I più istruiti d’America? Indovina un po’, caro Trump!

imageLa televisione americana ha appena trasmesso un rifacimento del dramma Radici, con la sua saga di afroamericani e guerrieri – ricordate Kunta Kinte? – per la dignita’ e la liberta’ contro le catene della barbarie schiavista. E se il messaggio trova eco nel Paese che alla schiavitu’ delle piantagioni ha fatto seguire la segregazione di Jim Crow fino agli anni Sessanta e oggi, da quelle paludi morali e politiche mai bonificate, fa emergere Donald Trump, ci pensano i fatti – quelle piccole-grandi verita’ alle quali i Trump di tutto il mondo sono allergici – a smentire le retoriche razziste: nonostante continue discriminazioni e ingiustizie, dal lavoro alla casa, e’ dalla comunita’ afroamericana che arrivano gli americani piu’ istruiti. Anzi, le americane piu’ istruite: perche’, senza offesa per Kunta Kinte, sono le donne ora le guerriere della dignita’ e liberta’ afroamericana contro la schiavitu’ contemporanea dell’ignoranza.

Dati alla mano – del National Center for Education Statistics — le donne afroamericane vantano la maggior percentuale di iscrizione all’universita’, il 9,7%, battendo le asiatiche (8,7%) e le bianche (7,1%). Oltre che, buoni ultimi, i maschi bianchi (6,1%), le schiere tra le quali oggi si agita lo spettro del nuovo razzismo.

Le donne, nell’universo degli studenti afroamericani, hanno ottenuto il 66% delle lauree, il 71% dei master e il 65% dei dottorati nel biennio 2009-2010. Percentuali a loro volta migliori rispetto alle colleghe bianche, oltre che ispaniche e asiatiche.

La persistenza del problema razziale rimane pero’ evidente nelle cifre assolute: gli afroamericani restano in possesso di percentuali tra il 7% e il 12% di lauree, master e dottorati pur rappresentando circa il 14% della popolazione statunitense e il 15% dei residenti tra i 20 e i 24 anni di eta’. Gli afroamericani – uomini e donne – sono inoltre il 14% dell’intera popolazione universitaria rispetto all’11% del 1994, ma nelle istituzioni considerate d’elite rimangono soltanto il 6% degli iscritti, una percentuale invariata da vent’anni.