A Milano è andata in scena Černobyl’: meglio ricordare o dimenticare?

“Meglio ricordare o dimenticare?”. Questa è la domanda che continua a porsi una delle protagoniste dello spettacolo Černobyl'”, che è stato sul palco del teatro Fontana di Milano dal 2 al 26 novembre. Dal testo di Federico Bellini e con la regia di Michele Sinisi, lo spettacolo racconta la tragedia avvenuta il 26 aprile del 1986. Un disastro nucleare che ha segnato la storia dell’ex Unione Sovietica.

Alle ore 1:23 della notte del 26 aprile 1986  la centrale nucleare di Černobyl’ fu scossa da un’esplosione. Il sito era 18 chilometri dalla città, a 3 chilometri da Pripyat, nell’area settentrionale di un’Ucraina ancora parte dell’Unione Sovietica. Lo spettacolo racconta l’evento come se fosse un incubo tutto nella testa del direttore della centrale Lenin di Černobyl’, Viktor Brjuchanov. Grande imputato e grande vittima. A 39 anni si ritrova invischiato nel più grande disastro del suo Paese. I due rappresentanti del partito lo  intimano di tacere cibandosi in modo compulsivo di gulasch e gli prospettano anni di gulag. L’assonanza tra le parole non è un caso e Brjuchanov sarà il capro espiatorio di un incidente tenuto nascosto dalle autorità ed espierà la sua colpa in un gulag.

Sul palco si alternano personaggi veri come Brjuchanov e la moglie, spettri di protagonisti di quegli anni come Valerij Alekseevič  Legasov, scienziato a cui il regime impedì di fatto rendere note le sue ricerche sugli errori commessi nella centrale. Finanche a uno dei protagonisti del dissenso di quegli anni di totalitarismo sovietico: Andrej Dmitrievič Sacharov, premio Nobel e fisico nucleare.

Sporco e ricoperto di stracci, arriva dalla platea urlando il nome del presidente Gorbachev, colpevole di essere solo un poster che cade dall’alto. Non ha avvisato il popolo, autorizzato evacuazioni e detto la verità. Ma il popolo è ridotto alla miseria e all’impotenza e come urlano i due rappresentanti del partito: “Il popolo decide nel momento in cui il partito decide che il popolo esiste”.

Federico Bellini ha scritto un testo teatrale  che non è solo il racconto del disastro nucleare, ma “pone in costante parallelo due eventi: la scissione dell’atomo e quella dell’Urss, come fossero un unico evento storico”. Così come la centrale si dissolve in polvere e macerie, pochi anni dopo la madre Russia si dissolverà in tanti Paesi autonomi che decreteranno la fine dell’Unione Sovietica stessa.

All’interno della pièce teatrale tante sono le citazioni letterarie: dal “Cappotto” di Gogol’ a “Delitto e castigo” di Dostoevskij, a uno dei massimo rappresentanti del dissenso del Novecento, Aleksandr Isaevič Solženicyn. Assieme allo scienziato Sacharov sono uomini che hanno vissuto in modo diverso l’opposizione al proprio Paese, cercando libertà e vie d’uscita alla censura. Tema anch’esso di grande attualità.

Quindi è meglio ricordare o dimenticare? La realtà dei nostri giorni ci aiuta a rispondere. Come si può dimenticare un luogo che è stato protagonista della storia più recente? Nel febbraio del 2022 la centrale nucleare è stata infatti occupata dalle truppe russe, durante un attacco all’esercito ucraino. Non è possibile dimenticare. Černobyl’ rimane sempre una delle protagoniste della nostra storia contemporanea.

Lo stesso regista Michele Sinisi considera l’incidente di Černobyl’ non un evento del passato ma qualcosa le cui conseguenze arrivano ad oggi: “Černobyl’ racconta un incidente che ha cambiato per sempre le nostre vite, il nostro rapporto col tempo compresso in un istante infinito, centinaia di migliaia di anni schiacciati in una fissione. Di lì a poco cadeva il muro di Berlino. I due schieramenti opposti nella guerra fredda si aprivano ad una nuova complessità di pensiero e politica. Forse proprio da quel 26 aprile dell”86 è iniziato il viaggio verso il terzo millennio e lo sguardo su ogni presente è cambiato più di quanto non si voglia ammettere”.

di Federico Bellini
regia Michele Sinisi
con Stefano Braschi, Federica Fabiani, Giovanni Longhin, Donato Paternoster, Isabella Perego, Marco Ripoldi, Adele Tirante
scene Federico Biancalani
costumi Cloe Tommasin
disegno luci Luigi Biondi
tecnica Ornella Banfi
aiuto regia Nicolò Valandro
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale

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