Studenti italiani, in aumento le esperienze all’estero fra superiori e università

Negli ultimi decenni, è aumentato rapidamente in tutto il mondo il numero di studenti impegnati in programmi di scambio all’estero durante i propri percorsi formativi, soprattutto all’università. Secondo Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, il numero di studenti in mobilità internazionale nel segmento dell’istruzione superiore è cresciuto notevolmente.

Si è passati dai 300mila partecipanti nel 1963 ai 2 milioni nel 2000, fino ad arrivare ai 6 milioni nel 2019, una quota che però rappresenta solo il 2,6% della popolazione studentesca mondiale totale.

L’Italia è al primo posto fra i Paesi del programma Erasmus+ per numero di persone in partenza per attività di studio e formazione. La maggioranza delle partecipanti è donna, il 59% per studio e il 63% in tirocinio.

Gli studenti italiani all’estero in numeri

Anche in Italia i giovani che vanno a studiare all’estero sono sempre di più. Il numero totale degli studenti mobili, secondo l’Institute for Statistics dell’UNESCO, è pari a 84.449 unità, con un’incidenza dell’1.3% su totale. Ma dove vanno? Le mete più gettonate sono Regno Unito, scelto da 14.479 persone, Germania e Austria, che ospitano rispettivamente 10,820 e 9,185 studenti. Tra le destinazioni extraeuropee, gli Stati Uniti rappresentano la meta più ambita dagli italiani con 5.232 ingressi.

Più nel dettaglio, nella fascia d’età tra i 15 e i 17 anni, secondo i dati di Intercultura, gli exchange student partiti nell’anno scolastico 2022-23 sono stati oltre 1.700, approdati in oltre 60 Paesi. Più del 46% dei ragazzi ha scelto una destinazione europea, mentre il 22% ha scelto mete extraeuropee anglofone tra Usa, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Non mancano destinazioni più lontane con un 7% di studenti che ha scelto destinazioni asiatiche e il 24% latino americane.

Passando agli studi universitari, secondo l’ultimo Report annuale Erasmus+ pubblicato dalla Commissione europea, l’Italia è al primo posto fra i Paesi del programma, come numero di partecipanti in partenza per attività di studio e formazione in Europa. Nel 2021 sono stati quasi 74mila i partecipanti a progetti di mobilità di Erasmus+, segnando il primo posto per numero di persone in partenza tra i Paesi aderenti. Dall’avvio del programma Erasmus, nel 1987, il programma ha aiutato in totale 570mila studenti italiani a fare esperienza all’estero per studio e tirocinio.

L’Erasmus è donna

Secondo le ultime statistiche, lo studente Erasmus in Italia ha un’età media di 23 anni, che diventano 25 per un tirocinante. Nel 59% dei casi è una studentessa, valore che sale al 63% quando lo scopo della mobilità è uno stage in azienda. Spagna, Francia, Germania, Regno Unito e Portogallo sono i Paesi con i quali si effettuano più scambi per studio, con una permanenza media di 6 mesi. Gli studenti che svolgono tirocini in media restano invece in media 3 mesi e mezzo.

 

Business e buoni propositi

Tra gli studenti italiani di business, il 78% vuole studiare all’estero, secondo un nuovo rapporto del Graduate Management Admission Council (Gmac). 

Tra le località preferite dai potenziali candidati italiani alle scuole di business figurano il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Francia. Sono questi risultati che provengono dall’annuale Prospective Students Survey del GMAC per il 2023, che fa luce sull’evoluzione delle preferenze e delle tendenze dei futuri studenti in cerca di un’istruzione di business.

Questo dato è leggermente inferiore alla tendenza più ampia degli studenti europei, l’81% dei quali desidera studiare all’estero, con un aumento rispetto al 77% del 2022. L’attrattiva dell’Europa come destinazione per la formazione generale in management continua ad affascinare anche i candidati a livello globale, essendo la prima destinazione di studio per i candidati del Medio Oriente e dell’Africa. Nel frattempo, gli Stati Uniti sono la destinazione principale per i futuri studenti del Nord e del Sud America, nonché per quelli dell’Asia e delle isole del Pacifico. Il 90% dei candidati nordamericani desidera infatti studiare nel proprio Paese.

Per quanto riguarda i futuri percorsi di carriera, la ricerca ha rilevato che l’aspirazione più comune è quella di lavorare per un’azienda che permetta di viaggiare all’estero, obiettivo che il 36% delle domande ha evidenziato di voler perseguire. Il 28% ha dichiarato di voler utilizzare i propri studi di business per diventare amministratore delegato. Come in altri Paesi europei, la consulenza è il ruolo più ambito dai candidati italiani, mentre la contabilità è il primo settore in cui vorrebbero entrare.

Gli effetti dello studio all’estero

I benefici di un periodo passato a studiare all’estero non si esauriscono nel bagaglio di esperienze fatte fino a quel momento: maggiore consapevolezza, competenze linguistiche e più spiccate capacità di comunicazione interculturale, come già osservavano gli studiosi Julia Zimmermann e Franz J Neyer nel 2013.

I vantaggi si proiettano anche nel mercato del lavoro. Nel 2017, l’Institute of International Education, dimostrò che studiare all’estero ha un impatto diretto sulle competenze necessarie per il successo professionale e porta a “guadagni significativi in 11 delle 15 competenze critiche sul posto di lavoro del 21° secolo”. Soft e hard skill identificate come tra le più desiderate dai datori di lavoro di oggi e per cui lo studio all’estero si è dimostrato utile e rilevante. Uno dei risultati della ricerca è che: “periodi più lunghi di studio hanno un forte impatto sulle successive offerte di lavoro e sullo sviluppo della maggior parte delle competenze. I programmi a breve termine sono più efficaci nello sviluppo delle capacità di lavoro di squadra“.

I benefici per le donne

Ma c’è di più. Per quanto riguarda le donne, la partecipazione a programmi di studio all’estero durante il percorso universitario ha un effetto positivo quantificabile sui guadagni post-laurea. È quanto hanno dimostrato Zhanylai Asankulova e Stephan Thomsen nella loro ricerca Studying abroad experience and the wages of females.

L’analisi stima rendimenti finanziari positivi per le donne laureate a 1 e a 5 anni dopo la laurea. La differenza nei guadagni è del 3,2% al momento dell’ingresso nel mercato del lavoro con una forbice salariale che tende ad aprirsi ulteriormente nel tempo. Il conseguente aumento nei guadagni è di circa il 4,0% per le ex-studentesse viaggiatrici 5 anni dopo la laurea.

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