La catena Facebook e il celodurismo delle mamme

incintaConfesso: sono una pentita della catena delle mamme su Facebook. Ebbene sì, ci sono cascata in pieno, perché mi faceva simpatia la persona che me l’ha proposta e ho postato tre foto con i miei bambini. Certo modificate e rese “disegni” con tutti i trucchi che lo smartphone ci offre. Sono caduta nel celodurismo delle mamme: del genere “i miei sono i più belli” e quindi io la mamma più brava. Però l’ho fatto. E conosco bene tutti gli avvertimenti sul postare le foto dei bimbi su Facebook. Se ce ne fosse bisogno la polizia postale ce li ha ricordati con un appello sulla pagina ufficiale di Facebook “Una vita social”, in cui si riprende un post di un avvocato:

“Mamme.Tornate in voi.Se i vostri figli sono la cosa più cara al mondo, non divulgate le loro foto in Internet.O quantomeno, abbiate un minimo di rispetto per il loro diritto di scegliere, quando saranno maggiorenni, quale parte della propria vita privata condividere. Se questo non vi basta, considerate che oltre la metà delle foto contenute nei siti pedopornografici provengono dalle foto condivise da voi” (Fonte: Avv. Aldo Benato)

Eppure fra i genitori non tutti sono d’accordo. E a me qualche dubbio sulla faccenda è rimasto. Da parte sua la Polizia Postale si limita a ricordare i numeri del fenomeno della pedopornografia:

“Nel corso del 2015 sono stati operati 67 arresti e 485 denunce per adescamento di minori online, produzione, diffusione e commercializzazione online di materiale pedopornografico. Per il crescente fenomeno dell’adescamento online di minori, si segnala che nel corso del medesimo anno sono state 221 le denunce ricevute dagli uffici della Specialità. Dalle complesse operazioni di prevenzione è scaturita una assidua attività di monitoraggio della rete che ha visto coinvolti ben 17.283 siti internet, di cui 1.819 inseriti in black list”.

Ci sono genitori che si difendono sottolineando di aver posto dei limiti di privacy ai post. In questo grado di sofisticazione digitale, temo però che questa possa essere solo una foglia di fico. A questo punto si deve rinunciare a condividere con gli amici parte importante della vita da genitori perché qualcuno può “approfittare” delle nostre foto? Sembra un po’ come se una donna che debba evitare scollature e minigonne perché il guardone di turno potrebbe trarne piacere. Dove finisce la libertà della donna e inizia la tutela contro eventuali minacce?

Certo qui si parla di bambini e la tutela deve essere massima. Nessuno di noi rischierebbe il bene supremo che ha nella propria vita. Ma dove finisce la libertà di mamme e di papà di raccontare la propria storia con i figli?