“Ci sono storie che non si vorrebbero ascoltare e che allo stesso tempo è necessario conoscere, che è importante impedire che vengano dimenticate. La storia di Vova e della sua famiglia adottiva è una di queste…”
Fabio Selini non ha mai smesso in questi anni di denunciare a gran voce lo scandalo delle adozioni in Kirghizistan di cui lui e sua moglie sono stati vittime nel 2012, insieme ad altre 21 coppie. Non ha mai smesso di chiedere giustizia. Non ha smesso di parlarne, di tenere vivo il ricordo di una brutta vicenda che ha interessato il mondo delle adozioni internazionali.
Il racconto di quella vicenda è diventato ora un monologo teatrale, Immagina. Kirghizistan, storia di un’adozione spezzata e andrà in scena in prima assoluta venerdì 27 aprile alle ore 20.30 presso la Casa della Musica di Palazzolo sull’Oglio (Brescia) con ingresso libero e il 4 maggio a Lodi, ore 21, Teatrino del Centro Donna.
Finora hai scritto diversi libri sulla tua esperienza di adozione. Da cosa nasce in questo caso la scelta di parlare della vicenda Kirghizistan attraverso un monologo teatrale?
Nasce dalla necessità di arrivare alla gente che non frequenta il mondo adottivo, dalla volontà di permettere alle persone di conoscere la storia del peggiore scandalo adottivo degli ultimi trent’anni. Quando nel corso di questi anni mi è capitato di raccontare questa nostra folle vicenda, ho visto disegnarsi sul viso della gente espressioni di stupore, incredulità, indignazione e allo stesso tempo ho percepito una vicinanza umana forte. Le persone hanno diritto di sapere cosa accade ad una famiglia qualunque, a bambini innocenti. Devono sapere e devono poter chiedere conto. Troppo spesso si fa l’errore di compartimentare le storie, di pensare che interessino poco agli altri. Non è così, le storie vanno raccontate e ascoltate.
Ormai sono passati sei anni da allora, perché proprio ora questa iniziativa?
Proprio ora, perché frequentando le famiglie adottive durante i miei incontri testimonianza, mi sono accorto che molte famiglie adottive o aspiranti non sanno nulla di questa vicenda… e lo trovo pericoloso. Conoscere è l’unico strumento per difendersi. Poi se qualcuno vuole condurre la propria esperienza adottiva ascoltando solamente storie edificanti e a lieto fine, faccia pure. Ci si renda conto però che non è così. Inoltre, sono convinto che questa vicenda Kirghisa sia molto lontana dall’essere conclusa. Mi spiego. Il processo penale durerà anni, quello civile contro Cai è solo al primo grado, dei bambini coinvolti (nonostante le insistenze di molti genitori coinvolti, non solo io!) non vi è più alcuna notizia, le famiglie non sono state risarcite, nessuno ha mai chiesto scusa, le ferite ai cuori di molti sono ancora aperte. Saranno anche passati sei anni, ma questa non è una “storia”, bensì cronaca. E non a caso ritorna “alla cronaca” ogni qual volta riprende il processo o vi è una sentenza. Perché nulla si è concluso. Sulle adozioni in Kirghizistan ci sono domande alle quali nessuno ancora ha risposto. E io continuo a farle, sei anni fa e oggi.
Il monologo si intitola Immagina, a chi si rivolge, quale pubblico?
Si rivolge a chi vuole trascorrere un’ora e mezza per conoscere, per immedesimarsi nelle speranze e nelle disillusioni di una famiglia qualunque. Chi verrà agli eventi sa fin dall’inizio, sin dal sottotitolo (storia di un’adozione spezzata) che frequenterà una vicenda dolorosa. Si rivolge a chi vuole accomunare il suo cuore al mio cuore in battaglia. Non c’è nulla di più doloroso che trovarsi soli. Il monologo si rivolge a chi, durante la rappresentazione, sentirà crescere dentro la domanda più umana e civile del mondo. Non la svelo qui, ma chi conosce o ascolta questa allucinante storia non può fare a meno di porsela e pormela. Se la sono fatta in molti, tranne… vabbè, lasciamo stare.
Più di un anno fa è iniziato il processo penale ai responsabili dell’ente Airone implicati nello scandalo delle adozioni in Kirghizistan, a che punto siamo?
Credo riprenderà a maggio 2018. E dico “credo” perché sono stanco di seguire questo aspetto della vicenda. Ho denunciato, la magistratura ha indagato, è iniziato un processo e forse fra qualche millennio avremo una sentenza. È compito d’altri ora. Io andrò a Savona solo se mi chiameranno a testimoniare e se e quando deporrà un soggetto per me molto importante. Non mi fare dire di chi si tratta, però. Come ti dicevo, Savona è faccenda per tecnici adesso, avvocati e magistrati. Cosa ci faccio lì in mezzo? Ogni volta che sono stato a Savona mi sono trovato fuori posto. Dovrei accompagnare mio figlio a scuola, non il mio avvocato in tribunale. Io sono un papà, un cittadino. Uno che voleva solo accogliere suo figlio. Questo racconto nel mio monologo, racconto di un padre che vede la sua famiglia disperata e devastata, che deve ancora dare risposte a sua figlia e soluzioni a sua moglie.
Lasciami dire un’ultima cosa. Non si faccia l’errore di credere che questo monologo sia un sorta di seduta di psicoterapia in pubblico dove una persona racconta drammi che non ha ancora risolto dentro di sè. Non si decide di affrontare sei anni di battaglie senza aver fatto i conti con i propri demoni e il proprio senso di perdita. Ho ricostruito mattone per mattone la mia vita e quella dei miei cari, mi sono fatto domande e dato risposte anche se non mi piacevano. Il mio percorso è ripartito. Questo non significa che non sia anche una persona che pretende rispetto, giustizia morale, vicinanza umana e istituzionale. Bisogna essere lucidi per comunicare agli altri. E fidati se ti dico che chi verrà ad ascoltarmi si troverà di fronte un uomo tanto ludico quanto determinato. Immagina è un viaggio tra i sentimenti e le emozioni, un viaggio che vuole essere condiviso. E sono certo che troverò molti compagni coraggiosi ad accompagnarmi. Sono tutti i benvenuti, siete tutti benvenuti.