Passeggiando per le strade di Portland (Oregon), lo scorso settembre, non avrei mai immaginato di calpestare il sacro luogo di sepoltura di un unicorno. Certo, qualche dubbio mi era venuto a giudicare dalla quantità di pupazzi, gadget, vestiti e persino scarpe a forma di unicorno che occhieggiavano dalle vetrine del quartiere di Alberta. Tuttavia avevo liquidato velocemente la cosa come una delle tante manifestazioni della unicorno-mania che negli ultimi due anni ha colpito praticamente ogni genere merceologico in commercio. Se a ciò si aggiunge il fatto che Alberta è il quartiere con la più alta concentrazione di locali gay di Portland il gioco è fatto: arcobaleni e unicorni ovunque, come se non ci fosse un domani. Perché tra tutte le creature mitologiche esistenti l’unicorno è quella che di gran lunga è considerata la più vicina al mondo LGBT*.
Ad essere sinceri non sono mai stato un grande fan dell’unicorno, da nerd e divoratore di storie fantastiche la mia sete di mitologia è stata sempre soddisfatta da creature ben più mostruose: draghi di ogni foggia e colore, grifoni, lupi mannari, insomma tutto ciò che ha zanne e artigli. Devo però ammettere che l’unicorno vince a mani basse la classifica degli animali in quota LGBT* e quindi non può che avere un posto speciale nel mio cuore. Certo, ci sono anche creature altrettanto friendly, le sirene ad esempio, amate dal mondo gay perché rappresentano l’unione ben riuscita tra due nature differenti (o forse perché siamo tutti cresciuti con il film “La Sirenetta” della Disney e vorremmo cantare e danzare come lei). Oppure il Pegaso di Arcigay, che con le sue “ali della libertà” è il simbolo di una nuova idea di società che possa volare più in alto dei pregiudizi. Due miti importanti, che vengono tuttavia spazzati via dall’incedere elegante del cavallo monocorno.
Il perché di questo amore sviscerato della comunità per l’unicorno è sia concettuale sia estetico: innanzi tutto è un animale raro, difficile da incontrare e unico nel suo genere. Possiede infatti una particolarità che lo rende diverso dagli altri equini, lo splendido corno a spirale incastonato sulla fronte. Una diversità che conta quindi, ma che al posto di ghettizzare lo rende prezioso, magico e oggetto di ammirazione. Dal punto di vista estetico, inoltre, l’unicorno alto, nobile e slanciato, incarna il mito della bellezza e dell’eleganza, temi a cui il mondo gay è molto sensibile. Infine, c’è anche la faccenda della purezza e della castità che l’unicorno rappresenta, motivo per cui, nell’immaginario cristiano potrebbe essere ammansito solo da una vergine, come nel film “Legend” di Ridley Scott (1985). Ma questa parte del mito è meno interessante.
Ma da dove viene l’unicorno così come lo conosciamo e oggi? Detto anche liocorno o leocorno (sì proprio quello della canzoncina per bambini dei due coccodrilli che tutti conosciamo) è un essere antico citato già negli studi naturalistici di Plinio il Vecchio (e si parla anche qui degli anni 80 ma senza l’1 e il 9 davanti). Alle origini non era splendido e luccicante come oggi ma aveva sembianze mostruose, zoccoli bipartiti come quelli delle antilopi, una coda leonina e una barbetta da capra. Dei suoi tratti particolari rimarrà negli anni soltanto l’intramontabile corno a spirale (detto alicorno) mentre le orride forme si ingentiliranno trasformandolo in quel quell’essere raffinato che ben conosciamo. Quanto alla sua effettiva esistenza si persero speranze di avvistarlo soltanto nel XIX secolo, quando uscì dai bestiari e dai trattati di naturalistica per occupare un meritatissimo spazio nel mondo dei miti e delle leggende.
Eppure, qualche anno fa, in un affresco nella chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore di Milano (splendida, andate a vederla quando vi capita), ho visto una coppia di unicorni raffigurati proprio nell’atto di salire sull’Arca di Noè. Quindi – mi venne da pensare – a rigor di logica dovrebbero essere ancora fra noi, come leoni, giraffe, gazzelle e così via. Riflettendoci ho tuttavia maturato che fosse un falso storico. Un po’ perché la canzoncina per bambini di cui sopra dice chiaramente che i due leocorni proprio non si sono fatti vivi all’imbarco, e un po’ perché non ce li vedo proprio questi animali simbolo di purezza e castità darsi da fare per assicurare un futuro roseo alla propria progenie.
Se poi torniamo alla passione del mondo gay per gli unicorni c’è da dire che anche la faccenda dell’arcobaleno ha un certo peso. A partire dall’epoca Vittoriana, infatti, l’unicorno comincia a essere rappresentato in pitture e arazzi in compagnia dei sette colori simbolo della comunità LGBT* (per i più precisi la bandiera LGBT* ha solo sei colori, ma questa è un’altra storia). Da lì in poi il binomio non si è più scisso e il marketing spregiudicato ha fatto la differenza. Gli unicorni sono stati sempre più spesso rappresentati con coda o criniera di sette colori, sono soliti galoppare all’ombra del magico arco e, le ultime agenzie di stampa dicono che emettano addirittura arcobaleni al posto dei gas intestinali, come nella spassosissima clip del deodorante per toilet Unicorn-Gold. Totally gay…
E se l’amore della comunità LGBT* non potrà che aumentare, la popolarità degli unicorni è ormai alle stelle anche altrove. A partire dal 2016 gli unicorni si sono trasformati in vere e proprie superstar dando il via a una moda che (nonostante le malelingue) non accenna a tramontare.
Secondo l’esperto di tendenze Daniel Levine, ci sono tre elementi chiave che creano una moda: il primo è la presenza di un interesse culturale consolidato in qualcosa che corrisponde allo spirito del tempo attuale (e l’adorazione dei millenials per gli unicorni ne è prova assoluta); il secondo è la pubblicizzazione da parte delle celebrità (vedi l’unicorno tatuato sulla gamba di Lady Gaga); il terzo è che la moda deve avere le caratteristiche visive necessarie per decollare sui social media. Che gli unicorni abbiano tutto questo è indubbio: make-up glitterati, vestiti, pupazzi (il my little pony è ritornato prepotentemente sugli schermi e nei negozi con un tratto più moderno e irriverente).
Anche le grandi catene si sono adeguate: Tiger ha sfoderato una linea sugli unicorni per il Natale 2017 e il lo Starbucks Unicorn Frappuccino lanciato in edizione limitata è rimbalzato sui social come una scheggia impazzita. Google Trends conferma che dal 2012 c’è stato un costante aumento del termine di ricerca “unicorni”, un fascino che ha raggiunto proporzioni isteriche durante i cinque giorni di aprile in cui era disponibile lo Starbucks Unicorn Frappuccino, appunto. Per quanto durerà ancora questa unicorno-mania non è dato sapere. I detrattori dicono che è ormai agli sgoccioli. Ma a mio parere non tengono conto dell’ultima leggenda legata all’unicorno, la vita eterna…