Un’astronave su strade di luce. L’arte di Lucio Fontana all’Hangar Bicocca

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Lucio Fontana © Fondazione Lucio Fontana, Milan/Milano

Non solo noi fan di Star Wars subiamo il fascino irresistibile dello spazio, anche uno dei grandi artisti di quello che ormai è il secolo scorso, Lucio Fontana (Rosario 1899 – 1968 Varese), ne era letteralmente stregato, riteneva la sua conquista da parte dell’uomo un punto di svolta e sognava (per citare la storica sigla di Star Trek) “di giungere là dove nessun uomo è mai giunto prima”.

Che non sia io irriverente lo può constatare facilmente chi si rechi in zona Bicocca a Milano, in una delle tappe canoniche per gli amanti dell’arte contemporanea, vale a dire all’HangarBicocca, dove è in corso l’affascinante mostra Lucio Fontana. Ambienti / Environments.

Fontana quello dei buchi e dei tagli? Sì proprio lui: l’artista assurto per queste sconcertanti soluzioni di stile a una dubbia celebrità popolare, che le ha svuotate di ogni spessore, come fossero scaltri giochetti fini a sé stessi anziché conquiste artistiche rivoluzionarie, maturate attraverso un percorso di ricerca estetica e intellettuale lungo, complesso e straordinariamente ricco. Ma, a rischio di deludervi, all’Hangar non troverete tagli (anzi, uno solo, ma ben nascosto…).

La mostra ricostruisce 2 interventi ambientali (che aprono e chiudono la visita) e 9 Ambienti spaziali, le opere certamente più rivoluzionarie e meno conosciute dell’artista, che è un grande merito di questa esposizione presentare al pubblico: questi lavori di carattere effimero venivano infatti quasi sempre smantellati e distrutti al termine dell’evento per il quale erano stati realizzati, rendendoli dunque raramente visibili. La rassegna, realizzata in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana, è frutto di un impegnativo e rigoroso lavoro di ricostruzione filologica degli ambienti originari, a partire da materiali e appunti conservati in primis presso la Fondazione stessa, nonché in archivi privati e museali, e costituisce un’occasione unica di entrare nella mente di Fontana e ripercorrerne alcuni dei passaggi più sorprendenti, immergendosi in spazi modellati dall’artista per accogliere il visitatore e fargli vivere un’esperienza per l’epoca davvero impensabile.

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Lucio Fontana nell’Ambiente spaziale a luce nera, 1948-1949 © Fondazione Lucio Fontana, Milano

Proviamo infatti a metterci nei panni dei milanesi che, nel febbraio del 1949, si recarono in via Manzoni 45, nella storica sede della Galleria del Naviglio del grande gallerista Carlo Cardazzo, amico e sodale di Fontana e di numerosi, importanti artisti del secondo dopoguerra, per vedere la mostra di Fontana Ambiente spaziale a luce nera. Vedere la mostra è un’espressione riduttiva: i visitatori entravano infatti nella galleria e si trovavano all’interno di un cubo nero chiuso, immerso in “una luce violacea, piena di penombre, nella quale erano sospese forme spaziali che parevano rami di alberi in fondi marini o scogliere sospese in aria, ma ambientate” come racconta il grande critico Guido Ballo, uno dei primi e più acuti studiosi e sostenitori dell’arte di Fontana. L’artista non vuole più produrre oggetti (quadri, disegni, sculture) come si fa da millenni, ma aderire profondamente al nuovo sentire dell’uomo di oggi: la sua ambizione è di andare oltre le materie tradizionali dell’arte, per plasmare lo spazio stesso, fondendolo con la luce e con il tempo, la quarta dimensione della teoria della relatività di Einstein, che ha cambiato per sempre il nostro modo di concepire il mondo nel quale viviamo. È quanto si ripromettono gli artisti seguaci di Fontana, appartenenti al movimento artistico da lui fondato nel 1949 con il nome di “Spazialismo”, ed è quanto noi stessi possiamo provare in prima persona, mentre alziamo gli occhi al soffitto e restiamo incerti e sospesi in questa atmosfera sospesa e straniante.

