In Emilia Romagna, dal 1988, c’è una città (parafrasando una delle canzoni più conosciute di Jovanotti) dove convergono le esperienze e si tramutano in espressioni, dove la vita si fa preziosa e l’amore diventa azione. Stiamo parlando di Ferrara e del suo Buskers Festival, il più antico festival di musicisti di strada del mondo che da 36 anni si fa portavoce di una storia antichissima, quella dei buskers, cioè coloro che si “buscano” il pane girando il mondo a intrattenere il pubblico per le vie di borghi, vicoli e piazze di paesi e città.
Figli della strada e delle stelle
Un po’ menestrelli e un po’ giocolieri. Le prime testimonianze degli artisti di strada risalgono all’antico Egitto. Si narra, infatti, che fossero al servizio dei mercanti dell’epoca per attirare lo sguardo e l’interesse dei passanti sulle bancarelle colme di tessuti e vasi. Poi se ne persero le tracce fino quasi al Medioevo, dove riapparvero in concomitanza della nascita del teatro di strada.
C’è chi li chiama cantastorie e chi gli attribuisce il ruolo di giullari o attori e musici improvvisati. Ma gli artisti di strada sono sempre stati Artisti con la A maiuscola. Spesso istrionici, è vero, ma certamente cuori liberi e abili a raccontare la cultura popolare come nessun’altro al mondo, grazie alla loro creatività e ad un repertorio sempre diverso (e a volte improvvisato) a seconda delle persone e dell’atmosfera di un preciso momento. Tutto questo con poche frecce al proprio arco: un cappello, un costume, una maschera e uno strumento musicale, in un teatro a cielo aperto tra la strada e le stelle.
Storia, arte, musica e cultura
Il Ferrara Buskers Festival nasce da un’idea di Stefano Bottoni, fabbro con una forte passione per la musica e la convinzione che potesse esistere una città interamente aperta ai musicisti di strada: “In ogni edizione si realizza quel sogno cominciato 36 anni fa. Intere generazioni hanno vissuto e vivono questo festival, facendosi ambasciatori di un evento capace far convergere in un unico luogo costumi e sonorità da tutto il mondo, in un’atmosfera internazionale che rimanda alle antiche corti rinascimentali”.
Da allora, ad affiancare Bottoni in questa avventura diventata negli anni il punto di riferimento per i buskers di tutto il mondo, c’è la figlia Rebecca, cresciuta in una famiglia dove l’arte, la tradizione, la cultura e la musica sono sempre state il pane quotidiano.
Da quest’anno, poi, Rebecca Bottoni ha preso in mano le redini della direzione artistica del Festival, in un passaggio di testimone che racconta una grande storia di famiglia:
“La strada non mente – racconta Rebecca – è perché racconta un mondo fatto di contaminazione artistica, sperimentazione musicale e incontro di culture diverse dove sono le differenze a creare la melodia”.
Che ricordi hai del tuo primo incontro con gli artisti di strada? E cosa ti ha colpito
maggiormente di quel mondo?
Il primo ricordo è un pomeriggio di sole quando mio padre mi disse che, per quell’anno, ad agosto non saremmo andati al mare perché sarebbero arrivati dei musicisti. Lì per lì, dico la verità, non ne compresi il senso e non ne fui entusiasta. Poi arrivarono i buskers, quei musicisti di cui mi aveva parlato. Era assolutamente insolito vedere a Ferrara artisti del Burkina Faso, musicisti danesi e giovani chitarristi olandesi dai capelli lunghi. Ma fu proprio in quel momento che iniziai a conoscere quel mondo.
Tra tutti mi è rimasto impresso un musicista giamaicano che invece di cantare, fischiettava ogni pezzo, accompagnato unplugged dalla chitarra. Non so come abbia avuto notizia del Festival, ma arrivò da solo a Ferrara. E poi ricordo perfettamente Lucio Dalla che si esibì al clarinetto. Lui credette in questo “strano Festival” fin dall’inizio ed ebbe il coraggio di suonare in strada. Solo anni dopo ne compresi il senso profondo e la capacità che Lucio aveva nel vedere prima degli altri.
