«Da che mi ricordi ho sempre provato una profonda attrazione per l’avventura. Per quanto mia madre cercasse di risvegliare in me la tendenza alle attività considerate adeguate per le donne, ho sempre mostrato altri interessi».
Clärenore Stinnes lo aveva scritto nel suo diario. Lei bimba irrequieta che desiderava l’indipendenza, fu la prima donna a compiere il giro del mondo al volante di un auto. A ventiquattro anni partecipò alla sua prima corsa automobilistica. Unica donna, riuscì a battere tutti i piloti con cui gareggiò.
Ida Pfeiffer, intrepida viaggiatrice e ed esploratrice, invece, arrivò a bruciarsi le dita pur di non prendere più le lezioni di pianoforte che detestava. Costretta, suo malgrado, a un matrimonio combinato, sorte inevitabile e comune a molte donne della sua epoca, a 45 anni nel 1842, Pfeiffer lasciò il marito e iniziò a vivere la vita che aveva sempre sognato. Per due volte attraversò il mondo spinta da una curiosità viva e dal suo coraggio brillante. Niente riuscì a fermare i suoi passi. Nè gli incontri con i pirati e i cannibali, né le tempeste, la stanchezza o la sete.
Anche Mary Cassat si scontrò con l’opposizione della sua famiglia. Voleva diventare una pittrice. Originaria della Pennsylvania, fu l’artista americana che lottò contro il conformismo della sua epoca per riuscire a esprimere il suo grande talento. Musa e allieva di Edgar Degas, si unì al gruppo dei pittori impressionisti.
Sono alcune delle vite che la giornalista e scrittrice spagnola Sandra Ferrer Valero ha selezionato per il suo libro “Donne nella storia. Settanta donne che hanno cambiato il mondo” (ed. Piano B). Ferrer Valero da dieci anni coltiva quella che lei chiama “piccola ossessione”, una grande passione per la storia, nata curiosando tra le vite delle regine di Spagna. La scrittrice ha creato un blog, in cui parla di figure femminili ingiustamente dimenticate, donne che “lasciarono il proscenio patriarcale e, tirandosi su le gonne, avanzarono su terreni poco battuti al di là dell’ordine stabilito”.
Un lavoro instancabile che ha dato vita a un archivio di oltre 600 biografie, con gli stessi lettori ad aiutarla a delineare una galassia sterminata di donne e di vite che spronano, ispirano al coraggio, al non arrendersi mai. Perché è questo il potere magico del passato.
La storia, quella ufficiale, ha dannato la memoria delle donne celando e occultando i loro passi e le loro azioni. La potenza sovversiva dei loro gesti è stata però così dirompente che si è incisa ugualmente e in maniera indelebile senza che lo scorrere del tempo potesse cancellarla definitivamente.
Rinchiuse in percorsi angusti per via del loro genere, sottoposte a lacerazioni crudeli, a riduzioni e ridimensionamenti che tutt’oggi le imprigionano, le donne sono state capaci e lo sono ancora di trasformare le difficoltà in opportunità. E i racconti condensati nel libro, ne sono la prova.
Christina Broom si reinventò, dopo il fallimento dell’attività di famiglia, scattando foto e trasformandole in cartoline. Diventò la fotografa della famiglia reale inglese e immortalò i momenti più importanti del movimento suffragista.
Annie Edson Taylor fu più ardita. A sessant’anni si ritrovò vedova e povera. Aveva bisogno di soldi e si cimentò nel 1901 in un’impresa estrema che le avrebbe procurato attenzione e guadagni. Rinchiusa in una botte, decise di lanciarsi dalle rapide delle cascate del Niagara.
Williamina Fleming, invece, casalinga abbandonata dal marito poco prima della nascita del figlio, dopo aver trovato lavoro come governante dello scienziato di Harvard Edward Charles Pickering, diventò la sua assistente e guidò il gruppo di lavoro costituito da sole donne passato alla storia come le Harvard Computers, menti femminili che si dedicavano a elaborare migliaia di calcoli matematici.
Il viaggio attraverso queste vite di donne, conosciute o poche note, tutte capaci di lasciare un segno nella storia, si muove tra spiriti liberi, osservatrici, viaggiatrici, scienziate. Ci sono anche le donne samurai e le streghe delle notte, lo squadrone aereo femminile dell’aviazione russa capace di terrorizzare con le loro incursioni notturne i piloti tedeschi.
Un esercito di pioniere, gitane visionarie, incomprese creatrici. Molte lottarono per essere riconosciute, si scontrarono con muri inscalfibili. Donne che non sempre furono vincitrici, ma non per questo fallirono. Tutte hanno provato, hanno osato, hanno agito, hanno disegnato nuovi tracciati. Sono uscite dal focolare domestico, sfidando un mondo che non le desiderava, il mondo degli uomini che si rifiutava di capire quale dimensione rivoluzionaria potesse avere la loro capacità di orignare idee, azioni, creatività spumeggiante.
La misogina provò a fermarle, senza riuscirci mai del tutto. Erano donne che volevano essere libere. Erano donne che cercavano la loro strada. E pagarono, a volte, un prezzo altissimo. Come Marie Curie, scienziata due volte premio Nobel. Dopo aver perso il marito, aveva avuto una relazione con uomo sposato. Scrive amaramente Ferrer Valero: «La sua vita privata fu usata per screditare il suo lavoro cosa che probabilmente non sarebbe successo se fosse nata uomo».