Aiutare un bambino ad (af)fidarsi: quali difficoltà, quali risorse

 Picasso Pablo © Succession Picasso by SIAE 2016

Picasso Pablo © Succession Picasso by SIAE 2016

Dopo aver cercato la scorsa settimana di capire a grandi linee cosa è l’affido, cerchiamo di entrare, grazie a Simona, mamma affidataria, nel vivo della sua esperienza familiare.
Ci racconta: “Abbiamo sperimentato l’affido a tempo pieno per due volte. Il primo è stato un affido durato due anni di una bambina dai 2 ai 4 anni. I nostri figli erano abbastanza piccoli, il mio secondogenito era suo coetaneo. E poi abbiamo un affido in corso di una bambina neonata, mentre i nostri figli sono ora adolescenti. La motivazione per entrambe le volte è stata la stessa: impegnarsi ed aprire le porte della nostra casa e del cuore, oltre a metterci in gioco e renderci disponibili a farci mettere un po’ “sottosopra” sia a livello emotivo sia organizzativo. Nella prima esperienza, la decisione è stata prevalentemente mia e di mio marito, mentre la seconda volta l’abbiamo condivisa con i nostri figli, ai quali per altro è stata chiesta la disponibilità anche dagli operatori dei servizi al termine del percorso di formazione e selezione. La prima esperienza l’hanno vissuta nel pieno coinvolgimento emotivo e nella più totale immersione nella quotidianità, stabilendo un legame affettivo che dura ancora oggi dopo 10 anni. La seconda esperienza l’hanno vissuta con maggiore consapevolezza e disponibilità a mettersi in gioco in prima persona, collaborando occasionalmente, entrando in relazione questa volta non più alla pari ma da ‘fratelli maggiori’”.

La principale paura che frena le persone che vorrebbero intraprendere questo percorso è il timore di affezionarsi troppo a un bambino che poi andrà via. Ma, in modo illuminante e rovesciando la prospettiva, ci spiega Simona a tal proposito: “La temporaneità è una condizione sine qua non da tenere sempre presente. Nella formazione e nel supporto si viene aiutati a comprendere a fondo il valore di tale condizione. Se ben compresa dagli adulti, anche per i figli naturali di riflesso diventa una condizione più accettabile anche negli eventuali momenti di fatica e difficoltà. Anche per la famiglia di origine del minore sapere che l’affido ha una durata precisa, li aiuta maggiormente ad accettare un percorso di aiuto. E, per il bambino, è un percorso che lo aiuta a non sentirsi tradito/abbandonato, grazie al fatto che al termine non sarà più il bambino fragile dell’inizio. L’esperienza lo avrà cambiato e aiutato a diventare più forte.”

Le famiglie affidatarie sono supportate dai servizi sociali durante la permanenza del bambino: “Le famiglie affidatarie non vengono lasciate sole. Vi sono incontri periodici con dei referenti a seconda dei progetti”.

Quali sono le principali risorse che una persona deve possedere per accogliere un bambino in affido? “Soprattutto per l’affidamento di bambini piccoli di fascia 0-3 è importante saper controllare e gestire bene la propria emotività, pur mettendo in gioco tutte le risorse affettive. È altresì importante la capacità di compiere il processo di distacco dal bambino, in modo tale che al piccolo si apra una nuova prospettiva, su una linea di continuità che gli permetta di fare tesoro delle esperienze positive di attaccamento vissute durante l’affidamento. È importante porre attenzione a garantire il totale riserbo sulla situazione del minore, soprattutto nel caso in cui l’affidamento si concluda con l’adozione da parte di un’altra famiglia. È necessario essere disponibili e collaboranti al programma di incontri del bambino con i genitori naturali ed eventuali parenti, secondo il progetto formulato dai Servizi. Gli incontri avvengono tendenzialmente in luogo protetto, individuato dagli operatori, in modo da garantire il segreto sul domicilio degli affidatari.”

Naturalmente, come in ogni esperienza della vita, le difficoltà non sono mancate: “Nel nostro caso, in alcuni momenti la fatica di accettare i tempi dei servizi e delle istituzioni che non sempre coincidono perfettamente con quelli dei bambini e delle famiglie affidatarie. E talvolta lo sforzo di mettersi nei panni della famiglia di origine senza essere giudicanti.”

Ma a fronte degli sforzi e delle difficoltà, tirando le somme: “L’affido è sicuramente un’esperienza molto arricchente e di gioia a livello personale e familiare. Ti mette in condizione di non dare nulla per scontato, anche nella quotidianità di genitore, e ti spinge ad interrogarti spesso.”