Dopo tanti anni al fianco di tuo papà, da quest’anno sei Direttrice Artistica. Qual è l’eredità che raccogli e quale invece l’insegnamento migliore che ti porterai dentro in questo nuovo ruolo?
Sono tante le aspettative riposte su di me e l’eredità che porto è grande, ma ne sono davvero onorata. Oggi comprendo quante difficoltà possa aver incontrato mio padre negli anni ’80, nel dare vita al Ferrara Buskers Festival, quando erano in molti a non crederci e perfino a riderne. Mio padre mi ha insegnato a riconoscere in pochi secondi un vero busker e a capire il momento esatto in cui un passante diventa spettatore. È in quel preciso istante che nasce l’arte e la condivisione. Ma c’è molto anche di mia madre, un’altra artefice di questo evento.
Entrambi mi hanno trasmetto la caparbietà e la forza nel credere fermamente nelle proprie idee. Se le cose si fanno con rispetto e amore, la strada non potrà che essere quella giusta. Questo è l’insegnamento più bello: il rispetto e il lavoro oltre ogni facile preconcetto e pregiudizio. Oggi eredito un Festival conosciuto e riconosciuto, e posso contare su competenze importanti e mezzi di comunicazione decisamente efficaci ed immediati. Se penso che loro avevano solo un telefono fisso, un fax e un sogno.. dico che hanno davvero saputo trasformare l’impossibile in possibile.
Per tanti anni sei stata anche delegata FIGC per il calcio femminile in Emilia Romagna. E’ nata prima la passione per il calcio o per la musica?
Credo sia nata prima la passione per il calcio. Fu merito di mio nonno se ho imparato a giocare. Mi regalò un pallone di cuoio quando avevo solo due anni ed io, scalza, calciavo e poi piangevo. Ma poi calciavo ancora. Amo chiamarla tenacia.
Oggi sono consigliera regionale e il mio obiettivo è riuscire a cambiare e far crescere la percezione del calcio femminile. È una battaglia culturale non facile ma non impossibile. Ho giocato in tutte le serie e percorso tantissimi chilometri, imparando presto a dribblare prima i pregiudizi che le avversarie. Credo sia giunto il momento, anche in Italia, di pensare che ogni bambina possa giocare a calcio, senza che questo sia percepito come strano.
Anche i buskers sono visti in modo strano?
A volte sì. Ma più che in modo strano direi in maniera distorta. Eppure molti di loro sono diplomati al conservatorio, altri sono laureati in chimica o ingegneria e per seguire la loro passione hanno corso il rischio di incrinare rapporti con le proprie famiglie. Lo dico sempre: la strada non mente mai. Ci si lascia coinvolgere solo da quelli bravi. Fermarsi ai pregiudizi toglie grandi opportunità.
Chiudi gli occhi e arriva con la mente al 2033. Come immagini il Ferrara Buskers Festival?
È una bellissima domanda che mi emoziona. Vedo uno team fatto di tante persone pronte, brillanti e curiose, capaci di andare oltre le proprie conoscenze. Così come lo è stato mio padre. Vedo un Festival fedele al proprio spirito ma aperto alle innovazioni e alla ricerca continua di musicisti e artisti di strada, con momenti dedicati anche al racconto delle storie di ogni artista, non solo durante i cinque giorni del Festival.
I buskers favoriscono una certa contaminazione culturale e sociale, e uno scambio armonico. E per loro natura, sostengono e promuovono spazi sostenibili: dove c’è busking ci deve essere necessariamente una città pulita e preservata. Per questo servono ulteriori investimenti, proposte e iniziative per continuare a ridurre quanto più possibile l’impatto ambientale.
