Asvis: formazione e lavoro per contrastare la violenza economica

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Donne che non hanno accesso a un conto corrente, che non hanno nessuna dimestichezza con gli strumenti finanziari o che vengono convinte dal partner ad abbandonare il lavoro e stare a casa, magari lavorando nell’azienda di famiglia, senza retribuzione. La violenza economica, una forma di violenza più subdola e meno evidente di quella fisica, si mostra sotto varie forme. E spesso accompagna, o precede, la violenza fisica.

C’è un’altra grave forma di discriminazione nei confronti delle donne. Ed è quella che si manifesta come ritorsione da parte del partner che si vendica economicamente sulla donna in fase di separazione o quando la donna ha avviato un iter di denuncia nei confronti dell’uomo maltrattante.  Di violenza economica, e non solo, si è parlato all’Evento Asvis, all’interno del Festival della sostenibilità, dedicato al Goal 5 dell’Agenda 2030, cioè la parità di genere.

La violenza economica resta nell’ombra, spesso la donna non è consapevole

La violenza economica è un aspetto della violenza di genere che rimane più nell’ombra, che non finisce nei capi di imputazione in tribunale, di cui neanche la donna ha consapevolezza, ma  che si può combattere, partendo soprattutto dal mondo del lavoro, rendendo la donna indipendente. La strada da percorrere è ancora lunga: secondo i dati emersi nel World Economic Forum, gli uomini guadagneranno più delle donne (gender pay gap) ancora per 202 anni. Inoltre, stando all’ultimo rapporto del Comitato sociale ed economico europeo di Bruxelles, a livello globale si perdono 140 trilioni di euro l’anno per la mancata partecipazione appieno delle donne al mondo del lavoro.

Cambiare la cultura e puntare sulla formazione finanziaria

Oltre ad agire sul lavoro, è emerso alla tavola rotonda Asvis, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, bisogna cambiare soprattutto la cultura patriarcale alla base di tutte le forme di violenza sulle donne. Occorre poi puntare  sulla formazione delle donne, in particolare sulla formazione finanziaria, e sull’innovazione tecnologia che è amica delle donne, ma a patto che sia inclusiva. In più, come ha sottolineato la sottosegretaria al Mef, Maria Cecilia Guerra, occorrono politiche ad hoc per rendere davvero paritario l’accesso delle donne al mondo del lavoro,  agendo cioè sui servizi necessari alla famiglia, sugli asili nido, sui congedi parentali, aiutando le donne nelle attività di cura di cui spesso si fanno carico.

Distinguere tra violenza economica e conseguenze economiche della violenza

La violenza economica necessita, d’altronde, anche di un quadro normativo più preciso. Secondo  Fabrizio Fìlice, giudice per le indagini preliminari al tribunale di Vercelli, bisogna innanzitutto distinguere “tra la violenza economica come forma di manifestazione della violenza di genere e domestica, presa in considerazione anche dalla Convenzione di Istanbul e dalla Direttiva 2012/29/UE, e, dall’altro lato,  le conseguenze economiche della violenza. Sotto il primo aspetto il reato di maltrattamenti in famiglia potrebbe essere integrato dalle condotte economicamente sensibili ( accentramento della gestione patrimoniale, controllo di spesa, instillazione di sensi di colpa in relazione alla differenza di retribuzione, in eccesso o in difetto)”. Per quanto invece riguarda il secondo aspetto, Filice ha invece rimarcato “le difficoltà che insorgono nel momento in cui le vittime, dopo la denuncia, accedono ai percorsi di protezione e istituzionalizzazione; sono scarsi i rimedi a disposizione e occorre lavorare sul miglioramento dei programmi di assistenza di Servizi del territorio e dei Centri anti violenza”.

Donne scoraggiate a fare impresa, agire su training e sostegni ad hoc 

C’è, inoltre, ancora strada da fare anche per quanto riguarda l’accesso al credito delle donne. Secondo i dati presentati da Magda Bianco, capo del dipartimento tutela della clientela e educazione finanziaria della Banca d’Italia, le imprese femminili sono cresciute di più di quelle maschili, sono più attente alla sostenibilità e migliori pagatrici. Tuttavia, secondo i dati di un rapporto Unioncamere, le imprese maschili hanno un accesso al credito superiore rispetto a quelle femminili (22% rispetto a 27%) e una minore percentuale di rigetto delle domande (10,8 contro 13,4%).  Per ridurre le discriminazioni, ha spiegato Bianco, occorrono azioni positive mentre per far diminuire l’effetto scoraggiamento bisogna ricorrere al training e a sostegni ad hoc. Tra le azioni positive ci sono le quote di genere negli organi di amministrazione e controllo delle banche quotate, anche se, ha sottolineato Bianco, “c’è stato ancora un limitato spill over sulle non quotate”. Come sostegno specifico occorre far leva su finanziamenti, fondi di garanzia, protocolli ad hoc.

Sì a innovazione e smart working a patto che siano inclusivi

Intanto, con l’emergenza Covid, un nuovo modo di lavorare e nuovi equilibri sembrano spazzare le vecchie distribuzioni dei ruoli.  Occorre dunque fare i conti con nuovi strumenti digitali e con l’innovazione tecnologica.  “Lo strumento tecnologico – ha spiegato Mario Calderini, professore di Innovazione Sociale al Politecnico di Milanonon è né buono né cattivo”, l’importante è che sia pensato per essere inclusivo. Il caso dei crash test che venivano fatti solo con manichini dalle sembianze maschili, ha esemplificato il professore, non è certo l’esempio di un uso inclusivo della tecnologia. Quanto allo smart working, bisogna distinguere tra quello pre Covid e quello post Covid, attuato nell’emergenza, che spesso ha penalizzato le donne per il diverso carico di distribuzione del lavoro in casa.  Anche su questo fronte, dunque, occorre un ripensamento.

Un nuovo protagonismo femminile nelle scelte strategiche per il rilancio

In questo scenario in forte trasformazione nel post Covid, i fondi europei in arrivo per la ripresa potrebbero però essere un’occasione per ridurre le disparità di genere, terreno fertile anche per la violenza economica. “La fase attuale – ha concluso Dora Iacobelli, co-coordinatrice del gruppo di lavoro Goal 5 dell’Asvis – è un occasione per il Paese di cambiare passo sul fronte dell’eguaglianza di genere. E’ necessario un protagonismo femminile nella scelta delle direttrici strategiche per il rilancio, destinando parte delle risorse messe a disposizione dall’Europa per ridurre il gap di genere“.

  • Raffaella Cattarin |

    Troppo spesso quei lavori svolti in prevalenza dalle donne ad esempio le oss nelle case di riposo gestiti in modo particolare dalle cooperative e non solo, sono lavori faticosi sottopagati, arrivano a percepire poco più di 800. Euro. E’ vergognoso schiavizzante, con la complicità delle istituzioni che lo sanno, sindacati compresi. È inutile fare finta di non sapere!!

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