Cacao solidale e formazione politica, il lavoro di Maquita in Ecuador

foto di @Beatrice De Blasi

Unire il commercio alla solidarietà a favore delle fasce più deboli e disagiate del Paese, ma anche utilizzare il commercio per formare la coscienza politica delle persone. È il duplice obiettivo di Maquita, cooperativa nata in Ecuador nel 1985 da alcuni gruppi di organizzazioni contadine che si sono formate spontaneamente presso le famiglie delle aree urbane più povere per fronteggiare la crisi economica.

L’organizzazione, che collabora con Altromercato, coinvolge oltre 300 mila persone che producono cacao e confetture di frutta tropicale. Sin dalla sua nascita Maquita ha acquistato i prodotti direttamente dai contadini che in quel periodo «migravano dalle campagne verso le città, soprattutto verso Quito, la capitale», racconta María Jesús Pérez Mateos, direttrice generale di Fundación Maquita, raggiunta in videochiamata da Alley Oop mentre si trova in Spagna.

«Dall’osservazione di questo fenomeno è nata l’idea di approcciare quello che è il mondo dei contadini, perché era un mondo di persone svantaggiate, che stavano migrando dalle loro case verso le città e si voleva capire come dare loro un mercato con un approccio alla filosofia del prezzo giusto» continua la direttrice. Ma Maquita non è solo commercio. «I valori promossi sono quelli del commercio equo – spiega Maria Jesus – senza dimenticare l’azione politica. È sempre stato fondamentale dar voce a queste persone affinché ci fosse un cambio a livello centrale, affinché migliorasse la loro situazione».

Il commercio come mezzo per incidere a livello politico

Il commercio, dunque, è il mezzo. «Avere incidenza a livello politico per migliorare non solo le condizioni economiche, ma anche le condizioni sociali delle persone» è il fine. Maquita, infatti, non si occupa solo di agricoltura, con la coltivazione e la lavorazione del cacao e di frutta esotica da cui vengono fatte le confetture, ma anche di formazione.

Una formazione tecnica, certo, per dare a uomini e donne la possibilità di lavorare correttamente i prodotti, ma anche una formazione politica, «per portare proposte di cambiamento e non rimanere passivi. Cerchiamo di formare persone attive politicamente» racconta orgogliosa la direttrice generale. E anche le donne vengono ampiamente coinvolte nel lavoro dell’organizzazione: esse rappresentano il 41% dei lavoratori, simbolo della volontà politica e istituzionale di costruire una nuova società fatta di eguaglianza e rispetto delle diversità.

Un Paese stretto nella morsa dei narcotrafficanti

Una missione che si è resa ancora più importante alla luce degli eventi recenti. L’Ecuador, infatti, all’inizio di quest’anno ha visto una escalation di violenze da parte di bande criminali di narcotrafficanti decise a portare le istituzioni alla resa, al fine di ottenere una sempre più ampia impunità e continuare i loro traffici illegali. Un’infiltrazione sistematica da parte dei trafficanti di droga nel tessuto sociale ed economico del Paese che si aggiunge a un insieme di politiche fallimentari con pesanti tagli alla spesa pubblica e al welfare, che hanno condotto a inevitabili ripercussioni sul diritto alla salute e all’istruzione dei giovani. Secondo i dati diffusi dal governo ecuadoriano, solo il 34% della popolazione ha un’occupazione adeguata.

Si stima che il 30% degli oltre 18 milioni di abitanti viva in povertà, una povertà che diventa “estrema” per l’11%, con dati ancora più gravi nelle zone di campagna poco abitate. La mancanza di opportunità lavorative e la scarsa istruzione hanno reso i più giovani facili reclute per le bande criminali, come ricordato da Olivier De Schutter, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani nel report di settembre scorso. E in questo contesto sempre più complicato, anche l’operato di Maquita è stato ed è messo a dura prova.

Come opera Maquita

L’organizzazione «ha subito i primi sequestri di persona e i primi furti già nel 2020», racconta Maria Jesus. «Le bande controllano un’area precisa, si instaurano in queste aree e da lì operano senza permettere a nessuno di entrare. Al confine tra un’area e un’altra nascono spesso conflitti tra bande».  A causa di queste tensioni «Maquita non è più riuscita ad accedere in queste aree critiche, per cui per non mettere a rischio le persone si è deciso che chi vive nelle aree a rischio deve uscire da quei luoghi fino a raggiungere una zona sicura e lì fare formazione, acquisire il materiale e poi rientrare nelle comunità e fare a sua volta formazione».

Le persone che vivono in queste aree a rischio, infatti, hanno libertà di movimento, ma nessun estraneo può circolare in quelle zone. Questa situazione si riflette inevitabilmente sulla competitività a livello di mercato rispetto ai Paesi limitrofi. «In Ecuador per far muovere la merce bisogna contrattare con scorte private armate – spiega la direttrice generale di Maquita – per far sì, per esempio, che questa merce raggiunga il porto e possa essere imbarcata. Bisogna pagare la scorta».

Il neo presidente ecuadoriano Daniel Noboa ha ottenuto a febbraio il via libera dal Parlamento per aumentare l’Iva dal 12 al 15% al fine di ridurre il deficit e finanziare la lotta contro la criminalità organizzata. «La popolazione sta cercando di fare pressione affinché questo provvedimento non sia definitivo, ma rimanga vincolato a questo stato di emergenza», spiega Maria Jesus, che nonostante il contesto complesso riesce a cogliere gli aspetti positivi: «dalle situazioni difficili ognuno tira fuori il meglio. La sensazione è che il popolo si stia unendo e questo mi fa sperare per un futuro migliore per l’Ecuador», conclude.

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