“Le banche italiane sono un sistema bicefalo. Da una parte abbiamo le banche più grandi, che sono fra le più forti in Europa e punto di orgoglio per il Paese. Dall’altra abbiamo un numero di banche minori per dimensioni, che sono state gestite con scarsa trasparenza e competenza. Ora le salviamo con grande ritardo, quando le regole europee non ci permettono più di farlo con aiuti di Stato come è stato fatto altrove in precedenza”. Alessandra Perrazzelli, classe 1961, guarda al mondo bancario dall’interno come country manager di Barclays in Italia dal settembre 2013 e prima ancora come head of international Regulatory Affairs. “Le banche di altri Paesi – continua in modo concreto e senza giri di parole – si sono trovate negli ultimi anni nelle stesse condizioni, ma sono state risanate prima che arrivasse il divieto degli aiuti di Stato. In Italia c’è il tema di non aver aiutato Banca Mps quando le regole europee lo consentivano, ad esempio”.
La riforma delle Popolari porterà a un rafforzamento del sistema bancario italiano?
La riforma delle Popolari porterà a un processo di consolidamento da cui scaturirà una ricapitalizzazione degli istituti, un azionariato più forte e anche un’offerta migliore di servizi alla clientela. Però finora ci stanno mettendo troppo tempo. Questa trasformazione, poi, dovrà essere anche fonte di rinnovamento a livello di management e di consigli di amministrazione.
Hai lavorato in un gruppo bancario italiano ed ora in uno anglosassone? Cosa abbiamo da imparare?
In realtà Barclays e Intesa Sanpaolo si somigliano molto perché sono entrambe banche sistema, cioè si ha la consapevolezza che le scelte hanno tutte un risvolto strategico politico. In entrambe i casi ci sono sacche di competenze molto elevate. Una differenza sta sicuramente nella celerità con cui in Barclays le strategie vengono cambiate e implementate. In Italia i cambiamenti sono più graduali e richiedono maggior tempo.
Sei positiva sul futuro economico del Paese?
Godiamoci un giorno alla volta, perché al momento è difficile avere visibilità sul futuro. Abbiamo un tema di ridistribuzione della ricchezza, a cui non si presta ancora sufficiente attenzione. Noi, in Italia, viviamo ancora in buone condizioni e dobbiamo imparare a godere di ciò che abbiamo.
Dove ti vedi fra cinque anni?
Mi vedo in una posizione di management, anche non nel settore bancario, magari nell’industria. Sempre, però, in una dimensione internazionale e globale con approfondimenti sulla politica internazionale. Penso che, in ragione della mia esperienza, potrei essere di aiuto a questo Paese a livello internazionale.
Hai mai valutato di scendere in politica?
L’ho valutato diverse volte, ma mi fa paura questo Paese perché c’è un prezzo molto forte da pagare a livello personale per certe scelte. Si tratta di una realtà difficile e non so quanto spazio ci possa essere per persone che non hanno una carriera politica alle spalle. A mio parere è importante avere un background pesante da apportare da un lato, ma dall’altro la politica ha bisogno di capacità che si apprendono solo con un percorso in politica, appunto. Piuttosto i politici dovrebbero attorniarsi di persone di grande talento.
Se sedessi in Parlamento quali riforme porteresti avanti?
Mi piacerebbe lavorare sull’educazione, perché è attraverso la scuola che si creano i cittadini di domani. La nostra scuola premia oggi i narcisisti e non privilegia ad esempio il lavoro di squadra. Questo si traduce in adulti che nel mondo del lavoro replicano questo modello. Un secondo tema che affronterei è quello del piano energetico puntando sulla ristrutturazione del fabbisogno e sullo sviluppo delle tecnologia per le energie alternative. In terzo luogo lavorerei a temi relativi alla legalità.
In cosa sei diversa rispetto a dieci anni fa?
Sono più assertiva. L’assertività è uno degli strumenti fondamentali che noi donne dobbiamo imparare, perché non ce lo insegnano visto che è equivalente di mascolinità. Lo diventiamo con il tempo: quando siamo più sicure, siamo più forti delle nostre esperienze e cerchiamo un rapporto paritetico con gli uomini.
Come ti premi?
Con le persone che amo. Mi faccio avvicinare e mi avvicino. E poi mi prendo cura di me fisicamente e ogni tanto mi compro un gioiello.
Hai un portafortuna?
Ho un portachiavi fatto di charm internazionali di portafortuna.
Come restituisci alla società quanto ricevuto?
Lo faccio con un impegno personale: innanzitutto con una funzione di ascolto verso chi lavora con me e mi faccio carico delle problematiche cercando di trovare una soluzione. E poi cresco due ragazzi affinché diventino valenti giovani adulti
Che consiglio daresti a un giovane (uomo) che vuole fare la tua carriera?
Innanzitutto deve fare esperienze in tutti i settori del banking: dall’investment banking al corporate, al retail. In secondo luogo deve stare attento a non concepire questa industria staccata dall’economia reale. Non deve farsi abbagliare dalla velocità delle transazioni finanziarie e deve cercare di capirne i sottostanti. Il problema è la dematerializzazione della finanza. In ultimo, deve tenere a bada il testosterone e lavorare di più sulle capacità relazionali, cognitive e della realtà-