
Era il 2018 quando Cate Blanchett, sul red carpet di Cannes, guidò una marcia silenziosa di 82 donne: quante erano, in quel momento, le registe in concorso a Cannes nella storia rispetto ai 1.645 uomini selezionati. Con quelle parole, «We demand», chiedevano più spazio, più ascolto, più memoria per le donne che fanno cinema. Ma prima ancora del #MeToo e dei discorsi pubblici, prima ancora del cinema che conosciamo, ci sono state donne che il cinema l’hanno inventato, scritto, prodotto, diretto.
Vere pioniere che oggi, finalmente, tornano visibili. Dal 16 maggio al 28 settembre 2025, l’Istituto centrale per la grafica di Roma ospiterà la mostra “inVisibili. Le Pioniere del Cinema”, promossa dal ministero della Cultura e organizzata e realizzata da Archivio Luce Cinecittà. L’iniziativa nasce dall’urgenza di restituire visibilità e riconoscimento a quelle donne che, sin dalle origini del cinema, ne hanno scritto le prime pagine. Trenta donne che hanno immaginato, diretto, interpretato, prodotto e trasformato la settima arte, lasciando un’impronta profonda e duratura, troppo spesso rimossa dalle narrazioni ufficiali.
Pioniere alle origini del cinema italiano e internazionale
Registe, doppiatrici, sceneggiatrici, attrici, doppiatrici. In un’epoca in cui il linguaggio cinematografico si stava ancora formando, la presenza femminile non solo era diffusa. Ma determinante. Le pioniere del cinema italiano e internazionale non erano semplici comparse nella storia di un’industria nascente, ma autentiche protagoniste, capaci di occupare ruoli creativi e imprenditoriali con determinazione e coraggio.
Oggi la loro storia riprende spazio in un percorso espositivo articolato in trenta sezioni, ognuna dedicata a una pioniera: la loro visione e arte rivivono attraverso materiali inediti, pellicole ritrovate, riviste d’epoca, documenti d’archivio, lettere private, sceneggiature, fotografie e bozzetti.
Tutto racconta un’evidenza: «Non solo la bellezza delle grandi attrici del primo cinema italiano – sottolinea Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà – Ma anche il lavoro silenzioso e invisibile di tante donne che hanno contribuito alla nascita di un linguaggio cinematografico ancora oggi potentemente creativo ed evocativo, che merita di essere riportato in superficie ed essere consegnato alla memoria collettiva».
Le pioniere erano parte attiva di ogni fase del processo produttivo, dalla regia ai costumi, passando anche per montaggio e distribuzione: mai marginali e sempre protagoniste. Un aspetto passato sottotraccia nella storia: «Quando il cinema muoveva i primi passi – ha affermato la sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni – Le donne erano lì a segnarne il cammino con la loro visionarietà, con talento e determinazione. Eppure, il racconto di quegli anni così come tramandato fino ai giorni nostri non ne ha riportato pressoché traccia. Con questa mostra vogliamo restituire voce alle protagoniste degli esordi della settima arte: il grande lavoro di ricerca tra i documenti dell’epoca che ha preceduto l’allestimento espositivo ha riportato alla luce storie straordinarie, riconsegnando alla memoria collettiva un capitolo del nostro passato troppo poco conosciuto, tutto al femminile».
Registe e produttrici, la forza economica del cinema delle pioniere
Erano nate nel cuore dell’Ottocento a Monza, Palermo, Milano, Roma, Firenze e in molte a Napoli, quando il cinema d’inizio secolo neanche immaginava di poter crescere nel grande sogno di Cinecittà. Erano registe ma anche artigiane e artiste pronte a confrontarsi con tutti i mestieri del cinema: dalla scrittura al montaggio e alle riprese, fino ai costumi, al trucco, alla scenografia.
