In proprio per scelta. O perchè non hanno altra scelta. L’Italia ha un record. Quello dell’imprenditoria femminile. O meglio, delle lavoratrici autonome (poi, se la partita Iva sia indotta oppure no è un altro capitolo). Sono oltre 1,7 milioni le donne che svolgono attività indipendenti. L’Italia registra un record in Europa visto che, tra imprenditrici e lavoratrici autonome, il Regno Unito si ferma a quota 1,5 milioni e la Germania a 1,3 milioni.
È la fotografia scattata dall’Osservatorio sull’imprenditoria femminile, presentato alla convention di Donne impresa Confartigianato. A guidare la crescita, sono le imprenditrici artigiane, aumentate dell’1,9% negli ultimi 10 anni. Si tratta di un esercito di circa 350mila donne, tra titolari, socie e collaboratrici, con una presenza prevalente in Lombardia (66.977), seguita da Emilia Romagna (37.503), Veneto (37.387), Piemonte (32.847), Toscana (31.715). In Friuli Venezia Giulia sono 8.247. La classifica provinciale vede in testa Milano, con 17.908 imprese artigiane al femminile. Secondo posto per Torino (16.387), seguita da Roma (15.191).
La gestione aziendale incontra i problemi di ordinaria amministrazione. A partire dal credito: il 39,5% delle imprenditrici segnala di aver riscontrato difficoltà di accesso al credito nel corso del 2016. Alla maggior parte di loro (41,2% delle intervistate) sono state applicate condizioni maggiormente onerose. Poi ci sono i rapporti commerciali con i clienti: il 32,7% delle intervistate ha crediti inesigibili per la fornitura di beni e servizi ad imprese in crisi. E i mancati pagamenti incidono sul fatturato del 19,2% delle imprese creditrici. L’11,2% delle piccole imprese al femminile vanta crediti nei confronti della Pubblica amministrazione e un terzo dichiara un allungamento dei tempi di pagamento degli enti pubblici. Tempi che, secondo l’84,1% delle imprenditrici, rimangono superiori ai 30 giorni stabiliti dalla legge e si attestano ad una media di 58 giorni.
Per rimanere competitive sul mercato il 22,8% delle piccole imprenditrici sfrutta o dichiara che utilizzerà in futuro le tecnologie digitali.In particolare, però, due su tre (il 73,4% delle intervistate da Confartigianato) è già attiva sul web. Inoltre, il 75,2% dispone di un proprio sito, il 67,8% ha un profilo social e il 9,6% utilizza negozi di e-commerce e/o piattaforme di servizi on line.Tra le imprese che utilizzano tecnologie digitali, è maggiormente diffuso l’Internet of things (48,7% delle imprenditrici), i social manifacturing (40,1%) e la manifattura 3D (37,5).
Quando dai problemi dell’azienda ci si sposta sul welfare, emergono, ancora più forti, i conti con un welfare che non aiuta le donne italiane a conciliare il lavoro con la cura della famiglia: la spesa pubblica è fortemente sbilanciata sul fronte delle pensioni e della spesa sanitaria per anziani che ammonta a 260,6 miliardi di euro. Invece, per le famiglie e i giovani la spesa pubblica italiana si ferma a 22,8 miliardi, pari al 2,8% della spesa totale della Pa (rispetto al 3,6% della media Ue) e all’1,4% del Pil (rispetto all’1,7% della media Ue). Percentuali che collocano l’Italia rispettivamente al 20° posto e al 17° posto tra i 28 Paesi europei.
Confartigianato ha analizzato anche costo e qualità dei servizi per la famiglia messi in campo dagli enti locali. Si scopre così che i Comuni italiani dedicano agli asili nido il 41% della spesa per famiglie e minori. Ma l’utilizzo di queste strutture è molto basso: a livello nazionale soltanto l’11,9% dei bambini fino a 2 anni ha usufruito di asili nido comunali. E il loro costo, pari in media a 1.459 euro annui per famiglia – nelle 9 principali città di Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze e Bari – è quello che incide di più (32,7%) sulla spesa complessiva delle famiglie per tributi e servizi locali. Confartigianato ha calcolato infatti che il tasso di occupazione delle donne senza figli è pari al 55,5%, ma scende al 52,8% per le donne con figli. Per precipitare al 44,7% per le donne con figli tra i 25 e i 34 anni (a loro volta nella fase di diventare genitori). Anche qui l’Europa è distante. Se la media del tasso di occupazione delle donne italiane è del 48,5%, nella Ue a 28 tocca il 61,4% e addirittura in Svezia arriva al tasso record del 75,3 per cento.
Un’inversione di tendenza viene sottolineata da Edgarda Fiorini, presidente di Donne Impresa Confartigianato, a proposito del decreto dei ministri di Lavoro ed Economia, che estende alle imprenditrici artigiane la possibilità di usufruire del voucher baby-sitting:
«Il decreto segna il superamento di un’incomprensibile disparita’ di trattamento tra dipendenti e titolari d’impresa. Apprezziamo che nella legge di bilancio, grazie anche alla nostra battaglia, la misura sperimentale prevista lo scorso anno sia stata resa strutturale per gli anni 2017 e 2018, incrementando le risorse dai 2 milioni di euro del 2016 ai 10 milioni per ognuno degli anni futuri». Ma la strada è ancora lunga.