C’erano una volta un poliziotto, un funzionario pubblico e quattro imprenditori… Sembra l’inizio di una barzelletta, una variante delle tradizionali comiche adattata all’era delle start up.
In realtà, era situazione sul palco dei Digital Design Days (DDD) tenutisi a Milano dall’1 al 3 giugno scorsi: un festival che raduna la comunità di imprenditori, innovatori e designer con vocazione digitale. I DDD sono più di un altro convegno da aggiungere alla saga dell’“eventologia”, sono uno spazio creativo per imparare, ideare e progettare prototipi specifici per risolvere problemi collettivi. Così, per me (il burocrate del gruppo), i Digital Design Days sono stati un momento di servizio, uno spazio per la co-creazione, un laboratorio per il futuro del governo e dell’Europa – fatti da noi, per noi.
La burocrazia brutta – così come la concepisce la maggior parte di noi – è in realtà il frutto di una serie di incomprensioni. Prima su tutte, l’aspettativa di perfezione. Da una parte, le istituzioni pubbliche presentano piani geometrici per l’esecuzione di programmi, come la sanità pubblica, con la promessa di eseguirli con zero errori. Giustamente, visto che ogni atto pubblico influisce sul benessere dei cittadini. Dall’altra, i cittadini diventano giudici severissimi di ogni minuscolo passo falso, dimenticando che la realtà è molto più caotica anche del piano più dettagliato. Il cane si morde la coda: più l’aspettativa di perfezione si alza, meno si sperimenta, si impara e si innova.
Una seconda incomprensione è comunicativa. Primo, il “burocratese” può risultare un linguaggio ostico e dispendioso per una lettura informativa. Spesso, l’informazione è anche poco visibile e, quindi, poco visualizzata – le tecnologie di comunicazione pubblica stentano ad adattarsi all’epoca del “virale.” Dall’altra parte, però, sembra esserci un diffuso pregiudizio nei confronti della pubblica amministrazione e di ciò che mette a disposizione.
Spesso mi si chiede, con fare leggermente accusatorio: “Che cosa fa l’Europa per prepararci al digitale?” Chiedetelo agli startupper che senza il sostegno della Commissione europea probabilmente non sarebbero riusciti a sviluppare le loro tecnologie. Un’altra zappa che ci diamo sui piedi: la Commissione ha dato vita alle coalizioni nazionali per i lavori digitali – consorzi di istituzioni, privati e imprenditori che si riuniscono per creare opportunità per il lavoro del futuro – ma in Italia non c’è (ancora) domanda. Perché non farla?
Smascherata la burocrazia brutta, che aspetto ha la burocrazia bella?
La burocrazia bella non promette perfezione ma invita a scoprire del potenziale. E’ umile: accetta che nel 21esimo secolo non può fare tutto da sola, ma che la complessità delle sfide di oggi chiama ognuno di noi – da cittadino e da professionista – ad applicarsi al miglioramento del servizio pubblico. Quindi, la burocrazia bella, non comunica semplicemente – invita alla co-creazione. Ne è l’esempio “Una vita da social”: la campagna della polizia postale che dà fiducia e responsabilità ai giovani nella lotta contro il cyber-bullismo. In un’epoca in cui specialmente i più giovani passano il 70% della giornata su Internet e in cui criminali e terroristi fatto dell’emulazione di comportamenti abusivi e violenti la loro arma, la polizia ha saputo rendersi digitale dare spazio, strumenti e ascolto ai giovani per non essere più vittime ma agenti di prevenzione.
L’esperimento dei Digital Design Days potrebbe essere un’anteprima del futuro del servizio pubblico, inteso nel suo senso più ampio: creare soluzioni partecipate – da istituzioni, imprenditori, cittadini, innovatori – a problemi condivisi. Il futuro del governo nell’era del digitale – una burocrazia nella sua accezione migliore – è possibile, ma richiede un disegno collettivo. Che un giorno i Digital Design Days non siano più date particolari, ma la quotidianità?