“Quello che più mi ha sorpreso nel sondaggio tra le nostre associate che pubblicheremo a gennaio è scoprire quante titolari di impresa hanno deciso di avviare una attività a seguito di atteggiamenti sessisti, o come stimolo a reagire, o come via obbligata”. Così esordisce Donatella Cinelli Colombini, produttrice di vini, titolare del Casato Prime Donne a Montalcino e della Fattoria del Colle di Trequanda, in Toscana, presidente dell’Associazione Donne del Vino, 700 aderenti tra produttrici, enotecarie, ristoratrici, giornaliste, sommelier.
“Del resto, ne so qualcosa anche io. Quando nel 1998 ho lasciato l’azienda di famiglia, che era destinata a mio fratello maggiore, i miei genitori mi hanno dato le due tenute da ristrutturare, nostra proprietà già dalla fine del Cinquecento. Per prima cosa chiamai la scuola di enologia di Siena, cercando un cantiniere. Mi dissero che avrei dovuto aspettare. Allora chiesi di una cantiniera, e quella sarebbe stata immediatamente disponibile, perché le donne professioniste in quel settore, cioè che si occupassero della produzione del vino dalla ricezione dell’uva all’imbottigliamento, non erano richieste da nessuno. Così decisi di dare un segnale forte: cantina con organico solo femminile, Brunello selezionato solo da degustatrici donne. E poi, dal 1999, il premio Casato Prime Donne che ogni anno viene assegnato a un personaggio femminile che si è particolarmente distinto per coraggio ed eticità di comportamenti e che, con il suo impegno, ha valorizzato la presenza femminile nella società e nel lavoro” ricorda l’imprenditrice.
Oggi il fatturato delle cantine è di circa 1 milione e 400 mila euro, di cui 600 mila euro provenienti dalla parte agrituristica e 450 mila dai due negozi Toscana Lovers, che vendono prodotti di artigianato toscano. Centoquarantamila le bottiglie prodotte, trenta le persone che lavorano in azienda. Secondo i dati dell’associazione, le donne produttrici di vino sono circa il 30 per cento del totale.
Ma esiste un’attitudine prettamente femminile in questo settore? “Le donne sono molto orientate alla qualità, alla diversificazione del business, anche con l’offerta di ristorazione per esempio, puntano di più sul biologico rispetto ai colleghi maschi. E hanno migliori performance nell’ambito marketing e comunicazione, tanto è vero che l’export delle imprese vitivinicole a conduzione femminile supera la media nazionale”.
La sfida che le ha dato più soddisfazione? “Ho intuito che il turismo del vino avrebbe giocato un ruolo importante e nel 1993 ho lanciato l’iniziativa delle Cantine aperte. Quando è partita erano 20, oggi sono 21mila”.
Il messaggio che vorrebbe dare alle imprenditrici del vino e non solo? “Che si può fare, tutte insieme, senza mai lasciare nulla di intentato”.