Sono all’aeroporto internazionale di San Francisco. La zona degli arrivi è stata invasa da migliaia di protestanti. Da ore fanno sentire la loro voce contro l’ultimo, ennessimo irreale atto di Trump: bandire l’ingresso negli Stati Uniti a qualunque cittadino di uno dei sette paesi che secondo il neopresidente, senza dati alla mano, non sono amici degli Stati Uniti e sono invece potenziali importatori di terroristi. Non importa se hanno il visto, la green card, se sono rifugiati o tentano di immigrare illegalmente. E’ sufficiente che siano cittadini di uno dei sette paesi della lista nera di Trump e non possono piu’ entrare negli Stati Uniti.
La revoca provvisoria dei visti imposta dal decreto presidenziale 13769, è stata revocata dal dipartimento di Stato Usa, ha non solo creato disagi alle persone che stavano cercando di entrare negli Stati Uniti, ma anche alle società tecnologiche. A Google, dove ho lavorato per diversi anni, gli immigrati sono stati il motore di iniziative centrali per il successo dell’azienda. Salar Kamangar, che ha inventato AdWords e oggi è amministratore delegato di Youtube, è di orgini Iraniane. Lui non sarebbe potuto entrare negli Stati Uniti se Trump fosse stato presidente quando la sua famiglia ha lasciato un Iran stravolto dal regime. Lo stesso Sergey Brin, che con Larry Page ha fondato Google, è un rifugiato russo. Per questo è andato anche lui a protestare all’aeroporto, accompagnato dalla sua ragazza, Nicole Shanahan, avvocatessa che ha fondato la startup ClearAccessIP quando era ancora studentessa a Stanford.
E non c’era solo chi protesta all’aeroporto di San Francisco, ma anche chi lavorava per limitare i disagi creati dall’ordinanza di Trump. Ci sono molti avvocati che si sono messi volontariamente a disposizione di chi viene bloccato al controllo dei documenti. Tra questi, Kathleen Kelly, avvocato e docente di imprenditorialità sociale a Stanford, che dice: ”Non sono mai stata più orgogliosa di essere avvocato. Questo è il momento di difendere i diritti per cui l’America è nota in tutto mondo: rispetto della diversità, pari opportunità, meritocrazia. Trump non rappresenta l’America e, come dicono i voti, neanche la maggioranza degli Americani”.
Google senza immigrati non esisterebbe. Così come molte altre società high tech che hanno cambiato la nostra vita. E proprio per questo il 5 febbraio un appello firmato da 100 società technologiche è stato consegnato alla Corte d’Appello statunitense per opporsi alle politiche di Trump sull’immigrazione. Hanno firrmato tra gli altri Facebook, Google, Airbnb, Netflix e altre 96 società. Gli Stati Uniti senza immigrati non sarebbero la potenza economica e l’eccelenza nella ricerca che sono oggi. Io, che negli Stati Uniti sono immigrata dal 1999, che ho amici Siriani, Iraniani, Iraqueni, così come di molte altre nazionalità, non riconosco questa America. E spero che anche l’America non si riconosca pùiù. A giudicare dalle manifestazioni organizzate da quando il nuovo POTUS (President Of The United States) ha preso la carica sembrerebbe essere proprio così.