Il tema delle ludopatie deve riguardare anche le pubbliche amministrazioni, specie quelle piccole. Ne è convinta Simona Neri che interviene in Toscana e non solo, cercando di sensibilizzare le comunità sulle politiche di contrasto al gioco d’azzardo. Ha iniziato a occuparsi di ludopatie quando, al suo primo mandato da sindaca nel 2014 nel comune di Pergine Valdarno – ora Comune di Laterina Pergine Valdarno – fece la sconvolgente scoperta che i dati della raccolta “gioco” nel suo territorio – circa 650 euro pro capite – portavano ad una cifra paragonabile al bilancio dell’intero Comune. Per questo suo impegno che oggi coinvolge cittadini, scuole, l’associazionismo e il terzo settore a partire da temi come la tutela della salute pubblica, la legalità e la sicurezza, Simona Neri è stata premiata con il Gran Premio Internazionale di Venezia, Leone D’Oro, consegnato nella sala Zuccari del Senato della Repubblica.
«Gli effetti negativi di questo mercato ricadono sulla comunità e sulla collettività in modo dirompente – dichiara – e i Comuni, specialmente quelli piccoli, non hanno la forza di affrontarli autonomamente. Da pochi mesi è nato un Coordinamento Anci Nazionale dove ho il piacere di rappresentare la Toscana: è proprio qui che gli Enti Locali avranno il potere, ma anche il dovere di illustrare la complessità della gestione di questo comparto in mancanza di una Legge quadro nazionale ma anche la necessità di scrivere un testo che sia in grado di affrontarne tutte le sfaccettature in modo da salvaguardarne l’autonomia. Cominciamo dalle difficoltà che derivano dal recupero e dal reinserimento in una rete sociale del giocatore d’azzardo, il sostegno alla famiglia, la necessità di attivare dei percorsi condivisi non solo all’interno dell’Ente Locale ma con consulenti legali, medici, in alcuni casi forze dell’ordine; proseguiamo con la complessità delle pratiche SUAP in capo ai Comuni derivanti dalle nuove aperture di punti gioco (licenze comunali ex articolo 86 del TULPS)».
Quanto a ludopatie e gioco d’azzardo la situazione desta parecchia preoccupazione. Alzi la mano chi non ha mai visto una persona accanirsi su un gratta e vinci, ad esempio. La prima indagine nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità, realizzata nell’ambito dell’accordo scientifico con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, pubblicata lo scorso ottobre 2018, ha rivelato che sono 18 milioni gli italiani adulti – circa uno su tre – che giocano, un milione e mezzo sono giocatori problematici. I giocatori problematici, secondo il profilo emerso, praticano di più le slot e le video lotterie, unitamente a stili di vita pesantemente influenzati da dipendenze, come fumo, abuso di alcol e di sostanze stupefacenti. Sul versante economico, è interessante segnalare che il 5,8% dei giocatori problematici ha ottenuto la cessione del quinto sullo stipendio rispetto allo 0,7% dei non giocatori, il 27,7% ha ottenuto prestiti da società finanziarie rispetto al 4% del non giocatore e il 14,25 ha chiesto prestiti a privati rispetto allo 0,9% dei non giocatori.
«Il mio impegno è iniziato quando incontravo persone del mio comune, ma anche della provincia di Arezzo, che mi chiedevano un aiuto – racconta Neri – o una richiesta economica perché nella peggiore delle ipotesi non riuscivano più a pagare le bollette, avevano perso il lavoro o addirittura la casa, oltre a non poter più sostenere le spese di mantenimento dei figli o dei familiari, là dove la famiglia esisteva ancora. Oltre ai soldi questa malattia ti porta via i legami, quelli familiari e non solo, distrugge la socialità ed isola dentro ad una spirale che porta sempre più in basso. Queste persone venivano a chiedere di essere salvate, chiedevano un aiuto e lo chiedevano velatamente, mai dichiaratamente. Manifestavano tutto il disagio dovuto ai loro comportamenti divenuti ormai incontrollabili, come una sorta di autodenuncia»
Un ulteriore approfondimento dell’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, poi, ha rilevato un elemento ancora più allarmante: quasi 700mila minorenni – per i quali, ricordiamo, il gioco è vietato – hanno giocato d’azzardo almeno una volta nell’ultimo anno, hanno tra i 14 e i 17 anni. Sono 17enni nel 35% dei casi, con un divario di genere molto marcato e prevalente nei maschi: 4 su 10. Di questi 70mila sono giocatori problematici, praticano soprattutto scommesse sportive (79,6%) e lotterie istantanee (70,1%).
