“Dimenticare il proprio obiettivo è la più comune forma di stupidità.”
L’osservazione di Friedrich Nietzsche é molto più tragicamente pratica che filosofica. Troppo spesso, invece di fare scelte che rispondono ai nostri veri interessi, reagiamo alle azioni degli altri o ci chiudiamo in posizioni ideologiche. Chi ha comprato un paio di scarpe “perché ce l’hanno tutti i miei amici” o rinunciato “perché non ce l’ha quella persona”? Chi ha deciso di boicottare un locale o un’azienda preferita per l’antipatia di un cameriere o di un venditore? Questi sono esempi banali, ma la stessa logica a volte serve a spiegare decisioni tanto fondamentali quanto le preferenze politiche. In altre parole, troppo spesso non decidiamo con la necessaria coscienza per perseguire i nostri interessi, ma per conformismo o in opposizione a qualcuno.
Le radici di questi istinti controproducenti sono in parte “umane”: tutti noi siamo vulnerabili a “difetti” comportamentali come la naturale tendenza a seguire gli altri o preferire le cose come stanno. Inoltre, non tutti i giorni sono uguali per decidere: spossatezza o stress riducono la capacità di concentrarsi e di guardare a lungo termine, accentuando la tendenza a reagire in maniera miope. Infine, aggiungerei, l’era dei social media ha accentuato tendenze narcisistiche e prodotto una personalizzazione estrema delle questioni: la recente elezione americana é stata teatro di un dibattito che si é ridotto sempre di più in attacchi personali a colpi di meme. Così, il voto si è distanziato sempre più dai programmi e identificato con personalità, cancellando ogni forma di confronto su quali idee fossero più valide – e benefiche per il cittadino votante
Ma mettere o prendere qualcosa sul personale é la tattica più inefficace per perseguire i propri interessi, come spiegano gli esperti negoziatori e autori de “L’arte del negoziato“. Personalizzare i problemi può pericolosamente allontanarci dai nostri obiettivi, concentrandoci sul confronto con una controparte che improvvisamente percepiamo come avversario. Immaginate di essere sopravvissuti su una scialuppa di salvataggio con un altro passeggero. Qual è il vostro obiettivo? Sostenervi a vicenda per sopravvivere. In tal caso, lottare per chi abbia diritto a quali provviste perché le ha viste prima sarebbe poco lungimirante. Inoltre, rendere i problemi personali spesso porta alla percezione che siano anche irreversibili, perché risolverli dipenderebbe interamente dal cambiare la persona (mentre la maggior parte delle volte non è così).
Il progresso dunque – sia personale che non – deriva dal salvaguardare le nostre scelte da errori troppo facili. Tre principi sono fondamentali a riguardo. Primo: qual è il proprio interesse? La mancanza di un chiaro obiettivo rende impossibile definire se una strategia o una scelta siano appropriate o meno.
Secondo: distinguere persone e problemi. Arrabbiarsi con un assistente di volo perché non c’è più posto per i bagagli a bordo ha poco senso perché il professionista sta seguendo regole di sicurezza. Attaccarlo potrebbe solo scoraggiare la controparte ad offrire un servizio più cortese del necessario. Chiedere il perché di un certo comportamento e scoprire le vere motivazioni dietro il gesto di una persona è uno degli errori più consueti ma fatali in una negoziazione. Ed é anche il modo migliore per scoprire come mobilitare le persone per supportarci nelle nostre cause.
Terzo: controllare che la propria posizione sia la più utile a proseguire il proprio fine. Sto rispondendo “si” o “no” ad una proposta per simpatia o antipatia, oppure perché ho esaminato effettivamente come la scelta rifletta i miei interessi e valori?
Ogni decisione conta. Da un acquisto al voto, la somma delle nostre scelte non contribuisce solo a realizzare le nostre visioni e il nostro benessere, ma definisce la qualità delle nostre intenzioni e la virtù delle nostre azioni. Fare la scelta giusta richiede seguire tre semplici principi: separare persone, posizioni e problemi. Perché lasciarci prendere ostaggio da reazioni o posizioni?