applaudito dal pubblico e dalla critica e già presente al Sudance Film Festival, il film, o meglio la storia che racconta, merita, a mio parere, una riflessione.
Non si può negare che le vicende siano essenzialmente incentrate sul rapporto sentimentale e fisico tra i due protagonisti: da un lato Elio (nel film Timothée Chalamet) un diciassettenne in bilico tra l’amore per la cultura e i classici turbamenti adolescenziali, dall’altro Oliver (Armie Hammer) bello, sensuale, intelligente e misterioso, il principe azzurro per eccellenza. Di fronte a cotanto fascino Elio, ostaggio delle proprie emozioni (e dei propri ormoni), capitolerà innamorandosi perdutamente di Oliver, in un turbinare di emozioni contrastanti.
Tuttavia, nonostante la natura dei due amanti, non riesco proprio a catalogare il racconto di Aciman come “storia d’amore gay”. Il lento disvelarsi della passione di Elio per il misterioso straniero, il violento desiderio coltivato in una dimensione quasi onirica di possedere qualcosa di suo, le insicurezze e le incertezze del primo amore adolescenziale che confluiscono nella gioia per la scoperta dell’altro e la conseguente paura del distacco. Non sono temi di una storia d’amore “gay”. Aciman e Guadagnino raccontano una storia d’amore, punto. Intensa, tormentata, appassionante se vogliamo darle un nome, ma definirla “gay” sarebbe alquanto riduttivo.
Intendiamoci, non è che la tematica non venga affrontata, anzi, ma in primo piano vengono messe le emozioni, che per loro stessa natura non dipendono dall’orientamento sessuale. Ma vi è di più: la storia insiste su un concetto d’amore che va ben al di là delle caratteristiche fisiche delle persone dove il sesso raggiunge una dimensione totalmente priva di stereotipi, quasi liquida. Sia Elio che Olivier sono attratti anche da persone dell’altro sesso e non lo nascondono a sé stessi né tantomeno al mondo che li circonda. Ciò che conta – come ricorda Elio in uno dei più bei passi del romanzo – è la completa fusione con l’altro, la comunione di due anime e di due corpi portata all’estremo, dove ogni distinzione è assente. “Chiamami col tuo nome” non l’avevo mai fatto prima e non appena pronunciai il mio nome come fosse il suo, mi ritrovai trasportato in una dimensione che non avevo mai condiviso con nessuno prima, né mai avrei condiviso dopo”.
Ed è proprio questo modo di raccontare l’amore che consente di affrontare con estrema delicatezza e da una prospettiva insolita uno dei temi della storia che possiamo definire a tematica “gay”: il coming-out di Elio con il padre. Un coming-out non fine a sé stesso ma parte integrante e conseguenza ineluttabile proprio di quell’amore che porta insieme felicità e dolore e che un genitore deve affrontare se vuole essere valido appoggio e guida per il figlio che cresce. “Come vivi la tua vita sono affari tuoi. Ma ricordati, cuore e corpo ci vengono dati una volta sola. La maggior parte di noi non riesce a fare a meno di vivere come se avesse a disposizione due vite (…) invece di vita ce n’è una sola, e prima che tu te ne accorga ti ritrovi col cuore esausto”. Aciman tocca un punto importante. Non è un caso che il coming-out in famiglia spesso coincida con la scoperta dell’amore, con la voglia di parlare di sé e del proprio partner, di farlo diventare parte integrante di una delle sfere più intime della nostra vita. E, ancora una volta, cosa è questo se non amore?
Alla Berlinale è stata quindi proiettata la storia di un amore o, volendo essere provocatori, riprendendo la campagna proposta a San Valentino dal canale RealTime (tra le mille, consuete, polemiche) la storia di “un’amore” che esiste in quanto tale, a prescindere da chi ne gode.