Usa: con Trump l’aborto potrebbe essere un omicidio

Il diritto di aborto in America è sotto attacco. In 6 Stati – Indiana, South Carolina, Oklahoma, North Dakota, Texas e Idaho- si sta discutendo un disegno di legge che equiparerebbe l’aborto all’ omicidio. Alla base di questa azione ci sarebbe la cosiddetta teoria della “personalità giuridica del feto”, secondo la quale la vita inizia al concepimento e che embrioni e feti meritano pieni diritti e protezioni legali. Se venisse pienamente recepita, la personalità giuridica del feto non solo vieterebbe l’aborto, ma riscriverebbe interi settori della legislazione statunitense.

Una proposta per introdurre un divieto nazionale di aborto

Sebbene in campagna elettorale il presidente Donald Trump non si sia mai esposto sul tema, in uno dei primi ordini esecutivi che ha firmato ha ripreso il concetto di personalità del feto, aprendo la strada a nuove iniziative in questo senso. Proprio qualche giorno fa, ad esempio, è arrivata al Congresso una proposta per introdurre di fatto un divieto nazionale di aborto.

La proposta di legge H.R 722, infatti, introdurrebbe il divieto adottando una interpretazione estensiva del quattordicesimo emendamento della Costituzione americana nella parte in cui fa riferimento al divieto dello Stato di privare della vita qualsiasi persona in maniera arbitraria. Ma questo è solo uno dei tanti tentativi di scardinare il diritto all’aborto inaugurati proprio da Trump nello scorso mandato.

Il primo ha riguardato la scelta dei giudici della Corte Suprema che nel 2022 hanno ribaltato la sentenza Roe vs. Wade ponendo fine alla tutela federale di questo diritto e lasciando la libertà di legiferare sul tema ai singoli Stati. Alcuni di essi non hanno perso tempo, applicando restrizioni che non hanno solo effetti sul diritto delle donne di porre fine ad una gravidanza indesiderata, ma anche sul più generale diritto alla salute. Dal primo maggio 2024, ad esempio, in Florida l’aborto è vietato dopo la sesta settimana.

Come aggirare i divieti

Lo scorso 23 gennaio sulla rivista Nejm Evidence è stato pubblicato uno studio che ha dimostrato come l’ ulipristal acetato, il principio attivo contenuto nella pillola di contraccezione d’emergenza EllaOne – la cosiddetta pillola del giorno dopo -, se assunto con il doppio del dosaggio assieme al misoprostolo, un altro farmaco, può provocare l’interruzione di gravidanza.

Lo studio si è basato su un’indagine condotta su 133 donne alla nona settimana di gravidanza che hanno assunto il doppio della dose dell’acetato di ulipristal, in combinato- appunto- con il misoprostolo. Tutte le gestanti tranne quattro hanno portato a termine l’interruzione delle loro gravidanze senza ulteriori interventi, con un tasso di successo della procedura del 97%. Questo risultato sorprendentemente alto si avvicina a quello che si ottiene utilizzando il mifepristone, medicinale specificamente approvato per l’aborto negli Stati Uniti e che gli antiabortisti vorrebbero rendere illegale. Insomma, una rivoluzione.

La dottoressa Beverly Winikoff, una degli autori dello studio e presidente di Gynuity Health Projects, un’organizzazione che si occupa di ricerca sulla salute riproduttiva, ha dichiarato al New York Times che dopo la sentenza della Corte Suprema del 2022 si è sempre più interessata a un possibile ruolo dell’acetato di ulipristal come sostitutivo del mifepristone, alla luce dei tentativi di limitarlo sempre di più.

Il sabotaggio delle restrizioni può essere controproducente

Ma ora anche “EllaOne” non è più immune agli attacchi degli anti abortisti. Nel cosiddetto Project 2025, un manifesto politico lanciato nel 2022 dal Think tank conservatore Heritage Foundation, e dal quale, almeno ufficialmente, Trump avrebbe preso le distanze, viene proposto che EllaOne non rientri più all’interno della copertura assicurativa nazionale ai sensi dell’ Affordable Care Act, perchè farmaco potenzialmente abortivo. Secondo gli esperti, dunque, la scoperta che l’ acetato di ulipristal contenuto all’interno di EllaOne, in determinate condizioni, può funzionare anche come farmaco abortivo, più che aggirare le limitazioni all’uso del mifepristone, finirebbe, invece, per limitare la circolazione di EllaOne, mettendo così a rischio anche la contraccezione d’emergenza.

Non solo. Anche il misoprostolo, farmaco utilizzato ad esempio per la prevenzione delle ulcere gastriche e che verrebbe utilizzato in combinato con l’acetato di ulipristal nelle procedure di aborto farmacologico, è sotto la lente di ingrandimento degli oppositori all’aborto. A rischio, dunque, anch’esso con le conseguenti importanti ricadute sul trattamento di altre patologie.

