L’inflazione impatta il tuo potere d’acquisto? Conosci il valore di fare investimenti diversificati? Hai un piano di protezione dei guadagni in caso di spese inaspettate o aumenti dei prezzi? Pianifichi i tuoi risparmi a lungo termine?
Non avere una risposta o rispondere negativamente a questo tipo di domande, potrebbe indicare una preparazione finanziaria insufficiente. Condizione tutt’altro che inusuale oggi, però. Già nella sola Europa infatti, è comune per una fetta – importante – di popolazione.
Secondo un’indagine Eurobarometro, nel 2023 un terzo della popolazione nell’Unione non capisce come funziona o che effetto abbia sulla loro quotidianità l’inflazione. Inoltre, nel continente solo il 26% dei rispondenti al questionario composto da cinque domande, ha saputo rispondere correttamente ad almeno quattro. E solo il 18% degli europei possiede livelli di alfabetizzazione finanziaria “alti”.
I dati dell’Europa ricalcano la situazione a livello globale. Da un’indagine OCSE infatti il punteggio medio di alfabetizzazione finanziaria globale è di 63 punti su 100. Con però solo il 39% degli adulti a raggiungere il target di 70 punti, definito come limite minimo per questo tipo di alfabetizzazione.
Andando a guardare le conoscenze specifiche, «l’84% degli adulti comprende la definizione di inflazione, ma solo il 63% sa applicare il concetto di valore temporale del denaro ai propri risparmi». Continua il documento: «I risultati mostrano che circa il 77% degli adulti comprende il rapporto tra rischio e rendimento, ma solo il 42% è in grado di rispondere correttamente a una domanda sull’interesse composto».
Iniziare da presto a imparare la finanza
Al pari di lettura e scrittura, la conoscenza delle implicazioni finanziarie oggi è una necessità cruciale. Serve quindi impararle da presto. Nello scenario attuale reso ancora più complesso da ritmi iper-veloci di scambio ed evoluzione di strumenti e abitudini, avere competenze in materia di risparmio, investimento, rischio e guadagno può implicare l’acuirsi delle differenze. Geografiche, di genere, di reddito. Allo stesso tempo però, rappresenta anche una chiave in grado di spezzare (più rapidamente) il ciclo della povertà.
Alcuni studi sostengono come bambini che vivono in famiglie in cui si parla di soldi, hanno il doppio delle possibilità di sviluppare abitudini di risparmio regolari. Inoltre, un rapporto positivo o negativo verso il denaro e, di conseguenza, attenzione e interesse a conoscere meglio i risvolti di certe scelte per il futuro, si sviluppa anche attraverso quello che si sperimenta in casa da piccoli.
Generalizzando, essere esposti a un clima di incertezza, stress e negatività rispetto alle finanze familiari può portare in età adulta a temere di fare investimenti. O a evitare qualsiasi pianificazione e portare a una scarsa gestione dei risparmi.
Al contrario, esperienze più positive, una propensione a parlare di questioni monetarie come, per esempio, la valutazione del budget per la spesa settimanale o la gestione della paghetta, può più facilmente portare a una maggiore tolleranza e confidenza riguardo ai guadagni, ai propri soldi, più avanti nella vita.
Allargando lo sguardo, è possibile comprendere come il livello di consapevolezza personale su rischi e opportunità di risparmi e investimenti, può incidere sulle economie dei Paesi. A fronte dei potenziali benefici e di fronte a un 33% della popolazione mondiale considerata “finanziariamente competente”, non sorprende che diversi stati si stiano muovendo da tempo per alzare i livelli di comprensione finanziaria (almeno) di base di loro cittadini. Partendo anche proprio dai più giovani.
Da Singapore alla Nuova Zelanda al Regno Unito, si iniziano a diffondere esempi di programmi di educazione finanziaria impartiti ai ragazzi già nei cicli di scuola primaria e secondaria. Accumulare conoscenze e competenze finanziarie sin da piccoli ha una ricaduta non tanto solo sul benessere personale o familiare del singolo. Ma può essere cruciale infatti anche, per esempio, per saper dare scelte imprenditoriali appropriate.
La UE, in ordine sparso
In Europa, dove dal 2023 la Commissione ha pubblicato il quadro di riferimento per le competenze finanziarie di bambini e ragazzi, un caso interessate è quello della Danimarca. Da 10 anni nel Paese nordico è previsto l’insegnamento obbligatorio per gli studenti dai 13 ai 15 anni di temi che spaziano dal significato di risparmio, al funzionano delle banche, ai diritti del consumatore. Percorsi che, credibilmente, ha contribuito a portare la nazione a un livello di alfabetizzazione finanziaria tra i più alti del mondo.
In Finlandia, invece, oltre il 90% degli studenti partecipa a programmi di dieci lezioni dove si imparano come funzionano le imprese, l’economia, la società. Alla fine dei quali i ragazzi possono poi sperimentare con mano attraverso simulazioni pratiche come gestire un budget, sostenere un’attività commerciale e cosa succede se si spende troppo.
Cosa prevedono i programmi in Italia?
