Le evidenze continuano a dimostrarlo: è necessario avvicinare le bambine agli studi STEM. È fondamentale per il loro futuro, per chiudere il gender gap. Ma anche perché conviene alle aziende, agli Stati, alla società.
A livello mondiale oggi il tempo necessario per colmare la differenza di genere è aumentato di una generazione. Secondo il World Economic Forum ci vorranno 135,6 anni rispetto ai 99,5 stimati fino a qualche tempo fa. Nel mentre, sta crescendo in modo esponenziale la domanda di professionisti da impiegare nel settore tecnologico. Un incremento che, secondo McKinsey, sarà del 55% entro il 2030.
In una situazione globale in cui le donne perdono il lavoro con una velocità almeno doppia rispetto agli uomini, dove milioni di ragazze e bambine in più rispetto ai fratelli e compagni restano sotto la soglia della povertà, non è sufficiente cercare la soluzione (solo) negli anni di vita lavorativa attiva. Bisogna intervenire prima.
È allora certo una buona la notizia che il comparto ICT offra sempre maggiore opportunità di lavoro. Per produrre il cambiamento è altrettanto positivo che crescano la consapevolezza e il dibattito attorno al problema. E aumenti anche una coscienza condivisa della connessione tra l’accesso agli strumenti e la possibilità di emanciparsi di bambine e ragazze. Tra la loro esposizione precoce alle materie STEM e la speranza di migliori condizioni di vita. A questo però non corrisponde ancora un adeguato coinvolgimento delle giovani generazioni nel settore e quindi, in parte in conseguenza di ciò, scarseggiano già oggi i profili adatti a occupare le posizioni aperte. In Europa, per esempio, siamo lontani dall’obiettivo di coprire entro il 2030 i 20 milioni di posti di lavoro previsti nel settore ICT. Questo sia per il ritardo nella digitalizzazione che per la mancanza di data scientist, esperti di AI e Could Computing.
Sembra rivestire un ruolo particolare quindi il binomio bambine/ragazze e tecnologia. Soprattutto alla luce del fatto che nel mondo solo il 57% di donne (contro il 62% degli uomini) utilizza internet, a causa di uno scarso accesso all’infrastruttura e agli strumenti e anche per il senso di poca sicurezza che ne accompagna l’uso. Come su una spirale discendete, le bambine sono meno esposte al digitale, le ragazze restano meno propense a studi e carriere in ambito scientifico, matematico, tecnologico. E crescono impreparate per occupare gli spazi offerti dalle professioni ICT o sfruttare le potenzialità che l’innovazione offre. Rimangono poi poco competitive quando entrano nel mondo del lavoro. Sempre che non restino proprio escluse dai servizi essenziali e dall’informazione.
L’impegno di alcune aziende
Siamo lontani da un cambiamento radicale e diffuso, ma non si darebbe un quadro completo della situazione se non si desse credito alle realtà del tech che da tempo lavorano per invertire la rotta. Già a partire dal loro interno. Intervenendo sulla cultura aziendale, adeguando le occasioni offerte – sia per i dipendenti che nel cercare nuovi profili da assumere –, favorendo una condivisione degli impegni per la parità con il management, la leadership, e all’interno dei team di lavoro.
Un esempio in questo senso è il percorso di Primeur Group, multinazionale italiana impegnata in servizi di data integration. Lo chiarisce bene Maria Letizia Manfredi, HR Director della società. “Mentre continuiamo a crescere (ci proponiamo di) ridurre il gender gap diventando un esempio per il settore ICT. Sappiamo che la strada è lunga ma la base di partenza è buona visto che attualmente circa un terzo della forza lavoro è rappresentato da donne: il doppio della media italiana […] Ci impegniamo a promuovere un ambiente di lavoro inclusivo, rispettoso, equo in grado di garantire le stesse opportunità a tutti e tutte. Non solo in fase di selezione ma anche durante tutto il percorso di carriera”.
Oltre ai numeri e alle proiezioni per il futuro, a guardare bene insieme a una maggiore attenzione “dall’alto”, non manca anche il desiderio di cambiamento a partire dalle dirette interessate. Lo segnalava Doreen Bogdan-Martin, direttrice del Telecommunication Development Bureau di ITU (International Telecommunication Unit) delle Nazioni Unite in occasione della Girls in ICT Day di quest’anno. “In tutto il mondo bambine e giovani donne vogliono prendere parte alla rivoluzione digitale. Se togliamo le barriere di accesso e sicurezza, potranno dare un contributo notevole ed emanciparsi grazie all’ICT. Per metterla in parole semplici: tech need girls, and girls need tech”.
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