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Lucio Fontana in collaborazione con Nanda Vigo, Ambiente spaziale: “Utopie”, nella XIII Triennale di Milano, 1964/2017, veduta dell’installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy Archivio Nanda Vigo e Pirelli HangarBicocca, Milano. © Fondazione Lucio Fontana / foto Agostino Osio

Le due successive Utopie, presentate alla Triennale di Milano del 1964 – l’ambiente rosso, progettato in collaborazione con l’artista e architetto Nanda Vigo, e l’ambiente nero, interamente di Fontana – sono un ulteriore passo avanti: nella prima stanza camminiamo, anzi scivoliamo come fossimo sulla neve sopra un pavimento ricoperto di pelo, che si incurva facendoci perdere l’equilibrio, mentre la nostra vista è avvolta dalla luce rossa che invade lo spazio, rifratta da vetri lavorati all’ingresso e all’uscita. L’ambiente nero invece ha un pavimento regolare, ma entrandovi, mentre i nostri occhi si abituano all’oscurità, vengono calamitati da una linea a spirale che si svolge lungo le pareti, seguendo la quale, procedendo a tentoni, ci rendiamo conto che la stanza stessa si restringe e si assottiglia, come lo spazio cosmico che si curva e si dilata all’infinito.

Questa nuova arte di Lucio Fontana realizza alla lettera quel che promette: camminare su una superficie elastica e instabile di gomma nera – nell’Ambiente per una grande personale dedicata all’artista dal Walker Art Center di Minneapolis nel 1966 – e pensare di essere di fronte a uno specchio che unisca due luoghi diversi, mentre invece lo sdoppiamento è solo una nostra percezione, data dalla stanza divisa da un traforo di buchi luminosi, oppure immergersi in spazi allagati da una luce a neon rossa, che sembra di sentire sulla pelle e in bocca – negli Ambienti con neon e a luce rossa – non significa più osservare delle opere, ma attraversare luoghi che perdono i connotati fisici, diventano atmosfera, sensazioni, emozioni. Questi ultimi ambienti, la cui materia artistica è sola luce colorata, anticipano i lavori dell’artista americano Dan Flavin (famoso quello nella chiesa milanese di Santa Maria Annunciata in Chiesa rossa) e sono una significativa testimonianza di quanto sia stata precorritrice la ricerca di Fontana.

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Lucio Fontana, Ambiente spaziale, 1967/2017, veduta dell’installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. © Fondazione Lucio Fontana / foto Agostino Osio

Un’altra sua grande dote è la capacità di rinnovarsi continuamente, senza perdere il filo del proprio lavoro: l’Ambiente spaziale del 1967 (l’anno prima della scomparsa) è un capolavoro, formato da una stanza immersa in una luce blu scura, con 4 lampade di Wood fissate al soffitto come stelle nel cielo, sulle cui pareti si incrociano due spirali di luce a zigzag. Spostandoci o stando fermi e muovendo il solo sguardo, abbiamo delle sensazioni contraddittorie: di luce e di buio, dinamismo e immobilità, mentre l’ambiente pare dilatarsi e poi sfuggire all’improvviso, e noi siamo come un astronauta che si muove nello spazio o forse siamo tornati in una caverna misteriosa e magica, prima che la storia abbia inizio.

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Lucio Fontana, Ambiente spaziale in Documenta 4, a Kassel, 1968/2017, veduta dell’installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. © Fondazione Lucio Fontana / foto Agostino Osio

Questo senso di mistero ha a che fare con qualcosa che, in prima battuta, non ci aspetteremmo da un artista tutto rivolto al futuro: l’Ambiente spaziale realizzato nel 1968 (l’anno della morte) per la famosa kermesse di Documenta a Kassel ci fa entrare, provenendo dall’oscurità della grande navata dell’Hangar, in un ambiente totalmente bianco, abbagliante, quasi labirintico, nel quale… Ma non vi anticipo nulla, meglio lasciarvi scoprire di persona quel sancta sanctorum nascosto nel suo centro. Da qui potrebbe partire un altro viaggio attraverso un universo parallelo: quello di Lucio Fontana verso il sacro.

  • Gian Marco Sivieri |

    Preziosa segnalazione, grazie. E’ una bella notizia, perché in questo modo queste opere effimere acquistano una consistenza grazie alla tecnologia.

  • Fabio Casati |

    Adesso è possibile ripercorrere gli Ambienti di Lucio Fontana attraverso il tour virtuale.
    Il tour è visibile su questa pagina: https://artsandculture.google.com/exhibit/8gJiVJeJrdhfLQ

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