
Nell’immaginario collettivo la tazzina del caffè è associata ad un momento di svago, una pausa dalla quotidianità frenetica, una chiacchiera con un amico. Ma un caffè preso al bar può anche essere sinonimo di riscatto e di opportunità. Ed è proprio in questa direzione che va l’iniziativa della torrefazione salernitana Caffè Trucillo che ha deciso di aprire le porte della sua Accademia del Caffè (la prima scuola del caffè del centro-sud Italia e centro di apprendimento internazionale per baristi, ristoratori e professionisti dell’ospitalità) a un gruppo di donne vittime di violenza per aiutarle nell’inserimento sociale e lavorativo.
Il progetto nasce in collaborazione con l’Associazione Dune di Sale, un ente del terzo settore che si occupa di promuovere pari opportunità tra i generi in ambito sociale e lavorativo, e valorizzare il bagaglio esperienziale delle donne ed è presieduta da Daria Limatola. Al termine di un percorso composto da lezioni sia pratica che teoriche proprio sul caffè, l’Accademia rilascia un attestato di formazione che può agevolare le donne vittime di violenza a trovare un impiego e allo stesso tempo a diffondere sempre di più la cultura del caffè.
«Sin dalla sua nascita», spiega la direttrice Antonia Trucillo, «l’accademia si è posta come obiettivo quello di diffondere la cultura del caffè inteso come una sorta di ritorno alle nostre origini, un ritorno al territorio. La scelta di aprire le porte al terzo settore e in particolare alle donne di vittime di violenza nasce dalle esperienze che il mio lavoro mi ha portato all’estero. Penso all’Honduras, al Venezuela, alla Colombia, i principali paesi dove si produce il caffè, che sono realtà bellissime ma allo stesso tempo difficilissime dal punto di vista sociale ed economico. Da circa una decina di anni ci siamo aperti al terzo settore con un primo progetto che ha riguardato ragazzi immigrati under 18 che studiano a Salerno e a cui, sempre attraverso l’Accademia, abbiamo offerto un percorso formativo per aiutarli a trovare un’occupazione».

Il caffè come opportunità di riscatto
«A febbraio scorso abbiamo iniziato questo percorso con alcune case famiglie che ospitano vittime di violenza con l’obiettivo di dare loro una serie di strumenti per apprendere un lavoro. Il progetto ha visto coinvolte una decina di donne, provenienti da diversi paesi. Non solo l’Italia ma anche l’Africa, la Georgia e il Sud America. Al termine del loro percorso formativo, due di queste hanno già trovato un lavoro come bariste e per noi è un segnale importante», ha detto ancora Trucillo.
Nel dettaglio la formazione riguarda sia la parte teorica – quindi tutta la storia del caffè – che una parte pratica. «Attraverso sette coffee station messe a disposizione da noi, queste donne hanno imparato a fare il caffè espresso, il cappuccino, le decorazioni sule tazzine. Ad ottobre partiremo con il prossimo semestre di formazione e l’idea di poter contribuire in modo concreto ad aiutare queste donne per noi è motivo di orgoglio».
Il punto di vista delle allieve
L’iniziativa ha avuto un grande successo tra le allieve. Palpabile l’entusiasmo di Fatima (nome di fantasia) che spiega proprio come questo processo di formazione le «ha dato la possibilità non solo di imparare un mestiere ma anche di incontrare un sacco di gente, di fare amicizia e conoscenze che possono aprire a delle opportunità di lavoro».
Per Maria (altro nome di fantasia) «è una un’opportunità per essere indipendenti dai loro partner e completamente autonome. Servirebbero altre iniziative di questo genere, altri centri che possano offrire corsi magari sul cucito, sul trucco».
Uno strumento di gratitudine
Ma questo progetto è anche un modo per restituire quanto la vita regala. «Mi ritengo una persona fortunata. Sono cresciuta sapendo che dietro di me c’era la mia famiglia ma soprattutto una azienda di famiglia», ha detto la presidente.
«Quando nei miei viaggi all’estero ho conosciuto la filiera della coltivazione del caffè, ho visto uomini e donne poverissimi, che non avevano nulla ma allo stesso tempo davano tutto se stessi nel lavoro che svolgevano. E sono grata al caffè per avermi dato la possibilità di conoscere queste realtà così crude ma che a livello umano sono un’esperienza unica. L’idea è stata quindi quella di voler restituire quanto mi è stato dato a livello umano».
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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.
Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.
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