Violenza, Cassazione: processo da rifare per il sindacalista assolto perché la vittima in 20 secondi “poteva dire no”

Un’esitazione di venti secondi prima di reagire davanti a una molestia sessuale basta per assolvere il molestatore? Per la III sezione penale della Corte di Cassazione qualcosa non va: i Supremi Giudici hanno annullato con rinvio alla Corte d’appello di Milano per un nuovo esame l’assoluzione decisa nel 2022 dai giudici del tribunale di Busto Arsizio (Varese) e confermata in secondo grado lo scorso giugno nei confronti di un assistente di volo ex sindacalista Cisl accusato di aver palpeggiato nel 2018 l’allora hostess Barbara D’Astolto, che del caso ha fatto una battaglia e che è stata presente in udienza. Palpabile il suo sollievo. «In questo modo – ha commentato a caldo dopo la decisione – è stata fatta giustizia. Sono contenta, non me lo aspettavo. Ringrazio le persone che mi hanno dato la forza di andare avanti: le testimoni, la mia avvocata Teresa Manente e l’associazione Differenza Donna».

La vicenda arrivata in Cassazione

Nelle motivazioni con cui i giudici d’appello il 24 giugno scorso avevano confermato la sentenza di primo grado era stato evidenziato come l’imputato, che seguiva la hostess e altre colleghe per una vertenza e le aveva dato appuntamento nel suo ufficio, «non abbia adoperato alcuna forma di violenza, ancorché si sia trattato effettivamente di molestie repentine, tale da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta». Condotta che, però, «non ha (senz’altro) vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi «protratta per una finestra temporale, 20-30 secondi, che le avrebbe consentito anche di potersi dileguare». Eccole, le parole controverse. Sul ruolo di questi venti secondi di paralisi, infatti, spiegate dalla vittima con la paura provata in quella situazione, ha poggiato la richiesta di annullamento della sentenza avanzata dal sostituto procuratore generale della Cassazione Fulvio Baldi e dalla parte civile, accolta dalla III sezione penale con il rinvio alla Corte d’appello milanese per un processo bis. Amaro il commento del difensore dell’ex sindacalista, Ivano Chiesa, che definisce la sentenza «preoccupante» e ironizza: «Per approcciare una donna ora bisognerà portarsi un notaio».

Le attiviste: «Piena affermazione dell’inviolabilità dei corpi delle donne»

Ma tante donne hanno fatto rete intorno alla ex hostess. Ieri, giorno dell’udienza, l’associazione Differenza Donna presieduta da Elisa Ercoli ha promosso un sit-in a Piazza Cavour. Indicativi gli slogan sui cartelli esposti: “Con le spalle al muro non è lavoro sicuro”, “Senza consenso è violenza”, “Giù le mani dai nostri corpi”, “Se la molestia non è reato la legge la scrive il patriarcato”. «Questa sentenza – afferma Ercoli – restituisce a Barbara e a tutte noi donne fiducia nelle istituzioni per una piena affermazione dell’inviolabiltà dei corpi delle donne e per scrivere una storia delle relazioni in cui la cultura predatoria non viene più legittimata ma ad essere legittimata è la piena cittadinanza di tutte noi donne». Presente anche la Casa internazionale delle donne di via della Lungara. «I giudici – dice la presidente Maura Cossutta – hanno contato i secondi in cui la molestia è stata perpetrata, giudicandoli sufficienti perché la donna si potesse sottrarre. Diciamo basta a una cultura che si fa complice di ogni forma di violenza e tra queste la molestia, che è la più muta e tollerata. Ancora una volta è necessario ribadire che le donne vanno credute e che si finisca con la logica che finisce per mettere i loro comportamenti sotto i riflettori».

Semenzato (Commissione femminicidio): «Il consenso non è mai presunto»

Plaude la presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio, Martina Semenzato, deputata di Noi Moderati: «La sentenza restituisce centralità al principio secondo cui “il consenso non è mai presunto”. Va ribadito con forza che una donna che non si sottrae subito all’approccio sessuale non vuol dire che “ci sta”. Quello che viene barattato per un consenso implicito sovente è il frutto di una condizione psicologica di paralisi, il cosiddetto effetto freezing, che segue alle condotte repentine di aggressione sessuale».

Valente (Pd): «Ora la legge per chiarire che senza il sì è violenza»

«La Cassazione restituisce finalmente giustizia a Barbara, annullando un processo in cui era stato assolto il suo aggressore sostanzialmente perché una reazione in venti secondi era stata interpretata come consenso», aggiunge la senatrice dem Valeria Valente, convinta che le decisioni dei giudici di merito fossero intrise di «stereotipi e pregiudizi». Ora è chiara, per la parlamentare del Pd, l’urgenza di andare avanti con il disegno di legge sul consenso, di cui è prima firmataria. «Bisogna stabilire una volta per tutte – sostiene anche lei – che senza consenso è violenza». E occorre proseguire con la formazione di tutti i professionisti e gli operatori chiamati a riconoscere la violenza contro le donne, perché le aule giudiziarie «non rischino di essere luoghi di vittimizzazione secondaria».

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