Novantacinque miliardi di dollari sono più di tre manovre finanziarie, stando ai piani del governo Renzi. Con questi soldi ci si può ribaltare le sorti di un Paese. Novantacinque miliardi sono più dei 60 miliardi di aiuti che ogni anno l’Europa stanzia per tutto il continente africano. Eppure, 95 miliardi sono i costi del gender gap nella sola Africa sub-sahariana: circa il 6% del Pil della regione. Quando si dice che la mancanza di parità fra uomini e donne ha un costo…
La stima è stata fatta dall’Undp, il Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite, che ha calcolato come le differenze di genere nel lavoro, nell’accesso alle cure mediche e nell’istruzione si ripercuotano in termini di mancato sviluppo economico nel continente africano. Un mancato sviluppo pari appunto a 95 miliardi di dollari. All’anno.
Secondo gli esperti dell’Onu, l’Africa avrebbe risolto il nodo del gender gay solo per quanto riguarda la scolarizzazione di base. Per tutto il resto, un abisso divide ancora gli uomini e le donne del continente. Nel lavoro, per esempio, solo il 61% delle donne ha un’occupazione e la maggioranza di loro lo fa in maniera informale, cioè senza contratto, senza tutele. Con il risultato, per esempio in agricoltura, che a parità di impiego per ogni dollaro guadagnato dagli uomini le donne incassano al massimo 70 centesimi.
Il 71% del lavoro necessario ad approvvigionare di acqua i villaggi africani è fatto dalle donne: fanno 40 miliardi di ore all’anno che potrebbero essere spese in maniera più proficua. Le africane nel management? Sono tra il 30 8quando va bene) e il 7% (quando va male) del totale dei dirigenti delle imprese private.
Per recuperare una parte di questi 95 miliardi di Pil non servono necessariamente investimenti in danaro. Basterebbe una buona legge per favorire la parità tra i sessi. Un costo zero, sulla carta.