Elvira Notari, considerata la prima regista italiana, apre il percorso: un’autentica pioniera e imprenditrice del cinema. Fondò nel 1906, insieme al marito Nicola, la Dora Film, che sotto la sua guida realizzò centinaia di cortometraggi e una sessantina di lungometraggi, molti dei quali ebbero successo anche a New York, dove arrivò a gestire una sala per gli italiani di Little Italy. Nonostante le leggi dell’epoca vietassero alle donne di essere titolari di un’impresa senza l’autorizzazione del marito, Notari riuscì a conquistarsi un ruolo centrale, innovando anche nella “colorizzazione” delle pellicole e trasformando la sua azienda in una vera impresa familiare: il marito collaborava come fotografo e i figli recitavano nei film, tra cui Eduardo, popolarissimo come “Bebè”.
Accanto a lei, altre pioniere intrapresero la via della produzione: Gemma Bellincioni, che dalla carriera lirica passò a fondare la Gemma Film, producendo quattro film interpretati anche dalla figlia Bianca e commercializzati poi a livello internazionale; Elvira Giallanella, che a Roma fondò la Vera Film e poi, trasferitasi a Milano, la Liana Film. Tra i suoi progetti più coraggiosi Umanità, un film pacifista girato durante la Grande Guerra, che rimase inedito e fu riscoperto e restaurato solo di recente. A queste si aggiungono altre figure straordinarie: Mary Cleo Tarlarini, attrice di grande successo che nel 1918 a Torino fondò la Cleo Film, producendo sei titoli; e a Milano Elettra Raggio e Bianca Virginia Camagni, che seppero imporsi con produzioni indipendenti in un clima culturale vivace e pionieristico, sfidando regole e pregiudizi. Insieme, hanno dimostrato che il cinema non era un mestiere per soli uomini, ma poteva nascere e crescere anche grazie alla visione, al talento e al coraggio delle donne.
Attrici, sceneggiatrici, formatrici: il talento si fa scuola
Non tutte si “fermarono” alla regia o alla produzione: alcune pioniere scelsero di trasmettere la propria esperienza, trasformandosi in vere e proprie formatrici.
Giulia Cassini Rizzotto, dopo una carriera come attrice e autrice di una ventina di film, fondò scuole di recitazione e cinematografia a Firenze e Roma, lanciando nuove generazioni di interpreti nati a teatro e destinati allo schermo.
Gilda Mignonette, invece, si dedicò alla scrittura di sceneggiature che, pur rimanendo spesso nel cassetto, testimoniano la voglia delle pioniere di raccontare storie nuove. Da qui il legame speciale con la letteratura: «Quello che voi chiamate il mio ingresso nel cinema altro non sarà che un rapido passaggio» diceva Alba de Céspedes alla rivista “Film” nel 1942. Non è stato così: la presenza della scrittrice, intellettuale e attivista politica antifascista ha lasciato il segno con l’adattamento del suo più importante romanzo “Nessuno torna indietro” (1938) diventato l’omonimo film diretto da Alessandro Blasetti nel 1943.
Le grandi dive del muto: icone tra palco e set
Accanto alle produttrici, registe e imprenditrici, il cinema delle origini ha avuto il volto e il fascino magnetico di donne che sono diventate vere e proprie icone dell’immaginario collettivo. Dive che, tra palcoscenico e set, hanno saputo portare sullo schermo una nuova idea di femminilità, intensa e moderna, capace di parlare a tutti. Leda Gys, nata a Napoli, fu una delle star più amate del cinema muto: ha lasciato una traccia indelebile nella memoria della Titanus, casa di produzione che per generazioni ha custodito fotografie, costumi e ricordi della sua carriera.
Bice Waleran, classe 1886, attrice teatrale di talento, sposò il regista Roberto Roberti e con lui condivise la scelta di passare al cinema, recitando in film come “La contessa Lara” (1912). Dal loro matrimonio nacque il figlio, Sergio Leone, destinato a diventare uno dei maestri più celebrati del cinema mondiale. La sua storia racconta come le donne non stiano “dietro” il talento di “grandi” uomini. Ma siano grandi nel loro talento, capace di generarne altro.
Eleonora Duse, universalmente riconosciuta come una delle più grandi attrici teatrali, tradì il palcoscenico solo una volta, nel 1916, per interpretare “Cenere”: un film che ancora oggi è considerato un’opera unica per la profondità e l’intensità del suo stile. Pur restando una parentesi isolata, la sua esperienza segnò la percezione del cinema come arte capace di accogliere la grande recitazione teatrale.
