Una fila di maglie e caschetti colorati si muove per le strade con un ritmo tutto suo: ora il rosso supera il giallo, il verde invece tiene il passo del violetto. Sono le donne della Mia Women Ride, il viaggio in bici sulla ciclovia Aida promosso da Witoor, Fiab e Cicliste per caso. Parliamo di un itinerario ciclabile che congiunge il passo del Moncenisio a Trieste, attraversando tutte le città dell’Alta Italia (da cui deriva il nome, Alta Italia Da Attraversare) come Torino, Vercelli, Novara, Milano, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Venezia, Pordenone e Udine.
Per tre giorni una comunità di appassionate della bici ha pedalato da Verona a Milano, attraversando città e borghi con un bagaglio leggero sulle spalle. E forse lo stesso si può dire del loro cuore, perché è questo che succede quando si mettono insieme le emozioni lungo la strada. Anche Alley Oop ha viaggiato con le altre 174 partecipanti che abbiamo raggiunto a Desenzano del Garda alla partenza della seconda tappa.
La Mia è arrivata qui dopo aver completato la traccia iniziata a Verona con i primi 60 chilometri. Al nostro arrivo sono tutte in postazione, e allora anche noi prepariamo le borse laterali della ebike Garda South Cycling e fissiamo il numero 32 sul manubrio. Dopo la foto di rito sulla riva del lago avviamo il percorso che alla fine dei 90 chilometri giornalieri ci porterà a Romano di Lombardia. Procediamo lungo la strada tenendo la fila, per poi ritrovarci l’una al fianco dell’altra a scambiarci impressioni sulla salita appena superata o sulla pausa al primo ristoro della giornata.
Tra di noi ci sono anche le Cicliste per caso che girano il mondo in bicicletta. Linda e Silvia ci raccontano per esempio dell’ultimo viaggio in Namibia, al punto che percepiamo la fatica della spedizione provando al tempo stesso forte gratitudine perché la loro esperienza ha smesso di essere un fatto personale ed è diventata un esempio per chi ha ancora paura di lasciarsi dietro i luoghi comuni per intraprendere un viaggio da sola. E quelli che all’inizio sono discorsi che si addicono a perfette sconosciute, dopo qualche miglio diventano piccole epifanie. Le confessioni che si riescono a fare in bicicletta hanno una fenomenologia particolare: non c’è imbarazzo o titubanza nel lasciarsi andare quando si decide di pedalare insieme, perché questo presuppone un atto di fiducia che non va tradito. A dispetto di chi pensa che il ciclismo sia uno sport da solista, quando si fanno girare le ginocchia e si procede in gruppo le altre compagne diventano piuttosto una comunità a cui appartenere e dedicare i risultati migliori, pur sapendo che anche gli errori saranno perdonati.
Mentre seguiamo la traccia che collega Desenzano a Romano di Lombardia attraversiamo diversi comuni: Brescia ci accoglie con la sua cattedrale e i vicoli del centro storico che fanno subito capire perché sarà Capitale italiana della cultura 2023, Pontoglio invece è un tripudio di palloncini e striscioni dedicati a noi. Ci sentiamo chiamare dalle vie e dai balconi: pensare che tutti qui abbiano trascorso giornate intere prima del nostro arrivo a preparare questa accoglienza è commovente, perché stanno dimostrando di credere in te, hanno occhi, urla, braccia, muscoli che si agitano solo per te. E allora ingraniamo anche se avvertiamo il fiato che si spezza, cambiamo marcia e proviamo a respirare meglio.
Per le strade riceviamo il sostegno di tante, ma anche lo stupore di tanti. Sono infatti quasi tutti uomini quelli che ci chiedono cosa stiamo facendo e soprattutto se ce la facciamo a pedalare per tratti così lunghi. No, queste non sono affatto premure a cui guardare con tenerezza. Si tratta piuttosto di uno dei motivi che ha spinto la messa a punto di un viaggio per donne che hanno così la possibilità di esplorare il mondo dimostrando che hanno energia e voglia di farlo, senza paura di essere da sole lungo la strada.
D’altronde la Mia per certi versi ricorda i primi club femminili che offrivano l’opportunità di viaggiare in compagnia intorno agli ultimi anni dell’Ottocento. Imprese come quella di Annie Londonderry, che nel 1895 fece il giro del mondo in bici, dimostrarono che le donne non erano da meno degli uomini e che potevano conquistare un nuovo spazio che prima era loro precluso. Quanto a noi invece, ai sorrisi di chi credeva che non saremmo state capaci di arrivare alla fine della traccia, abbiamo risposto piuttosto con il desiderio di condividere un pezzo di strada insieme, sentendoci una squadra pronta a prendersi la sua vittoria.
L’arrivo a Romano di Lombardia ha rappresentato l’occasione per sublimare una felicità collettiva, che si è alleggerita dal significato di mero traguardo ed è valsa come esercizio per credere in noi, anche quando qualcuna è rimasta indietro. La Mia aiuta a essere indulgenti con sé stesse e a capire che spesso si ha bisogno di andare lontano, anziché correre. E per riuscirci occorre stare insieme. Romano di Lombardia è in piena festa medievale al nostro arrivo: mentre noi sfiliamo per il centro storico, figuranti in abiti d’epoca fanno la riverenza ai passanti.
Sembra di essere entrati in un’altra dimensione e da qui, il mattino dopo, ripartiamo per i restanti sessanta chilometri che ci separano da Milano. Ci eravamo abituate ai paesaggi della Franciacorta, a tutto quel verde che, fragile, resiste all’autunno. La Martesana non è da meno, con le sue foglie che suonano al passaggio delle biciclette e le piante che si prendono tutto lo spazio che possono. Noi che passiamo lungo il Naviglio sembriamo pioniere di dimensioni più sostenibili, dove ci si muove in bicicletta o a piedi, con quella velocità che aiuta a riconoscere le cose per davvero. E così guardiamo Milano come se non l’avessimo mai vista prima: non è quella delle foto mainstream o dei cliché che la vogliono grigia e austera. Per ognuna di noi ha un dettaglio da svelare che ci portiamo dietro fino all’Arco della Pace, il nostro traguardo. Ci ritroviamo allora tutte qui, dove ci aspettano le altre cicliste in testa al serpentone.
La Mia Women Ride è un’intuizione vincente non soltanto per la sua vocazione sportiva, ma anche perché rappresenta una nuova modalità di racconto del territorio che mette insieme viaggio, sostenibilità e salute. Insomma, alla fine sul podio saranno pur salite Fiore e Olga in qualità di partecipanti più e meno giovane. Ma la verità è che siamo davvero in tanti a esserci portati a casa una qualche indimenticabile vittoria: prima fra tutte la consapevolezza che alla bicicletta non potremmo mai rinunciare.
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