Raggi e Appendino, non simboli ma sindache

raggi3Nelle scuole d’infanzia i bambini si contendono il ruolo di cameriere. Il cameriere serve in tavola acqua e pane, apre la cerimonia del pranzo scolastico. E’ un compito di servizio e di responsabilità. Allo stesso modo i sindaci delle nostre città, che non sono più quelli di una volta.

I successi elettorali di Virginia Raggi e di Chiara Appendino se fossero solo la vittoria di una parte politica sarebbero l’eterno ritorno del voto di protesta e se fossero solo l’affermazione delle donne in politica sarebbero semplicemente tardivi. Sono, credo io, il cambiamento che arriva quando lo stai solo immaginando. Donne che hanno figli e lavoro, e ora cariche pubbliche, con la naturalezza che prima era prerogativa maschile. Donne che non ascoltano i vaniloqui frusti “ci andrei a cena”, “gambe lunghe”, “occhi da cerbiatta”, “tota” [cerea tota, galante saluto in piemontese, riservato normalmente alle signorine]. Donne con compagni che cercano, goffamente, il ruolo di “a fianco di una grande donna c’è sempre un grande uomo”. Donne che rappresentano senza clamori l’evoluzione delle forme familiari. Donne che non si misurano con gli uomini, donne senza bisogno di appelli alle donne.

Persone che scelgono e vengono scelte come sindaco/a, e molte altre volte come dirigenti, responsabili, capoufficio, direttori/trici e compagnia lavorante e comandante. Sono i germi di una società che sta maturando più di quanto non voglia ammettere, più di quanto non ne abbia contezza.

Oggi è quasi il futuro che desidero per mia figlia. A quelle e quelli che lo stanno costruendo va la mia gratitudine.

Oltre a Roma e Torino, bisogna ricordare anche Brindisi, Assisi, Sulmona e tutte le 24 neoelette che si vanno ad aggiungere 1.063 comuni italiani che vantano una prima cittadina.