Secondo una recente analisi pubblicata da Vogue UK i post pubblicati su Instagram hanno oltre il 30% di probabilità in più di ricevere like o commenti se mostrano un viso, a prescindere dal genere e dall’età. Non si parla di facce belle, ma semplicemente di volti. Perchè anche se in versione digitale, il fatto stesso di visualizzare un viso attiva in ciascuno di noi tutta una serie di emozioni che ci rendono più reattivi.
Ma perché siamo così sensibili ai volti delle persone? Una delle ragioni principali risiede nel fatto che il viso è il più importante comunicatore dell’essere umano, ed il cervello è istintivamente attirato verso i visi per poterli mappare ed interpretare.
Pensiamo infatti alla straordinaria varietà di sfumature espressive che un viso può manifestare. Secondo lo psicologo americano Paul Ekmann, che ha pubblicato diversi libri sull’argomento, oltre alle sette emozioni principali (rabbia, tristezza, paura, sopresa, felicità, disprezzo, digusto) un volto, attraverso la contrazione dei suoi muscoli facciali, può attivare fino a 10mila micro-espressioni.
Ma se al contrario non riusciamo a leggere il volto di una persona, non riusciamo stabilire facilmente una connessione. Pensiamo alla sensazione che proviamo di fronte a qualcuno che indossa una maschera, un cappuccio, un velo, o ha un viso completamente coperto di tatuaggi: ci sentiamo a disagio, e comunque facciamo fatica a confrontarci nell’immediato, abbiamo bisogno di un po’ di tempo, di capire con chi ci stiamo relazionando prima di agire o reagire.
Il nostro cervello è programmato per cogliere segnali visivi immediati e poterli elaborare nel minor tempo possibile per classificarli e sollecitare l’azione. Come sostiene la psicologia evolutiva, il nostro sistema di elaborazione è ancora molto simile a quello dell’uomo preistorico che per istinto di sopravvivenza, attiva la vista ancor prima dell’udito per decifrare la realtà. E non a caso: la velocità della luce, e quindi lo stimolo delle immagini, è maggiore della velocità del suono, pertanto ciò che vediamo ci arriva prima di ciò che udiamo.
Ma c’è qualcosa che di un viso cattura e catalizza la nostra attenzione più di tutto il resto: si tratta degli occhi. Il contatto oculare è per noi umani fondamentale: se ci pensiamo, ci è quasi impossibile riconoscere qualcuno senza poterne vedere gli occhi.
Secondo la tesi presentata dalla ricercatrice Olga Chelnokova alla facoltà di psicologia dell’Università di Oslo, quando osserviamo un viso per qualche secondo, sono gli occhi la zona su cui ci soffermiamo di più, e solo successivamente passiamo all’area della bocca, poi del naso, e via via alle zone periferiche del viso. Come sostiene la stessa ricercatrice: “Siamo molto curiosi rispetto al viso delle persone, leggiamo storie e valutiamo il loro valore estetico“.
La sua ricerca infatti, tende a dimostrare come l’evoluzione ci abbia resi super esperti nel leggere i visi, e che alcune aree del cervello, per ragioni evolutive e di sopravvivenza della specie, attivino addirittura un sistema di ricompensa (brain reward system) nel vedere un viso ‘attraente’ (lo stesso meccanismo che ci fa provare emozioni positive con certi cibi o vivendo certe esperienze).
E’ innegabile che in un’epoca basata sulle immagini come quella attuale e dove la nostra identità si costruisce sempre più attraverso il digitale e online, la foto profilo diventa davvero il nostro biglietto da visita, e deve parlar bene di noi.
E se la nostra storia online parte dal viso, dovremo assicurarci che ciò che indossiamo ci mostri presenti e a nostro agio, e che colori, occhiali, capelli, barba, make up, sopracciglia, colli, colletti, cravatte, bijoux, non ci nascondano né ci facciano apparire anonimi né impacciati.
Non si tratta infatti di manipolare una foto con i filtri per apparire ‘diversi’ o ‘meglio’ di ciò che siamo, bensì di apparire interessanti, autentici e coerenti con ciò che vogliamo comunicare per contribuire con successo al nostro story-telling ed al nostro personal branding.