Le donne sono di moda, e i vari summit, meeting e convegni si attrezzano adeguatamente – quando con più, quando con meno convinzione – per accoglierle a trattarle bene, o quanto meno “alla pari”. Non sempre però ci riescono, e non per cattiva volontà. Il recente Web Summit consentiva alle donne di entrare pagando metà del costo del biglietto – stile discoteca –, aveva un’ampia area dedicata al progetto “Women in Tech” e ha contato con attenzione quante partecipanti (42%) e quante speaker (35%, ma le moderatrici valgono?) è riuscito a mettere insieme.
Ciononostante, non è riuscito a impedire che Kateryna Portmann, giovane innovatrice londinese, pubblicasse un post su Linkedin per raccontare “21 motivi per cui le donne non si sentivano a loro agio al Web Summit”.
Ecco, probabilmente la chiave del fallimento dell’“operazione donne” – al Web Summit, ma non solo – sta proprio nel verbo “sentirsi a proprio agio”.
Leggendo i commenti raccolti da Portmann, si potrebbe infatti pensare che le reazioni di alcune donne siano eccessive, che spacchino il capello in quattro davanti a un’intenzione oggettivamente buona, ma quello che accomuna le critiche è la costante sensazione di doversi “difendere”. Difendere la possibilità di fare mestieri “da maschi” come le ingegnere e le sviluppatrici, senza dover rispondere a domande sul mestiere del fidanzato o del papà; difendere l’immagine della donna da robot che ti chiamano “baby”, presentatori che ti definiscono “splendida”, foto che ti mostrano sempre in tacchi a spillo; e infine difendere se stesse dai colleghi che danno per scontato che il Sunset Summit (dalle 16.00 in poi in riva al mare, con alcolici e musica) sia il nuovo format sentimentale per nerd, e quindi “ci provano”.
Sono dettagli? Ma proprio nei dettagli stanno i segnali silenziosi, e quindi ancora più insidiosi, di una cultura che non ci aveva previste (o almeno, non in questo ruolo), che attiva il nostro istinto di difesa contro una minaccia che spesso non sappiamo definire, dirottando molte delle nostre energie intellettuali su uno stato di attenzione tipico di chi si sente minacciato.
La soluzione? Potrebbe essere che, per decidere che cosa va bene alle donne, siano coinvolte le donne stesse: presenti in modo più determinante sia come numero che come potere decisionale. Soluzione che potremo verificare al prossimo World Economic Forum di Davos, presieduto da sette donne…