“Quando una prospettiva si allarga, è sempre una grande emozione. Lo spazio offre sempre un’opportunità perché qualcosa accada per la prima volta”, anche se questo ci fa realizzare quanto piccoli siamo, “una scintilla in un universo indifferente”.
La visione di noi da una distanza di anni luce viene da Ersilia Vaudo Scarpetta, chief diversity officer dell’ESA, l’agenzia spaziale europea. L’occasione per parlare di una prospettiva diversa da cui leggere il nostro presente e il nostro futuro è stato il confronto organizzato da Alessia Mosca dal titolo “Guardiamo in alto e pensiamo in grande”.
Lo spazio come opportunità di uscire dalla propria comfort zone, di ampliare la visione sul presente che ha cambiato tutti i punti di riferimento. E chi meglio di Vaudo poteva portarci a spasso per nuove strade inesplorate: forse mai come oggi la foto “Earthrise”, scattata sei mesi prima dell’allunaggio del 1969, o “Pale Blue Dot”, l’ultima immagine inviata sulla terra dalla sonda Voyager 1 nel 1990, aiutano a creare una visuale diversa. La nostra casa dopotutto non è che un puntino illuminato da una fascia di luce del Sole, in una immensità di vuoto buio e silenzioso.
Da questo pensiero di immensità, Vaudo ha suggerito poi un altra lettura della condizione attuale di restrizioni, incertezze, fragilità. Nello spazio, osservare lontano, in distanza, significa guardare indietro. Più distante si guarda, più indietro nel tempo si va. Il tempo, allora, si dilata: guardiamo passati diversi mentre oggi progettiamo i passi che faremo nei prossimi decenni oltre la superficie terrestre.
Se l’astrofisica, da tempo impegnata anche a promuovere iniziative di avvicinamento delle ragazze alle materie STEM – tra cui il campus “Forcella Brilla” tenutosi la scorsa estate nel quartiere di Napoli – ha offerto una digressione ispirata dal passato per lanciarci oltre il nostro presente, Gianluca Dettori, chairman di Primomiglio Sgr, ha raccontato invece quanto il futuro fuori orbita sia già concretamente in movimento. Proprio in termini di pianificazione, produzione e investimenti.
Nota è la parabola di Elon Musk, diventato da pochi giorni l’uomo più ricco del mondo. Per le sue idee sull’esplorazione dell’universo, in pochi anni è passato dall’essere “il miliardario visionario” al responsabile principale del rilancio della corsa verso lo spazio. Ma se la sua SpaceX riempie ormai i giornali di tutto il mondo, tutto il settore è in realtà vivacissimo. L’Italia in questo frangente può cogliere grandi opportunità: possiede infatti una filiera già pronta e all’avanguardia per la ricerca e la fornitura di prodotti, dalla meccanica di precisione ai software.
D’altra parte il nostro Paese è la terza nazione, dopo Urss e Usa, ad aver mandato in autonomia un satellite nello spazio; è al terzo posto fra i contribuenti dell’Agenzia Spaziale Europea, di cui è fra i fondatori, e al primo per numero di astronauti attivi. Il settore, poi, a livello industriale è particolarmente vivace e conta circa 250 imprese che danno lavoro a 7000 persone (+15% negli ultimi 5 anni) e nel 2019 hanno prodotto un fatturato attorno ai 2 miliardi di euro.
In occasione della riunione ministeriale dell’Agenzia spaziale europea, che fissa obbiettivi e finanziamenti per gli anni successivi, l’Italia ha addirittura rincarato le proprie ambizioni extraterrestri e ha messo sul tavolo 2 miliardi e 288 milioni di euro, la sottoscrizione più alta di sempre (e il 16% dei fondi complessivi dell’Esa).
In questo contesto si inserisce il lancio di PrimoSpace, il primo fondo italiano di investimenti “nel settore aerospaziale” gestito da Primomiglio, come ha spiegato Dettori. D’altra parte a livello globale la space economy aveva a fine 2018 un valore di 360 miliardi. Una cifra che si stima possa salire a 1,5-3 mila miliardi di dollari nel 2040. Un’occasione che il nostro Paese non può perdere.