Le startup italiane innovative sono aumentate del 74% nel giro di due anni, hanno un elevato tasso di sopravvivenza (a due anni stabile intorno al 95%), ma, stando ai numeri, non sembrano ancora un affare per donne. E’ il quadro tracciato dalla Relazione annuale del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, al parlamento sullo Startup Act italiano, riferita al 30 giugno 2017. Il 79,6% dei soci delle startup sono uomini e il 20,4% sono donne. Inoltre le donne possiedono la maggioranza delle quote in appena 15% dei casi. Va meglio ai giovani: il 21,5% delle startup ha in maggioranza soci under 35, una percentuale più che tripla rispetto alle altre società di capitali (6,7%)
D’altronde il rapporto tra donne e startup non è un problema solo italiano. Solo per fare un esempio, secondo uno studio del Financial Times, nella Silicon Valley le donne rappresentano appena il 23% dei dipendenti. Probabilmente una strada per dare una chance in più alle donne, condivisa da esperti e professori universitari, è quella di incoraggiare le bambine e le ragazze ad avvicinarsi alle materie Stem (science, technology, engineering e mathematics).
IL VALORE MEDIO DELLE PARTECIPAZIONI DI DONNE AL CAPITALE DELLE STARTUP ARRIVA SOLO AL 17,1%
Tra uomini e donne, prosegue il rapporto del Mise, non ci sono differenze sostanziali in termini di valore medio delle quote possedute e in termini di percentuale della quota di capitale sociale. Le donne hanno infatti una partecipazione media al capitale pari a 23,7%, gli uomini al 23,8 per cento. Il valore medio della quota per gli uomini è pari a 7.782,8 euro, di poco superiore rispetto ai 6.517,6 euro delle donne. Le note dolenti, considerata la forte maggioranza numerica maschile tra i titolari di quote, però, si fanno sentire quando si va a guardare il valore aggregato delle partecipazioni di donne, pari al 17,1% contro l’82,9% degli uomini.
LOMBARDIA; EMILIA –ROMAGNA E LAZIO GUIDANO LA CLASSIFICA PER NUMERO DI STARTUP
In generale, al 30 giugno 2017, le startup innovative risultano 7.398. In un solo anno sono aumentante di 1.456 unità (+24,5%) e in due del 74 per cento. Dal punto di vista territoriale, la parte del leone la fa il Nord che da solo registra il 55,2% delle startup (il 30,4% è localizzato nel Nord-ovest, il 24,8% nel Nord est), un quarto è presente nelle regioni del Centro e un quarto nel Mezzogiorno. A fare il pieno di startup innovative sono in particolare la Lombardia (il 22,9% del totale nazionale), l’Emilia-Romagna (il 10,9% del totale), seguite da Lazio e Veneto. Tra le città spicca Milano, l’unica che supera la quota di mille startup, seguita da Roma, Torino e Napoli.
VALORE MEDIO DELLA PRODUZIONE SALE A 208MILA EURO NEL 2016
Guardando alla performance economica delle startup innovative, si nota come il valore aggregato della produzione, calcolato sui bilanci 2016, risulta pari a 773 milioni di euro. Considerando solo le imprese che avevano depositato un bilancio anche nel 2015, si osserva come, nel corso del biennio, il valore aggregato della produzione sia aumentato da circa 332 milioni di euro a oltre 602 milioni (+81,3%). Una crescita che si riflette nel sensibile aumento del valore medio della produzione per startup che passa da 115mila euro nel 2015 a 208 mila euro nel 2016. Nonostante il notevole incremento si tratta ancora di cifre modeste.
La disciplina delle startup innovative, che prevede misure a loro favore, è stata introdotta dal decreto legge 179 del 2012. Per accedere al registro speciale dedicato alle imprese innovative le start up devono avere una serie di requisiti tra i quali quelli di avere meno di 5 anni di vita e un fatturato inferiore ai cinque milioni di euro.