«L’assuefazione visiva dei giovani ai luoghi di gioco, o peggio, ai giocatori che fin dalla mattina occupano le postazioni slot contribuiscono a fornire una visione normale e quotidiana dell’azzardo è assai preoccupante – commenta la sindaca che un anno fa è stata rieletta – infatti tra i giovani studenti i luoghi dove si gioca più frequentemente sono i bar o i tabacchi. Di certo la proposta dell’attivazione del gioco tramite tessera sanitaria aiuterebbe a contrastare l’accesso ai minori, ma queste limitazioni non sono sufficienti e ciò che realmente farebbe la differenza è combattere culturalmente e in tenera età questa piaga».
La nota positiva è che, per fortuna, qualcosa si muove e che gli incontri promossi servono a formare nuove sensibilità. «A marzo del 2017 in Anci Toscana abbiamo messo a punto e distribuito presso tutte le Amministrazioni Comunali toscane una “bozza tipo” di Regolamento sul Gioco Lecito – puntualizza – è stato un primo segnale partito dalla sensibilità di molti amministratori locali e scritto con il contributo prezioso e costante degli operatori della sanità e del terzo settore. In sintesi il regolamento comunale consente agli Enti Locali di inserire ulteriori luoghi sensibili all’interno dei propri territori dai quali mantenere la distanza di 500mt per l’apertura di centri di scommesse e di spazi per il gioco con vincita in denaro, oltre ai locali di proprietà comunale, oratori, biblioteche, musei, giardini pubblici, ospedali, ambulatori medici, centri di primo soccorso, centri di recupero psichico e motorio, case di cura, strutture ricettive per categorie protette, fermate del pubblico trasporto, sportelli bancari o bancomat, agenzie di prestiti e pegni, “compro-oro”. Tra le proposte, inoltre – prosegue – viene vietata, in qualunque forma e qualsiasi modalità, la pubblicità di prodotti di gioco pubblico nell’ambito del territorio comunale».
A latere, un episodio che vale la pena ricordare. Spiacevole. Anzi, di più. Simona Neri è stata oggetto, purtroppo, come sempre più spesso accade, di pesanti attacchi sessisti e di volgarità, sotto forma di manifesti e volantini, diffusi nel suo comune per diversi mesi (al tema il Sole 24 Ore sta dedicando un dossier). Esperienza pesante e difficile che lei ha raccontato pubblicamente e ha denunciato alle forze dell’ordine, soprattutto per contribuire a creare un clima di maggiore distensione e di sensibilizzazione contro questa pratica, sdoganata on e off line.
«È stata una bruttissima esperienza – conclude – che ho deciso di denunciare sperando che la visibilità che ho in questo momento possa aiutare ad alzare la testa le migliaia di donne che quotidianamente subiscono offese morali e fisiche. Stiamo vivendo un momento storico dove lo strumento della diffamazione, anche attraverso il mezzo del social-network, crea una combinazione dal potenziale enorme. Quando anche i nostri rappresentanti di Governo si abbassano ad una dialettica sessista e fomentatrice d’odio verso le donne ed, in generale, verso molte delle minoranze etniche e religiose del Paese, c’è da rimboccarsi le maniche ed ammettere che no, l’emancipazione femminile non è conclusa, che la politica deve tornare a rappresentare uno strumento alto di programmazione e dialogo».