A far capire che questa sarebbe stata una stagione televisiva decisamente più arcobaleno delle altre, a marzo ci aveva pensato lei, Maria De Filippi. Parlando sui giornali della futura nuova edizione di Uomini e Donne aveva dichiarato: “a settembre ci sarà il Trono Gay”. E così è stato. Da circa due mesi, nel primo pomeriggio di Canale 5, Claudio (il tronista gay) sta conoscendo vari ragazzi tra i quali sceglierà quello con cui iniziare una relazione fuori dal programma. Il tutto con inaspettata naturalezza e tranquillità (considerando i limiti di una rappresentazione televisiva).
Gli esempi di una nuova stagione arcobaleno non mancano nemmeno sulla tv pubblica. A luglio Rai Due, prima censura e poi (dopo le proteste) ritrasmette in versione integrale la puntata della serie americana Le regole del delitto perfetto, con baci e sesso gay in prima serata.
A ottobre la tradizionale e conservatrice Rai Uno manda in onda I Medici, la serie italo-inglese che al suo debutto mostra in prima serata lo scultore Donatello in una scena di sesso gay. Il bacio tra due uomini in prime time, invece, arriva grazie a Un medico in famiglia. Nel regno di nonno Libero/Banfi, Oscar, uno dei protagonisti della fiction, bacia sulla bocca il professore di sua figlia. Così, con naturalezza e come se nulla fosse davanti a milioni di telespettatori.
A novembre tocca a Rai Tre. Sulla rete della friendly Daria Bignardi, parte in seconda serata Stato Civile: storie di coppie same-sex che si sono unite con la legge Cirinnà.
Considerando che questo elenco corrisponde a meno di tre mesi di programmazione di tv generalista (i canali tematici usano già da tempo un linguaggio sulle tematiche LGBTI più emancipato e libero), non stupisce che qualcuno stia già parlando di una televisione decisamente più coraggiosa nel rappresentare le diversità.
In realtà, l’omosessualità in televisione è stata sempre ben presente. In primo luogo in modo indiretto, partendo da chi la fa: autori, registi, scenografi, coreografi, costumisti, eccetera. Tutti professionisti che, ognuno nel proprio ambito, hanno contribuito e contribuiscono a creare programmi che pur non parlando necessariamente in modo esplicito di omosessualità, usano icone e codici estetici della cultura queer, declinandoli in tutti i linguaggi e in tutti i generi televisivi. Da Pechino Express a Come ti Vesti, gli esempi di programmi queer oriented potrebbero essere molti, oggi come ieri.
In secondo luogo invece in modo diretto, facendo dell’omosessualità argomento esplicito del programma. Ed è qui che è avvenuto il cambiamento visibile di cui si parla. Prima i gay erano raccontati in seconda/terza serata, principalmente usando la chiave della sofferenza, dell’emarginazione, del dolore e della malattia. Oppure erano istrionici artisti in cui l’orientamento sessuale veniva “sdoganato” solo se usato per rafforzare l’eccentricità del personaggio. Oggi invece non è più così, o per meglio dire, non è più solo così.
l’orientamento sessuale, qualunque esso sia, non è una categoria che descrive una tipologia di persone, ma una caratteristica che ne accomuna di diversissime tra loro. Senza che una sia migliore o più rappresentativa dell’altra. Fatta salva questa premessa, quello che sta accadendo oggi in tv, è che agli omosessuali che già venivano raccontati, se ne sono aggiunti altri. Le loro storie occupano tranquillamente anche la prima serata, e sono quelle di persone che con la loro vita non rappresentano più un’eccezione (di dolore, istrionismo o arte), ma che piuttosto rientrano nella banale e straordinaria quotidianità delle cose.
Se questo diverso modo di raccontare l’omosessualità è entrato nel piccolo schermo, più che per il coraggio di qualche dirigente o produttore tv, è perchè nella nostra quotidianità, queste persone sono diventante semplicemente più visibili rispetto a ieri. Fanno sempre di più coming out, si “sposano” grazie alle unioni civili, e pretendono per se stessi e per le loro vite, quella normalità e quei diritti che riguardano tutti. Ecco perchè tacere o censurare queste storie, oggi, fa sicuramente più rumore che raccontarle. Quello che la televisione sta rappresentando è un cambiamento che in gran parte della società è già avvenuto, e che non è più possibile ignorare o nascondere.
Al di là del giudizio che ognuno può avere sui singoli programmi, il merito innegabile di questo nuovo racconto televisivo è di portare la diversità quotidiana che esiste, di fronte a chi ancora non l’ha recepita o vissuta. Un merito che diventa ancora più evidente quando parliamo di tv generalista: l’unica ancora in grado di raggiungere il più ampio e variegato numero di spettatori, oltre che di famiglie.
La domanda che rimane da porsi è come il pubblico televisivo stia reagendo effettivamente a questo nuovo atteggiamento dei palinsesti. E per valutarlo ci sono due modi: i commenti in rete (blog, facebook e twitter) e lo share, le curve di ascolto.
Per quel che riguarda i commenti, su Twitter il trend rispetto al passato è stato inaspettatamente positivo, con nessuna significativa protesta, esclusa quella contro la prima censura del bacio gay che ha colpito su Rai Due Le regole del delitto perfetto (quando a indignarsi sono stati anche gli attori stessi della serie). Su Facebook, dove gli haters possono esprimersi con più caratteri, le cose sono state un po’ diverse, soprattutto per esempio sulla pagina di Uomini e Donne, quando all’annuncio del trono gay, insieme ai commenti di approvazione, non sono mancati gli insulti omofobi o la disapprovazione di alcuni (come era prevedibile).
Parlando di ascolti invece le cose si complicano un po’. Difficile valutare attraverso questo parametro quanto l’inserimento di una singola scena di bacio tra due uomini induca il target di quel programma per esempio a cambiare canale. Più facile invece valutarlo nella serialità di una storia gay, così come avviene nel programma di De Filippi. Qui, il trend del trono classico (quello dei ragazzi, tra i quali è inserito anche il trono gay) è in calo già da tempo rispetto invece al trono over (quello dove a conoscersi sono gli anziani). Se questa scarsità di risultati non si può sicuramente attribuire all’inserimento del trono gay (lo stesso divario esisteva già la passata stagione, quando i troni erano tutti etero), sicuramente quest’ultimo non è stato in grado di catalizzare l’attenzione degli spettatori e risollevare lo share del trono classico (come forse ci si aspettava). Almeno fino ad ora, bisogna ammetterlo. E che il primo bacio gay sia avvenuto a telecamere spente, (ufficialmente per venire incontro all’imbarazzo di uno dei corteggiatori), creando un piccolo caso, paradossalmente potrebbe essere un modo per renderlo più interessante.
Staremo a vedere. Intanto i rumors parlano di un trono che alla sua conclusione non verrà replicato. Peccato, verrebbe da dire, anche se, a ben guardare, il mancato slancio negli ascolti del trono gay, in sè, potrebbe essere un indizio tutt’altro che negativo se riportato al cambiamento culturale e sociale in atto. Forse una pacifica indifferenza del pubblico televisivo, alla fine, potrebbe essere davvero il prezzo da pagare per la conquista di questa “diversa normalità” tanto agognata.
Se così fosse, per il bene della tv, rimarrebbe soltanto un augurio da fare, e suona un po’ come una provocazione: God Save The Queer.