Violenza contro le donne. Non solo pugni, calci, ingiurie, vessazioni. La violenza contro le donne può essere anche economica. Più sottile da definire, più difficile da stanare, più complessa da condannare. Eppure quasi il 2% delle donne tra i 16 e i 70 anni in Italia dichiarano di averla subita, Certo una percentuale esigua, ma perché molto spesso la violenza economica si mischia con gli altri tipi di abusi sulle donne. Ma è quella che di solito le tiene in scacco. Come denunciare un compagno o un amico violento quando è l’unico sostentamento economico della famiglia?
Le forme di violenza economica si declinano nell’impedimento di conoscere il reddito familiare, di avere una carta di credito o un bancomat, di usare il proprio denaro e il costante controllo su quanto e come si spende. Così come l’impedimento di lavorare fuori casa per la gelosia del compagno. O lo sfruttamento dei guadagni della donna da parte di un marito volontariamente disoccupato.
Ma come si riconoscono atteggiamenti “criminali”? Diversi i tentativi per stilare una casistica che va dalla dilapidazione del patrimonio familiare o della moglie al farle firmare assegni in bianco, fidejussioni o documenti “in fiducia; dal far indebitare la propria moglie a farle fare da prestanome; dallo svuotare il conto corrente comune prima della separazione al contingentare le spese di prima necessità. Tutte forme di controllo, di esercizio del potere che passano attraverso la gestione del denaro. Tutte condizioni che pongono la donna nella condizione di non essere libera di poter decidere di lasciare il proprio compagno.
Una cicatrice è molto più semplice da individuare e condannare come violenza di genere. Ben più complesso, secondo gli avvocati, è individuare le forme di violenza economica, che spesso vengono scambiate per abitudini della tradizione: come la gestione delle finanze della famiglia da parte del marito, che spesso tiene all’oscuro la moglie sui risparmi e gli investimenti. In questa direzione stanno lavorando le Case delle donne maltrattate e i centri antiviolenza per accrescere la consapevolezza nelle donne e aiutarle a individuare le condizioni che impediscono loro di uscire da situazioni pericolose.
Certo in Italia non aiuta il basso livello occupazionale femminile: meno di una donna su due lavora. In caso di separazione dei genitori la mancanza di un sostentamento economico autonomo pone i figli a rischio povertà. E in Italia i numeri sono già impressionanti: secondo Save the Children i bambini in assoluta povertà sono oltre un milioni, vale a dire un bambino su dieci. Un enormità che non possiamo permetterci.