Volete la parità? Restate single

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Dirò una cosa impopolare. Dirò una cosa che divide le donne, lo so. Una di quelle cose che ci mettono l’una contro l’altra e ci impediscono di fare squadra come fanno gli uomini, che sanno portare a casa meglio di noi il risultato. Ma quando ci si imbatte in certi dati fare lo struzzo non aiuta. Meglio prenderne atto e confrontarsi con la realtà, naturalmente con l’obiettivo di migliorarla. Il dato è questo: l’Università di Princeton ha paragonato gli stipendi di uomini e donne dividendo tra donne-con e donne-senza figli, e si è accorta che quello che comunemente chiamiamo gender gap in realtà è un children-gap. Le donne, insomma, vengono pagate meno non tanto degli uomini, quanto delle donne senza figli. E siccome le donne con figli sono tante, finiscono con l’abbassare e di parecchio la media di genere.

Per dimostrare la loro tesi gli studiosi americani non hanno scelto gli ultimi Paesi delle graduatorie mondiali sulla qualità della vita, bensì la Danimarca. Un caposaldo del welfare, del sostegno alla maternità e anche della parità fra i sessi. Ebbene: anche nell’evoluta Danimarca le donne con figli guadagnano il 20% in meno dei colleghi maschi. Fin qui tutto usuale. Peccato però che le donne senza figli, in Danimarca, abbiano uno stipendio pressoché simile a quello degli uomini. Il che significa che guadagnano di più delle mamme danesi.

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E’ il peso dell’accudimento dei bambini, che schiaccia le donne. E’ la scoperta dell’acqua calda, direte voi: non c’è mamma che non abbia chiaro quanto ricada su di lei l’organizzazione della famiglia, quanti giorni di permesso abbia preso per curare i figli malati e quanti invece (non) ne abbia presi il padre. Però è l’acqua calda fino a un certo punto. Perché la maggior parte delle politiche per riequilibrare gli stipendi femminili a quelli maschili non passa dal sostegno alla maternità. Altro che codici aziendali per la parità del salario: scriviamo codici aziendali in cui i giorni di permesso per malattia dei figli se li prendono i padri. Non concediamo lo smartwork alle donne, ma incentiviamolo presso gli uomini. Dopo le quote rosa in politica, introduciamo le quote-padri: obbligo di occuparsi dei figli per una percentuale di tempo che si avvicini il più possibile al tempo delle donne. A quel punto, gli stipendi degli uomini si abbasserebbero. Le mamme avrebbero ottenuto la parità. E le donne senza figli governerebbero il mondo.

  • Chiara Castelli |

    E le madri single che vorrebbero far carriera?

  • Anna |

    Non c’e’ Alternativa de non riconoscere maggiore anzianità per le donne con figli: l’accudimenti della prole è un beneficio per la collettività e va premiato, come si premiano gli uomini quando fanno politica o sindacato

  • Marta Rosso |

    Sono d’accordo con Stefano Schiavon. Rinuncio volentieri a un po’ di soldi in più e a una carriera super accelerata per potermi occupare dei bambini.
    L’obiettivo primario per me non è la parità salariale assoluta ma la flessibilità di orari, che consenta di essere un po’ più presente nella vita dei bimbi a un genitore full time.
    Lasciamo che ogni famiglia decida come poter conciliare vita privata e lavoro, offrendo possibilità equivalenti (come il congedo parentale facoltativo per madre o padre). Imporre permessi obbligatori agli uomini mi sembra una scelta da Stato Totalitario, che sa cosa è meglio per te.

  • Stefano schiavon |

    Quindi obbligheremo gli uomini a stare a casa e le donne ad andare al lavoro. Mi chiedo se l’obiettivo è il mero raggiungimento della parità al 50% a scapito della felicità, delle attitudini e delle inclinazioni delle persone.

  • STEFANO SCHIAVON |

    Questo dimostra che la donna non è discriminata in quanto donna, ma in quanto madre.
    E’ chiaro altresì che la vera parità, intesa come 50% su tutto, è una chimera che non può essere raggiunta se non a scapito dell’estinzione e/o immigrazione.

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