“Ritrovarsi vincenti in un ruolo o un contesto mutato, passa necessariamente per la predisposizione che ognuno ha di crescere disimparando qualcosa che in passato è stato efficace. Bisogna disapprendere ciò che è diventato obsoleto, trasformando il “vecchio” in qualcosa di diverso che potrà essere efficace nell’ambiente nuovo”. Lo scriveva in un articolo del 10 dicembre, Jacopo Pasetti sottolineando l’utilità di imparare a disimparare e si domanda: “Ma quanto può essere difficile apprendere a disimparare?”
Se è difficile per gli individui, per le organizzazioni è ancora peggio. Nel caso delle organizzazioni, infatti, “Il problema è che una caratteristica degli accordi è la maggiore difficoltà di cambiarli rispetto alle decisioni individuali … Per quanto l’esperienza abbia mostrato le conseguenze inattese e indesiderabili di tale impegno, il passato può continuare a dominare il presente … Ritengo che le più grandi tragedie della storia si debbano a questo modo di pensare, al senso di impegno nei confronti di uno scopo passato, che dà forza all’accordo originario proprio nel momento in cui l’esperienza ha mostrato la necessità di abbandonarlo “. (Arrow 1986 p. 25)
Come si esce da questa situazione di stallo? Sono prevalentemente i giovani che portano il nuovo dentro le organizzazioni, quando ne hanno il potere, ma i dati evidenziano che nel nostro Paese questo avvicendamento generazionale nelle posizioni apicali rappresenta un problema.
In Italia infatti solo il 14% dei dirigenti ha meno di quarant’anni, contro il 33% della media europea.
I giovani manager nel nostro Paese sono meno della metà rispetto a quelli della Gran Bretagna, della Germania, della Francia, dell’Austria, del Belgio, dell’Irlanda e dei Paesi Bassi.
E’ una distanza davvero troppo marcata, anche tenendo conto del fatto che la quota delle persone con meno di quarant’anni è in Italia di qualche punto percentuale più bassa rispetto alla media europea: 27% contro 30% di UE28.
Si noti che in molti Paesi la quota di giovani tra i dirigenti è addirittura maggiore della quota di giovani nella popolazione: ad esempio, in Regno Unito, Romania, Portogallo, Polonia, Austria, Francia, Irlanda Bulgaria e Belgio; in Germania è uguale, e nella media dei Paesi EU28 è di tre punti percentuali maggiore (30% i giovani manager contro 27% di giovani sul totale della popolazione.
Dove sono i nostri giovani manager? Cosa stanno facendo, invece?