In Italia, dall’anno scolastico in corso, la legge 21/2024 prevede l’insegnamento dell’educazione finanziaria (all’interno dell’educazione civica) nelle scuole di ogni ordine e grado. «Al fine di promuovere la cultura dell’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, nel rispetto dell’autonomia scolastica e nei limiti delle risorse», come si legge nel testo della norma. I percorsi sono pensati in collaborazione tra il Ministero dell’istruzione e del merito, un Comitato predisposto per l’elaborazione dei contenuti, la Fondazione per educazione finanziaria e risparmio, la Banca d’Italia, la Consob (e soggetti come assicurazioni e fondo pensioni).
Per quanto al momento non sembra che i programmi siano attivi in modo capillare, l’iniziativa potrebbe rinforzare ulteriormente gli sforzi già attivi da tempo. A partire dalla stessa Banca di Italia che da anni fornisce risorse e iniziative importanti, adatte a ragazzi e scuole, e prepara materiali facilmente accessibili online.
Nel dettalio, il progetto è ispirato a una didattica per competenze e propone un approccio multidisciplinare; si caratterizza per l’offerta di percorsi formativi dedicati ai docenti di tutti i livelli scolastici organizzati dal personale della Banca d’Italia sul territorio nazionale.
Successivamente i docenti affrontano i temi economici e finanziari in classe con i loro studenti integrandoli nell’apprendimento curricolare. Il programma è supportato anche da risorse didattiche gratuite appositamente predisposte dalla Banca d’Italia.
I docenti che partecipano agli incontri hanno diritto a richiedere l’esonero dall’attività di servizio e ricevono un attestato di partecipazione. Ai sensi della Direttiva n. 170/2016 del MIUR – Dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e Formazione, la Banca d’Italia è una amministrazione pubblica che può svolgere corsi di formazione per il personale della scuola riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione.
L’introduzione di insegnamenti specifici che possano alzare i livelli di alfabetizzazione finanziaria dei ragazzi, potrebbe avere un riscontro anche – per estensione – sugli adulti. A partire dagli insegnanti, che devono aggiornarsi, che i genitori, che possono venire coinvolti nei percorsi ed esposti a conoscenze nuove, soprattutto per esempio in ambito digitale, delle tecniche di difesa da attacchi online o contro i rischi di truffe.
Chi fa meglio?
Dall’Europa all’estremo oriente, è chiara la necessità di elevare i livelli di alfabetizzazione finanziaria, introducendone lo studio almeno dei concetti di base il prima possibile. Le generazioni più giovani infatti, se hanno il vantaggio di essere le più digitalizzate e tech savvy, mostrano anche una carenza importante nella comprensione dei meccanismi economici e finanziari.
Guardando ai risultati delle indagini specifiche, ci sono caratteristiche comuni (di genere, età o provenienza), che identificano chi “fa meglio”? E possono quindi aiutare a orientare gli interventi? Stando al quadro tracciato da Eurobarometro nel suo studio, chi ottiene risultati più alti nei questionari sulle competenze finanziarie sono generalmente uomini sui 40 anni che hanno livelli di istruzione elevata.
Nello specifico, sul totale delle risposte date, hanno ottenuto i punteggi maggiori il 24% degli uomini contro il 13% tra le donne. Quelli che sono nati non oltre la metà degli anni ‘80 (nel 20% dei casi contro il 13% di chi ha tra i 18 e i 24 anni e il 16% tra i 24 e i 39). E che nel 26% dei casi sono altamente istruiti. Tra i “top scorer” solo il 16% possiede un livello di istruzione medio e il 12% un livello basso.
Guardando all’aspetto geografico, in Europa sono i Paesi Bassi a risultare la nazione con le migliori conoscenze finanziarie. Il 43% degli olandesi infatti ha punteggi “alti”, il 39 “medi” e il 18% “bassi” nel questionario Eurobarometro. A seguire, Finlandia, Danimarca ed Estonia. Tra le quattro economie maggiori della UE, solo la Germania mostra un punteggio superiore alla media con percentuali, rispettivamente di 26%, 50% e 24%. Francia e Italia si posizionano invece sotto la metà della lista, con nel bel Paese una quota di 25% di punteggi alti, 49% medi e 26% bassi. Lontana invece la Spagna, quartultima sui 27, appena prima di Cipro, Portogallo e Romania.
Spostando l’attenzione sul livello di alfabetizzazione finanziaria, nell’Unione la situazione, non sorprendentemente, cambia di poco. Ancora una volta, sono i Paesi Bassi a occupare la prima posizione, seguiti da Danimarca, Slovenia e Svezia.
L’Italia in questa lista, si posiziona un po’ meglio che in tema di competenze finanziarie. Ma resta comunque sotto la media UE e con percentuali non incoraggianti. Solo il 18% degli italiani infatti raggiunge livelli “alti” (pari alla media continentale, ma lontana dal 28% della posizione numero uno). Il 63% ha livelli “medi” (appena sotto il 64% generale e il 57% olandese). Il 19% “bassi” (peggio del 18% generale e del minimo del 12%, registrato in in Slovenia e Ungheria).
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