A proposito di sostenibilità ambientale negli spettacoli, come state affrontando questo tema?
Il nostro stesso modello organizzativo ha bisogno di innovarsi senza però tradire i valori fondanti. Siamo passati dagli anni ’90 dove tutto sembrava possibile, vivendo poi le crisi economiche e pandemiche che, nonostante tutto, ci hanno rinforzato.
Ora siamo pronti per guardare al futuro e servirci di tecnologie che possano facilitare il nostro lavoro, forti di una storia che ci sostiene da quasi 40 anni e un evento i cui pilastri fondanti sono rappresentati dalla presenza umana e dalla condivisione di emozioni. Al Festival si è felici perché si è parte di un mondo insolito dove i sogni si trovano davvero – parafrasando Dalla – a metà strada tra Ferrara e la luna.
I numeri del Festival
Dal 1988 ad oggi il Ferrara Buskers Festival ha rappresentato la casa di oltre 6400 formazioni artistiche, dando un’opportunità di lavoro a più di 3000 persone, molte delle quali alla prima esperienza. Nell’ultima edizione, l’evento (completamente gratuito) ha accolto più di 700000 persone e oltre 480 artisti, per un totale di 975 ore tra musica e spettacoli.
Il format si è rinnovato di anno in anno fino a trovare il suo giusto mix. Ogni anno vengono invitati circa una trentina di musicisti (tra gruppi e singoli), oltre alla quota numerosa che si accredita all’evento. Dalla 4ª alla 29ª edizione è stata inserita la nazione ospite dalla quale provenivano la maggior parte degli invitati. Dal 2013 è partito il progetto Ferrara Buskers Festival on tour, con tappe a Lugo di Romagna e Venezia. Nel 2014, l’anteprima del festival è stata organizzata nel centro storico de L’Aquila. Nel 2015 a Milano, tra piazza Duomo e piazza Castello, mentre dal 2017 la nazione ospite è stata sostituita dalla città ospite. Nel 2019, invece, la formula del tour ha visto aggiungersi la tappa di Cesenatico.
Nel DNA del Ferrara Buskers Festival c’è la contaminazione, ovvero quello spirito di condivisione di esperienze su cui la musica affonda le sue radici. Tanti sono gli artisti italiani che in questi anni si sono “contaminati” mischiandosi agli artisti di strada: da Lucio Dalla (“E’ una grandissima festa, senza distinzioni di etnie o di generi musicali, non ci sono divisioni né distanze”) a Edoardo Bennato, dalla PFM ad Angelo Branduardi, passando per i Modena City Ramblers, Bobby Solo, Paolo Rossi, Omar Pedrini, Daniele Silvestri e Gianna Nannini (“La musica del Ferrara Buskers Festival è innovativa, c’è bisogno della strada ed è bello contaminarsi”).
Il programma 2023
Il programma dell’edizione numero 36 prevede una ricca line up, e si articola in cinque giorni, dal 23 al 27 agosto prossimi, con un’anteprima il 22 agosto a Comacchio. Gli spettacoli tra le strade e le piazze estensi si terranno tutti i giorni a partire dalle ore 19 e coinvolgono oltre 150 artisti provenienti da tutto il mondo. Ogni sera, poi, dopo gli show, il centro storico ospiterà il “DopoFestival” nel suggestivo Parco Massari, con musica ed artisti dalla mezzanotte in poi. Non solo musicisti, dunque, ma anche giocolieri, acrobati, poeti, ritrattisti e funamboli trasformeranno il centro di Ferrara in un grande teatro a cielo aperto, portando in scena 250 spettacoli per grandi e piccini. Uno spazio importante in questa edizione sarà dedicato ai giovani, con artisti ventenni che hanno fatto del busking la loro filosofia di vita.
“Dove le parole non arrivano – diceva Beethoven – parla la musica”. Sipario.
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