Immaginate di esservi sposarvi e di non poter partire per il viaggio di nozze. No, non vi siete ammalati e non avete nemmeno deciso di posticipare la luna di miele. Non potete partire perché il vostro datore di lavoro non riconosce il vostro matrimonio e quindi nemmeno il diritto al permesso retribuito di quindici giorni.
Questo era quello che avveniva fino allo scorso 25 febbraio. Fino a quando il Parlamento, dopo mesi di proteste e di scontri, è riuscito ad approvare la legge Cirinnà. Pochi lo sanno ma la norma, conosciuta soprattutto per aver legalizzato le unioni civili nel nostro Paese, ha introdotto anche nuovi diritti per i lavoratori lgbt.
La legge prevede, infatti, una serie di obblighi per i datori di lavoro nei confronti dei dipendenti lgbt uniti civilmente. A queste nuove coppie, finalmente legittime, spettano ora quei diritti – garantiti dalla legislazione sul lavoro e dalla contrattazione collettiva – prima riservati solo ai lavoratori e alle lavoratrici sposate.
A spiegare quali sono le conseguenze per i datori di lavoro, ci hanno pensato le avvocate Giulietta Bergamaschi dello studio legale Lexellent, Francesca Lauro di Hogan Lovells, e l’avvocato Renato Scorcelli di Scorcelli Rosa & Partners. I tre giuristi hanno scritto un piccolo volume (scaricabile qui) intitolato La legge Citrinnà & i datori di lavoro che dovrebbe aiutare le aziende ad affrontare questa importante novità legislativa che porta con sé prima di tutto un cambio di mentalità. Ma che cosa cambia nel concreto?
Congedi e permessi per tutti
La legge Cirinnà estende ai lavoratori uniti civilmente tutti i congedi e i permessi previsti per i dipendenti in caso di particolari esigenze familiari. Rientrano, ad esempio, in questa categoria i periodi di assenza retribuita in caso di malattia del compagno o della compagna. Da oggi inoltre tutte le aziende dovranno garantire anche alle coppie unite civilmente il congedo matrimoniale retribuito di (almeno) 15 giorni. Non si tratterà più quindi di una scelta della singola azienda virtuosa (come avveniva finora), ma di un obbligo che tutti i datori di lavoro devono rispettare, proprio come avviene per le coppie sposate.
Uguali anche per il fisco
Coppie sposate e coppie unite civilmente hanno ora gli stessi diritti anche dal punto di vista fiscale. Un esempio? I lavoratori e le lavoratrici lgbt con un partner che dipende economicamente da loro, hanno diritto alle detrazioni fiscali e anche all’assegno previsto per le famiglie con un reddito basso. La legge Cirinnà tutela inoltre le coppie unite civilmente anche in caso di morte di uno dei due partner. A chi rimane spetta infatti l’indennità sostitutiva del preavviso e il Tfr
Previdenza e assistenza sanitaria allargata
Pensione di indennità, pensione indiretta, possibilità di riscatto della posizione individuale maturata dal partner: sono solo alcuni dei diritti che la norma sulle unioni civili vengono estende anche ai lavoratori lgbt. Ma alle coppie unite civilmente si applicano anche le garanzie previste dai contratti collettivi. Se, ad esempio, un’azienda assicura ai propri dipendenti un’assicurazione che vale anche per i mariti e le mogli, da oggi dovrà estenderla anche ai partner dei dipendenti lgbt.
Licenziamenti e dimissioni mai più senza regole
La norma sulle unioni civili introduce una regola generale (articolo 20): tutte le leggi che contengono i termini “matrimonio”, “coniuge” o parole simili, si applicano anche ai lavoratori uniti civilmente. Di conseguenza, in caso di licenziamenti, vale anche per i lavoratori lgbt il criterio dei “carichi di famiglia” e la “nullità di licenziamento per matrimonio”. Un dipendente che viene lasciato a casa dal lavoro perché si è unito civilmente potrà perciò impugnare il licenziamento. Proprio come sono state costrette a fare per anni le donne sul luogo di lavoro. È per loro infatti che venne introdotta questa norma nel lontano (ma non troppo) 1963.