Dove si può abortire negli Stati Uniti

Dei 50 stati americani più il Distretto di Columbia, 19 vietano l’aborto, di cui 7 oltre una certa soglia che mediamente si attesta alle 6 settimane. Dopo il ribaltamento della sentenza Roe vs. Wade nel 2022, gli Stati hanno emanato restrizioni e divieti per cercare di ridurre al minimo la pratica.

Molti di questi provvedimenti hanno preso di mira medici e strutture sanitarie che forniscono questo servizio, imponendo dei requisiti per l’esercizio dell’attività che sono spesso molto restrittivi. É il caso, ad esempio, del Missouri, dove l’aborto è vietato con poche eccezioni, ma dove a novembre 2024 gli elettori hanno votato in un referendum per modificare la Costituzione dello Stato al fine di garantire il diritto all’aborto fino alla ventiquattresima settimana, fatti salvi i casi in cui la vita o la salute della madre siano in pericolo. Nonostante questo, diverse cliniche presenti sul territorio statale hanno dichiarato di non aver potuto compiere pratiche correlate all’aborto proprio a causa dei requisiti di licenza troppo restrittivi.

Malgrado la volontà esplicita degli elettori di salvaguardare il diritto all’aborto, in Missouri Trump ha vinto con quasi il 59% dei voti. Una dissonanza – questa- che si riscontra anche a livello nazionale. Secondo un sondaggio del National Opinion Research Center dell’Università di Chicago, infatti, circa il 38% degli elettori del Tycoon a livello nazionale ritiene che l’aborto dovrebbe essere legale in tutte o nella maggior parte delle circostanze.

Crescita tasso di mortalità infantile dopo i divieti

Nonostante Trump non abbia mai parlato esplicitamente dell’introduzione di un divieto nazionale di aborto, gli ostacoli che una donna incontra oggi in America, nel caso in cui volesse interrompere la gravidanza, non sono pochi. Per non parlare degli effetti dei divieti e delle restrizioni. Uno studio condotto dai ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health dello scorso 13 febbraio ha rilevato che negli Stati che hanno emanato leggi o provvedimenti restrittivi, i tassi di mortalità infantile sono aumentati. Ogni mille nati, infatti, ne sono morti 6,26, rispetto ai 5,93 previsti, con un aumento relativo del 5,6 per cento.

Lo studio ha anche rilevato un aumento del numero di decessi infantili per anomalie congenite, passando da un 1,24 previsto ogni mille nati a 1,37. Secondo i ricercatori, l’aumento della mortalità infantile a causa di malformazioni congenite è una diretta conseguenza del divieto e delle limitazioni apposte all’interruzione di gravidanza. In poche parole, se prima si procedeva all’aborto nel caso in cui il bambino affetto da anomalie congenite non poteva sopravvivere alla nascita, oggi, con tutte le restrizioni, la donna viene di fatto costretta a portare comunque a termine la gravidanza pur sapendo che non avrà l’esito sperato.

Lo studio ha anche rilevato che il divieto potrebbe avere un impatto sproporzionato sulle popolazioni svantaggiate che sono già esposte al rischio di mortalità infantile a causa delle difficoltà nell’accesso alle cure mediche.

Partorire negli Stati Uniti

Ma se le donne devono affrontare un percorso pieno di ostacoli per poter accedere all’aborto, non se la passa meglio chi decide di partorire. Le spese per il parto negli Stati Uniti, infatti, sono tra le più alte al mondo. Secondo il Peterson-Kaiser Family Foundation Health System Tracker, il costo medio di una gravidanza che si conclude con un parto naturale è di 14.768 dollari, mentre i costi lievitano se il parto è cesareo, arrivando a toccare i 26.280 dollari.

Le assicurazioni sanitarie, per chi le ha, coprono buona parte dei costi, ma, dicono gli analisti, ci sono in media 3.000 dollari di spese extra a carico esclusivo della paziente. E chi non ha copertura assicurativa? Nel 2023 il 91,7% della popolazione statunitense era assicurato: il 65,4 per cento con programmi privati e il 36,3 per cento con quelli pubblici. L’8,3 per cento della popolazione che risultava non coperto, comprendeva le persone nella fascia d’età tra i 19 e i 25 anni, tra cui, ovviamente, donne in età fertile. Per loro il costo del parto può variare da 13.000 a oltre 35.000 dollari in caso di parto cesareo.

In queste situazioni, c’è Medicaid, il programma di assicurazione sanitaria finanziato quasi interamente dal governo federale che garantisce una copertura dopo il parto in media di 60 giorni. Alcuni Stati l’hanno estesa a uno anno dopo il parto, altri ne stanno ancora discutendo e tutto, ancora una volta, sulla pelle delle donne.

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