Vino, Donnafugata tra la tradizione del passato e le sfide del futuro

Gabriella Favara ha il nome della nonna che cita con grande naturalezza, sin dalle primissime battute. Alley oop la incontra in un pomeriggio d’estate, per provare a raccontare chi sono le “Donne fugate” che hanno dato vita a una delle realtà d’eccellenza del settore vitivinicolo siciliano.

Donnafugata da molti decenni è sinonimo di cantine e vini. Come nasce questa realtà?

Nasce principalmente da un desiderio. A dar vita a tutto sono stati i nonni Giacomo e Gabriella Anca Rallo, la loro voglia di rinnovare lo stile e la percezione del vino siciliano nel mondo. La mia famiglia possedeva cantine storiche, Giacomo era la quarta generazione, 170 anni di esperienza nella produzione del Marsala. La svolta arriva nel 1983, quando la nonna decide di lasciare la vita che aveva sempre vissuto e comincia a inventarsi un futuro da imprenditrice. E’ così che nasce  Donnafugata, da una vera pioniera.

Oggi siamo alla quinta generazione, dai vini dolci ai vini da pasto, la mamma José è a capo dell’azienda e con lei lo zio, suo fratello Antonio. Da qualche mese ho fatto ingresso in azienda anche io. Ho completato gli studi, il master, e i primi anni di esperienza nel campo dell’industria dolciaria nazionale; oggi sono parte del team, con la voglia di mettere a disposizione la mia esperienza.

Una proiezione, un salto che si deve a una visionaria. E la scelta del nome, evocativo e letterario, a cosa e a chi è dovuta?

Sempre a Gabriella, anche questo si deve alla nonna. E’ lei che si è ispirata al Gattopardo, il romanzo di Tomasi di Lampedusa, alla storia della regina Maria Carolina che, in fuga da Napoli, venne a rifugiarsi nei terreni che oggi ospitano i nostri vigneti. Posso aggiungere un aneddoto che in famiglia amiamo raccontarci: il nonno vedeva con qualche perplessità la scelta del nome – “un nome buono per un profumo”, diceva – fin troppo femminile per il capo di un’azienda. Fu la nonna a insistere, “non dovrai essere tu a presentarti al mondo come il signor Donnafugata, ma sarò io ad andare in giro e sarò io la signora Donnafugata!”. Si rivelò la scelta giusta, un nome di successo.

Il legame tra Donnafugata e le donne è perciò inscindibile. Ma se volessimo conoscerle meglio, chi sono le “Donne fugate”? E quanto c’è dell’emancipazione femminile nella vostra storia?

C’è molto, certamente. L’azienda si fonda sulla volontà e sulla determinazione delle “donne fugate”. La prima è la nonna Gabriella, ovviamente. La sua è una fuga creativa, è positiva, una fuga in avanti, verso il futuro guardando alla qualità. E’ lei che dà vita a una comunicazione innovativa nel settore del vino, nasce con lei l’idea delle etichette d’autore. Poi c’è la mamma, i suoi studi fuori e le prime esperienze professionali lontano da casa.

E infine lei che entra in azienda nel 2022. 

Esattamente, poi c’è la mia generazione. Anche io sono andata via per imparare, apprendere, fare i primi passi e poi tornare, al vino, alla storia di famiglia, portando in azienda il mio personale contributo.

E quale immagina possa essere il suo tratto distintivo, cosa vuole dare a Donnafugata? E cosa eredita dalla nonna e dalla mamma?

Entro nella squadra occupandomi principalmente di hospitality, nelle cantine di Marsala: lo scorso anno Donnafugata ha accolto 25 mila di visitatori. Ma sto maturando le mie sfide: intanto avvicinare i giovani al mondo del vino, coinvolgerli usando i più attuali mezzi di comunicazione, mi interessa che si aprano alla cultura del “bere bene”. E poi investire su esperienze multisensoriali che facciano incontrare le diverse realtà del territorio, vino, enogastronomia. Sono tornata per l’amore che mi lega alla mia terra che voglio promuovere al meglio. Quell’amore viene da loro, come la sartorialità che contraddistingue da sempre ciò che facciamo.

Quali sono i progetti che possono rappresentare più spiccatamente lo spirito dell’azienda?

Ancora una volta la promozione del territorio. Lo dimostrano le nostre tenute. Le nostre cantine e le nostre vigne sono ormai in molte zone dell’isola. Dopo Marsala e contessa Entellina che sono i vigneti storici, ci sono quelli sull’Etna, a Pantelleria, a Vittoria nel ragusano. Il tutto senza uso di diserbanti e concimi chimici, con una gestione eco-sostenibile delle attività agricole.

Abbiamo raccontato quanto l’azienda debba all’iniziativa femminile. Ma oggi quante donne impiega?

Le donne sono per lo più nelle cantine, nel settore commerciale, ci sono le enologhe e poi le posizioni di leadership che si aggirano intorno al 43%; nei vitigni invece, dove il lavoro è agricolo, ancora la presenza è prettamente maschile.

Avete pensato a servizi per le donne che lavorano per voi? Mi riferisco ai nidi, ad esempio.

Ancora no. Probabilmente non abbiamo sentito l’esigenza, perché la nostra è stata sinora una realtà di tipo prettamente familiare. Non mancheremo di farlo, le pari opportunità sono il nostro impegno, come lo sviluppo manageriale alla pari.

Con Donnafugata si portano in tavola vini profumati, varietà autoctone, il territorio in tutta la sua ricchezza. Ma c’è un aspetto che non è secondario. Mi riferisco alle etichette d’autore, ai richiami all’arte e alla letteratura, alla musica all’alta moda. È una narrazione precisa della Sicilia quella che volete proporre con i vostri prodotti. Qual è il messaggio?

Certamente sì, e lo è sin dal principio. Le etichette d’autore furono una intuizione di nonna che incontrò un artista – Stefano Vitale – che non aveva mai fatto quel genere di opera. Era il 1994. Poi la mamma, la passione dei miei genitori per la musica brasiliana da cui il Donnafugata Music&Wine, per una nuova maniera di unire degustazione e note. E infine la moda, che sposa in pieno, con Dolce&Gabbana, la nostra artigianalità.

Il vostro vino va nel mondo da molti decenni, esportare Donnafugata cosa significa?

Significa portare la Sicilia nel mondo, il made in Sicily declinato a modo nostro, con il nostro fare sartoriale.

Quest’anno per voi è un anniversario importante, il 40esimo è tempo di bilanci. Lei come immagina i prossimi 40 anni di Donnafugata?

Un anniversario con un bilancio più che positivo. E nei prossimi 40 anni vedo Donnafugata intenta a legare sempre di più il vino alla cultura, alla storia del territorio, il nostro marchio a fare da ambasciatore dell’isola nel resto del mondo. Cultura arte e territorio, è questo connubio ciò che vedo.

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