Gli stilisti americani contro la First Lady?

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The New Yorker

Nemmeno loro l’hanno presa molto bene. Dopo l’inaspettata elezione di Donald Trump e conseguente arrivo di Melania come nuova First Lady, tanti stilisti americani si sono affrettati a dichiarare che non l’avrebbero vestita, cioè non sarebbero stati disponibili a volare alla Casa Bianca o alla Trump Tower a NY per seguirla nel suo guardaroba istituzionale.

Tra i primi, la stilista Sophie Theallet, che aveva vestito Michelle Obama in parecchie occasioni negli ultimi anni, e che ha dichiarato pubblicamente che, in coerenza con i propri valori etici e morali, e contro il politicamente scorretto manifestato da Donald Trump nei confronti delle donne in campagna presidenziale, lei non avrebbe mai vestito la moglie Melania, invitando tutti i suoi colleghi stilisti a fare lo stesso. Lei che è a sua volta immigrata (francese), e che si professa contro le discriminazioni di genere, ha alzato la voce contro una donna, immigrata, discriminandola a prescindere.

Una mossa, pare, dettata dal bisogno di pubblicità, in quanto è abbastanza improbabile che Melania, così tanto diversa da Michelle, sia come stile che come impronta personale, potrebbe avere voglia di ‘ereditare’ la sua stilista preferita.

Mentre il celebre stilista Tom Ford, noto per la sua estrema selettività nel vestire le celebrities (tanto da rifiutare diversi Red Carpet ad alcune attrici) nonché per l’altissimo costo dei suoi capi, ha dichiarato che non sarebbe stato disposto a vestire né Melania Trump né Hillary Clinton, in caso di vittoria. Secondo lui, non è pertinente per una first lady al giorno d’oggi, una figura che deve potersi relazionare con tutti, indossare capi di estremo lusso. Quindi non una scelta di schieramento politico, ma motivazioni legate al suo branding (e a quello di una first lady. E pensare che negli anni ’80 la first lady Nancy Regan vestiva sempre molto glamour, con griffe da Carolina Herrera a Oscar de La Renta, proprio perché doveva rappresentare la Nazione).

melania-coverMa la presa di posizione camuffata da ‘sdegno’ di tanti altri stilisti USA contro Melania Trump suona un po’ come la favola della volpe e dell’uva. Infatti la nuova first lady, così indipendente nei confronti della moda (tanto da non aver mai vestito stilisti americani se non il giorno stesso dell’elezione indossando un Ralph Lauren), molto probabilmente continuerà a fare come ha sempre fatto: comprare e indossare quello che le piace nel panorama del fashion internazionale.

E inoltre non è certo il tipo alla Michelle Obama, che negli otto anni di presidenza si è prodigata per indossare e favorire giovani stilisti americani. O come Hillary Clinton, che vestiva e sosteneva sempre brand americani il più possibile.

Ed è per questo che alcune delle principali testate di moda americane (Vogue, Elle, Glamour) le hanno sempre sostenute. Michelle, prendendosi subito la copertina di Vogue a pochi mesi dell’insediamento del marito 8 anni fa, e Hillary vedendosi sostenuta nella raccolta fonti per la sua recente campagna presidenziale. Anche in questo ambiente, qualcuno dovrà rivedere le proprie posizioni. Ma di certo le dichiarazioni sono molto piu caute.

vanity-fair-franceCome dice la stilista americana Diane Von Furstenberg, questo snobismo nei confronti di Melania non durerà tanto: fra pochi mesi si renderanno conto che una donna bella, che valorizza gli abiti che indossa, e che ha una visibilità planetaria, è troppo appetibile per essere ignorata, e faranno la fila per vestirla. E pubblicarla in copertina. Così è la moda.

In effetti, per quanto riguarda il guardaroba istituzionale della first lady americana, non esistono regole precise, e non è una regola che debbano essere vestite da uno stilista in particolare (o necessariamente americano): Jacqueline Kennedy ad esempio vestiva prevalentemente francese, con Chanel, Givenchy e Dior.

Insomma, vedremo quale stilista indosserà Melania Trump nella prossima cerimonia d’insediamento alla Casa Bianca o al Ballo Inaugurale e ai Gala che seguiranno. Non che questo cambi le sorti della politica interna ed estera del nuovo presidente. Ma potrebbe essere un segnale da leggere. Come è già avvenuto in passato.