“Ne è valsa la pena. Abbiamo bisogno che voi continuiate a lottare, ora e sempre, e a tutte le donne, soprattutto quelle più giovani, vorrei dire che nulla mi ha reso più orgogliosa di essere la vostra candidata. Non abbiamo ancora sfondato quel soffitto di cristallo, ma un giorno qualcuno lo farà, spero prima di quanto possiamo immaginare”. Così Hillary Clinton, qualche ora dopo il risultato delle elezioni che hanno segnato sì la storia, ma non un cambio di passo nelle conquiste dei ruoli chiave del potere da parte delle donne, almeno Oltreoceano.
Non che la Clinton dovesse piacere o vincere in quanto donna. Ma che il simbolo femminile più potente degli Stati Uniti resti ancora oggi la Statua della Libertà dà da pensare. Anche perché Hillary Clinton non solo non è diventata presidente ma, nonostante una certa retorica democratica, non è stata neanche la prima donna candidata alla presidenza Usa. Il primato è di Victoria Woodhull, nel 1872, che si candidò (ma non vinse) all’età di 35 anni per l’Equal Rights Party. Come dire, passano i secoli ma si rimane più o meno allo stesso punto.
E sì, è vero che le candidate oggi si trovano negli schieramenti più importanti, ma resta il fatto che perdono. E che le posizioni di potere dove la rappresentanza femminile ancora latita non mancano. Qualche esempio? Non c’è mai stata una direttrice dell’FBI né della Cia. Non una donna a capo delle Nazioni Unite o una presidentessa della Corte Suprema. E ancora, dei 112 giudici della Corte Suprema, solo quattro sono donne. Mai nessuna ha guidato la National Football League, né il Metropolitan Museum of Art, il Museum of Modern Art o la New York Philharmonic.
Un problema atutto americano? Tutt’altro. Da questa parte dell’Oceano oggi abbiamo Angela Merkel e Theresa May, anche se fu Margareth Thatcher nel 1979 a infrangere il famoso soffitto di cristallo in Europa, ma altri ruoli europei sono saldamente in mani maschili come il governatore della Bce. E in Italia? La settimana scorsa abbiamo dato l’addio alla prima donna ministro della Repubblica, Tina Anselmi. Nessuna però è mai arrivata a Palazzo Chigi, né al Quirinale. Una donna, poi, non ha mai presieduto la Corte Costituzionale. Se si prendono i maggiori gruppi italiani a partecipazione statale, hanno ora sì presidenti donna, ma non sono mai stati guidati da amministratori delegati al femminile. Nessun quotidiano a diffusione nazionale, poi, ha mia avuto una direttrice. Non va meglio nello sport: nessun presidente delle 45 federazioni sportive italiane è donna, non ce n’è una neppure a capo delle 19 discipline sportive associate. E naturalmente nessuna è mai stata presidente del Coni.
Una buona notizia arriva da Milano, dove si è recentemente insediata la prima donna presidente della Corte di Appello. Ma certo, finché ci troveremo a fare la conta, significa che la strada è ancora lunga. E tendenzialmente in salita.