La rivolta dei primi della classe inglesi: tutti a insegnare!

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Quando Lucy Kellaway, una nota giornalista del Financial Times (FT), ha dichiarato di volersi reinventare come insegnante a quasi 60 anni, le reazioni dei suoi colleghi sono state incredule. Il commento medio suonava un po’ cosi: ‘Ma come, hai un ottimo lavoro in cui sei brava, che ti paga bene e a non ti manca molto alla pensione. Chi te lo fa fare di andare a ficcarti a gestire una marmaglia di ragazzetti indisciplinati, e pure sottopagata?’.

Ma Lucy non si è fatta intimidire e ha fondato l’associazione Teach Now, fatta proprio per professionisti con 10, 20 o più anni di carriera dietro di sé che vogliono cambiare vita e diventare insegnanti di scuola secondaria. Pare che l’idea fosse talmente bizzarra che ben 29 produttori, attendendosi grandi risate e gaffes, avrebbero voluto trasformarla in un reality TV. La fondatrice Lucy si è opposta.

Una follia? Una chimera? Non sembra proprio. Il primo giorno Teach Now, basata a Londra, ha avuto più di 150 domande, e ora, ad un anno dalla sua fondazione, è bene avviata. Ha trovato una niche di domanda-offerta. Da una parte, la domanda è la carenza di insegnanti soprattutto di matematica, scienze e lingue straniere. Dall’altra c’è l’offerta, tanti professionisti talentuosi, i cosidetti ‘primi della classe’ che all’apice della loro carriera sentono la necessità di fare qualcosa con un significato e una portata più profondi.

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Il risultato ancora resta da vedere, visto che i 46 professionisti che hanno completato con Teach Now la loro formazione per diventare insegnanti, cominceranno oggi il loro primo anno scolastico. Ex-banchieri, diplomatici, direttori di ospedali, avvocati internazionali, ingegneri della NASA e manager della BBC si confronteranno a 25.000 sterline di stipendio annuale e tutte le sfide dell’insegnamento in scuole secondarie con alunni spesso provenienti da situazioni svantaggiate. Età? Tra i 42 e i 67, per la precisione. Non proprio dei novellini…

Storie di conversioni pedagogiche

Da dove può venire questo bisogno dei primi della classe, a cui tutto è riuscito bene e che secondo gli standard di solo qualche anno fa possono dichiararsi di successo, di cambiare vita? Alcuni dei insegnanti in erba di Teach Now la giustificano così:  “Ho sempre amato il mio lavoro. Ma adesso mi chiedo: quanto tempo mi resta? Voglio continuare a fare la stessa cosa?”. Oppure hanno trovato ispirazione in un genitore o un figlio che si era dedicato a quella professione. O ancora è una buon palliativo per la morte di un caro, o una maniera di riconoscere l’importanza di insegnamenti ricevuti. Per altri, infine, sembra essere uno statement politico: l’Inghilterra post-Brexit sarà un luogo terribile, quindi è bene cominciare a puntare sulle nuove generazioni per rimettere il Paese in carreggiata.

Ma questa ricerca di senso e di una professione con risultati concreti non è prerogativa solo di 40-50enni. Anche i Millenials sono sempre più allergici alla carriera e al successo tradizionale. Secondo Jean Laurent Cassely nel suo libro ‘La révolte des premiers de la classe’ pubblicato recentemente, il loro bisogno viene da ‘un malessere davanti alla rivoluzione digitale, un’impressione di non servire a molto, un sentimento di vuoto’.

Avendo insegnato io stessa per quattro anni ho sempre creduto nel valore intrinsteco dell’insegnamento oltre che nel valore benefico e quasi terapeutico sull’insegnante stesso. Qualunque stipendio, qualunque successo impallidiscono quando paragonati ai momenti in cui ho visto illuminarsi il viso di un mio studente all’aver compreso un concetto. Seguo le carriere che stanno facendo i miei ex alunni e soprattutto le persone che sono diventati e mi compiaccio, nel mio piccolo, di aver contribuito anche io.

In quanto, senza falsa modestia, ‘Prima della classe’, queste storie di conversioni pedagogiche e le domande che pongono mi sembrano particolarmente toccanti.

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