“Una rondine non fa primavera, né la fa un solo giorno di sole” scriveva Aristotele nella sua Etica Nicomachea. A poco più di un mese dalla conferenza stampa di presentazione del Jova Beach Party, Lorenzo Cherubini sembra voler riscrivere questo antico adagio. Con rispetto, seguendo l’istinto di un cuore eternamente in movimento. Vestito di costumi sgargianti degni della miglior commedia dell’arte, Jovanotti canta la primavera in inverno. E rivoluziona il fluire delle stagioni.
“La primavera”, primo tassello di un mosaico chiamato Disco del Sole
Lo aveva detto: “Il supporto fisso non ha più senso. Ormai la musica viaggia in rete”. La promessa è stata mantenuta. La rivoluzione è iniziata. Dopo l’uscita de IL BOOM – risveglio di corpo e anima dal torpore della pandemia – arrivano i primi 5 brani solo in digitale del lavoro che Lorenzo ha battezzato Disco del Sole, prodotto con Rick Rubin in un luogo isolato tra l’Appennino e il mare: La primavera, I love you baby, Un amore come il nostro, Tra me e te, Border jam. “La primavera” è il primo tassello di un mosaico: i primi 5 episodi di una stagione musicale senza uno schema definito. Libera, come libero è il flusso di creatività che scorre. Mese dopo mese, settimana dopo settimana.
Per gli addetti ai lavori, il Disco del Sole è un nuovo modo di fare musica nel panorama discografico attuale. Non per Jovanotti però, che nel suo DNA ha impressa la capacità di surfare le onde del mercato musicale da più di 30 anni. Dopo aver diversificato la produzione più di una volta, incontrando sempre il favore del pubblico: “Insieme a Rick ‘mangiafuoco’ Rubin – racconta Lorenzo – abbiamo aperto questo calderone dove avevo accumulato idee in modo del tutto istintivo. Senza pensare a niente. Completamente scollegato da tutto ciò che non fosse un enorme sentimento di Amore e voglia di vita. Aria, luce, ritmo, allegria, batticuore, avventura.”
La creatività di Jovanotti accarezza Battiato e canta il sole. Fa suonare ballate d’amore, anima la festa e crea marmellate di sogni
La creatività di Jovanotti è un dono. E come un buon rosso di Montalcino, che più invecchia e più diventa gustoso al palato, ogni nuova produzione che esce dalla fortezza Cortonese porta con sé un’intensità emotiva che negli anni non si è mai placata. Ma è cresciuta e maturata in botti buone aspettando il tempo migliore per l’imbottigliamento. Un esempio? Per promuovere “La primavera” a Roma e Milano, Lorenzo ha bypassato i classici cartelloni pubblicitari. Optando per omaggiare con mele e arance biologiche tutti coloro che passeggiavano nelle due città. In linea con il sentimento ecologico promesso (e promosso) con il Jova Beach Party.
Il sole, da sempre uno degli elementi ricorrenti nei testi del Barone di Münchhausen toscano, oggi è più che mai sinonimo di rinascita: “LA PRIMAVERA esce all’inizio dell’inverno – spiega Lorenzo – come una dichiarazione di intenti. E’ un pezzo nato da una demo strumentale che ho ricevuto da Noochie Rigano e Riccardo Onori, miei collaboratori da tanti anni. Avevo due strofe appuntate su un cellulare. Le ho cantate sulla base ed è nato il ritornello, così come nasce un fiore selvatico. Poi l’ho lasciata lì. Era una primavera non addomesticata, un qualcosa con un alone di mistero. Quando Rick l’ha ascoltata ha voluto entrarci dentro e mi ha chiesto di provare a cantarla in modo diverso, senza spingere. Ho pensato a Battiato. Questa canzone è un fiore per lui.”
Ma non sarebbe primavera senza una ballata d’amore. Così Jovanotti ne fa suonare due. Diverse per sentimento, musicalità e pathos. Ma dallo stile inconfondibile. Un amore come il nostro gioca a carte scoperte, “alla luce del sole” sarebbe il caso di dire. Mettendo a nudo il cuore innamorato che sorride come il sole nei disegni dei bambini: “L’estate scorsa ero a Milano con mia moglie e mia figlia – racconta ancora Lorenzo – e dalle casse suonavano i Green Day, che io e le mie ragazze adoriamo. Poi è partita Something Stupid dei due Sinatra. Mia figlia mi ha detto che dovevo scrivere una canzone così. Ho preso la chitarra e ne ho scritta una di getto che un po’ le somigliava. Provando a giocare con le parole, che mi uscivano naturali insieme alla melodia. Erano vere. Avevano forza. Le ho tenute. Tra l’autunno e l’inverno ho registrato. L’ho suonata in famiglia a Capodanno 2021. Alle ragazze è piaciuta. Buon anno, avanti tutta.”
Tra me e te, invece, è un diamante prezioso. Fatto di pochi accordi e tanti archi. Un brano capace di suscitare un’intensa emozione e una totale partecipazione fin dal primo ascolto: “La lei del brano non è con me mentre canto – continua Jovanotti – ma è con me nel senso più profondo. Occupa ogni mia cellula. Forse non è il tempo giusto per canzoni così. Ma a me non importa. Mi piace. Rick mi ha proposto di non suonarla in acustica, così abbiamo inserito solo una linea di violoncello grazie a Davide Rossi. Che mi ha chiesto di dargli un’indicazione dell’intensità. Gli ho risposto di far suonare Bach.”
E non sarebbe Jovanotti senza la sua festa. Sono passati tanti anni da brani iconic come E’ qui la festa, Vasco e Non m’annoio. Solo per citarne alcuni. Ma la festa rimane un altro elemento cardine del patchwork di Lorenzo. I love you baby è strumentalmente psichedelica. Potente come un fuoco d’artificio: “Lo ammetto, sono pazzo di questo pezzo. Non è elegante dirlo ma è così. Se lo avesse fatto un altro gli avrei fatto la ola. Per fortuna l’ho fatto io. Certe emozioni bisogna tirarle fuori ballando, agitando le braccia, alzando il volume.”
E poi c’è Border jam. Dove si salta. Ci si agita. Si battono i piedi e si alzano le mani al cielo. E’ energia allo stato puro. Si muove da dentro, passa dai muri e butta giù le porte. E’ una botta di vita e rock ‘n’ roll e Jova la racconta alla sua maniera: “Questa canzone parla di un sogno, anzi, balla un sogno. E’ una festa per sognatori. Non è un manifesto, è una jam. Una marmellata. C’è dentro il carnevale, l’Africa, i Clash, la California, il Jova Beach Party, New Orleans, i Balcani, il Mediterraneo.”
L’uscita dei cinque brani è stata accompagnata da un corto girato dal regista Tommaso Ottomano e ambientato nel foyer del Teatro Grande di Brescia. Nel video esplodono i colori e si racconta la primavera come un sentimento interiore: bella, spensierata, allegra e gioiosa. Tanto da farci rischiare tutto quello che abbiamo pur di respirarla. Se Rossini con la musica evocava i cinque sensi, Jovanotti con la primavera li farà fiorire.
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