La prima volta non si scorda mai. L’attesa, l’emozione, l’entusiasmo, una grande euforia. La seconda è ancora meglio. La mia prima volta è stata nel 2011, alla nascita di Sofia Nicole. Una paternità fortemente voluta ma forse un po’ sottovalutata, come tanti papà che pensano più agli aspetti divertenti dell’essere padre: i giochi, gli acquisti alla moda o semplicemente avere la possibilità di fare quello che hanno fatto i propri genitori.
Solo diciotto mesi dopo, la mia seconda volta, è nata Vittoria Sydney. Lo ammetto: speravo, anzi ero convinto, che sarebbe arrivato un maschietto. Quando ho saputo che sarebbe stata un’altra femminuccia per una settimana sono stato un po’ strano. Poi, insieme alla mia compagna Natalia, ci siamo fatti una grande risata. La famiglia è completa quando arriva il secondo giocatore e, adesso, con due sorelline felici è meravigliosa.
I figli cambiano la vita… in meglio. Le ansie si amplificano, o meglio, se prima eri poco ansioso, poi lo diventi e molto. Nel contempo ci sono quelle piccole cose che, ogni giorno, vanno vissute. Il primo sorriso, il cambio del pannolino, le difficoltà, il primo giorno di scuola, tutto sembra nuovo, torni a essere quel bambino dietro al blocchetto di partenza che ha paura della gara, però questa volta davanti a te non c’è una competizione ma un’esperienza straordinaria.
Credo di essere un papà simpatico, se sarò anche bravo saranno le mie figlie, un giorno, a giudicarlo. Essere genitore è qualcosa che ti completa. Io sono un padre fortunato perché ho del tempo libero da trascorrere con le mie figlie. Quello che una volta faceva di più una mamma, come accompagnarle a scuola, andarle a riprendere quando è possibile, portarle a fare sport ed essergli accanto mentre si addormentano, sono momenti della giornata che ti regalano emozioni imperdibili.
Con loro mi piace alleggerire il peso di quello che può esserci dietro a una lacrima o a una domanda alla quale magari non so rispondere. Vorrei riuscire a dare loro gli ingredienti giusti affinché riescano a realizzarsi, che non significa diventare le prime della classe – e lo dice uno che una volta nella vita, anche se per pochi minuti, lo è stato – ma riuscire a fermarsi per riflettere, per porsi una domanda, senza avere il timore di perdere tempo e saper anche rinunciare a quello che, all’apparenza, potrebbe sembrare più appetitoso.
Mi auguro di riuscire a trasmettere loro l’entusiasmo. Apparentemente i bambini non si accontentano facilmente eppure con loro basta poco. Quando sono di ritorno da qualche viaggio dico “sto tornando a casa con dei regalini” e spesso arrivo con dei semplici palloncini gonfiabili o con delle caramelle.
E poi c’è lo sport, un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Io semplicemente non vedo la vita senza sport. Pochi giorni fa la mia primogenita mi ha detto: “papà, voglio nuotare, ma non voglio fare le gare”. Va bene, al momento non ci pensiamo. Non credo sia necessario spingerli a fare qualcosa quanto piuttosto dare loro gli strumenti per permettergli di fare la scelta giusta. Vedo molti genitori arrivare in piscina chiedendosi ‘chissà se a mio figlio piacerà il nuoto’. Ma così piccoli e in una sola ora cosa possono comprendere? Ci sarà il bambino che si tuffa prima e quello che lo farà un po’ più tardi ma potrebbe essere proprio quest’ultimo, in futuro, a sentirsi più attratto dall’acqua. Le mie bambine hanno iniziato ad andare in piscina tra i due e i tre anni. Adesso mi piace vedere la maggiore che, finita l’ora, esce dalla vasca e aspetta la sorellina e poi insieme, mano nella mano, si avviano verso gli spogliatoi. Ecco, mi piacerebbe che questa immagine si potesse ripetere nel tempo, per sempre.