Altro che quote di genere o asili nido. Il fattore che può fare davvero la differenza nella parità di genere sul lavoro è il digitale. Il ‘Digital Fluency’, ovvero il livello in cui le tecnologie digitali vengono utilizzate per accrescere le proprie competenze ed essere più connessi, gioca un ruolo cruciale nel creare condizioni paritarie. I conti sono stati fatti da Accenture, che nella ricerca “Getting to Equal: How Digital is Helping Close the Gender Gap at Work”, sottolinea come le donne risultino più impegnate a utilizzare le competenze digitali per assicurarsi un margine di vantaggio nella formazione, sul lavoro e per fare carriera rispetto agli uomini.Migliorare queste competenze ed estenderle a tutte le donne sarebbe la carta vincente per un mondo del lavoro più egualitario. In soldoni: se le aziende e i governi investissero in questa direzione nei paesi sviluppati si raggiungerebbe la parità entro il 2040 e non il 2065, nei paesi in via di sviluppo entro il 2060 e non il 2100. Utopia?
“Le donne rappresentano un serbatoio ancora inesplorato di talenti che può contribuire a colmare il divario tra le competenze necessarie a restare competitivi e il talento a disposizione” spiega Pierre Nanterme, presidente e ceo di Accenture, aggiungendo: “Per governi e imprese c’è un’evidente possibilità di collaborare nello sforzo di conferire a un maggior numero di donne le competenze digitali e accelerare così la parità di genere nel mondo del lavoro”.
In tutto questo l’Italia? Secondo Accenture ha buone potenzialità, ma occorre aumentare la ‘cultura digitale’: il nostro paese si posiziona solo al 19° posto – su 26 paesi – nella classifica che combina il valore del digitale rispetto a formazione, lavoro e crescita professionale. Prima dell’Italia troviamo paesi come gli Emirati Arabi Uniti, la Corea, il Giappone o il Brasile. Nonostante questo, il nostro Paese presenta alte potenzialità su cui far leva per sbloccare la parità di genere attraverso il fattore abilitante del “digitale”.
In Italia, sono ancora più gli uomini che le donne a dichiarare di utilizzare strumenti digitali per prepararsi al lavoro e per trovarlo (rispettivamente il 90 e l’83%). Quando le donne usano la tecnologia, però, riescono ad essere più efficaci, rispetto ai colleghi, nel trovare lavoro. Sempre secondo la ricerca. Circa il 50% del totale degli intervistati – uomini e donne insieme – hanno concordato che le tecnologie digitali rendono loro possibile lavorare da casa; il 42% ha dichiarato che permettono un equilibrio migliore tra vita privata e vita lavorativa; e il 44% ha dichiarato che le tecnologie digitali hanno incrementato la possibilità di trovare opportunità d’impiego.
Un buon livello di competenze digitali aiutano le donne a progredire nella carriera, ma non risolvono altri annosi problemi: non sono sufficienti infatti a colmare il divario di genere tra i livelli più alti in azienda, né hanno effetti sulla parità retributiva. Tecnologia sì, quindi, ma non è la panacea a tutti i mali. Il fattore umano continua a contare e a fare davvero la differenza anche su certi fronti. Soprattutto se prevale la meritocrazia.