Francesca Bertini, invece, non solo fu una delle prime vere dive del cinema muto, ma divenne anche simbolo di indipendenza e sperimentazione. Indimenticabile in “Assunta Spina” (1915), provò a reinventarsi quando il cinema passò al sonoro: firmandosi Frank Bert, tentò la scrittura cinematografica, come nel soggetto “La perla del cinema”, storia di una contadina che diventa star. Una parabola che in qualche modo raccontava anche la sua stessa vita.
Accanto a loro, altre donne come Gilda Mignonette – che scrisse sceneggiature rimaste inedite – mostrarono come, anche senza finire nei titoli di testa, molte attrici sognassero di raccontare nuove storie, oltre a interpretarle. Queste donne, con la loro determinazione, il loro carisma e la loro modernità, hanno contribuito a costruire il mito del cinema italiano, portando sullo schermo personaggi complessi, forti, vulnerabili e veri, capaci di esprimere il proprio potere attraverso lo sguardo.
Le pioniere dietro le quinte: mani invisibili che hanno fatto grande il cinema
Tra le trenta pioniere si fanno spazio non solo le donne “sotto” i riflettori, ma anche le professioniste che lavoravano dietro le quinte con la stessa determinazione: Maria De Matteis, grande costumista toscana, ha vestito i sogni del nostro cinema collaborando con registi come Visconti, Orson Welles e Vittorio De Sica, dando corpo e stile a decine di pellicole memorabili. Esterina Zuccarone, partita da una sartoria di Foggia, scoprì il montaggio a Torino: divenne una delle prime montatrici italiane, stimata da registi come Blasetti e Soldati e persino elogiata da Walt Disney. E con loro, tante altre donne: scenografe, truccatrici, sarte, operatrici, segretarie di edizione e aiuto registe, le cui mani invisibili hanno trasformato l’artigianato in arte, contribuendo a fare del cinema italiano un riferimento internazionale.
Le donne nel cinema oggi
La regista Alice Rohrwacher, dopo “La Chimera” – uno dei film più apprezzati della scorsa stagione cinematografica – “Lazzaro felice” e “Le pupille” (candidato agli Oscar 2023), ha annunciato di essere al lavoro su un film completamente muto, riportando al centro la “tradizione delle pioniere”. Paola Cortellesi, con “C’è ancora domani”, ha conquistato il Biglietto d’oro – il riconoscimento assegnato dall’ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinema) ai film che hanno ottenuto il maggior numero di spettatori in Italia durante la stagione cinematografica – sia nel 2023 che nel 2024: è la prima volta nella storia che il primo posto è stato assegnato allo stesso film per due anni consecutivi.
Anche agli ultimi David di Donatello le donne hanno trionfato: Maura Delpero, con “Vermiglio”, è stata la prima donna a vincere il premio come miglior regia, condividendolo – come ha ribadito nel suo discorso – con «tutte le donne che raccontano, resistono, creano». Ancora Valeria Golino, con L’arte della gioia – la miniserie Sky distribuita in due parti al cinema e basata sull’omonimo romanzo di Goliarda Sapienza – ha portato a casa i David per la sceneggiatura non originale, la miglior attrice non protagonista (Valeria Bruni Tedeschi) e la miglior attrice (la 21enne Tecla Insolia). Ed è di una regista anche il miglior esordio. Quello di Margherita Vicario, che ha raccolto tre David: miglior esordio alla regia, miglior compositrice e miglior canzone.
Nonostante il talento nel cinema italiano stia conquistando spazio, la strada da percorrere verso la parità non è terminata: «Se fossi un uomo sarei pagata di più» ha detto alla Cnn la premio Oscar Olivia Colman, portando alla luce uno dei temi che ostacola il lavoro delle professioniste nel cinema e che, iniziative di mentoring come Becoming Maestre, cercano di contrastare offrendo concretamente delle opportunità. Se il talento delle donne è storicamente testimoniato, è ora che la strada diventi più facile e spianata: le pioniere l’hanno aperta e oggi tornano a mostrare la via.
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