In Tunisia la parità di genere entra anche nell’asse ereditario. E fa scuola nell’Islam

Tunisia-Women-Rights_Webf-690x387I testi sacri vanno adattati ad ogni epoca. Anche i testi sacri dell’Islam. È con questa motivazione che Mehdi Ben Gharbia, quarantenne deputato al Parlamento tunisino, ha presentato il progetto di legge per la parità di genere nell’ambito dei diritti sull’eredità in Tunisia. L’uguaglianza fra i sessi passa anche dalla possibilità di ereditare la stessa quota di tuo fratello; la stessa quota di tuo figlio, quando tuo marito muore. Nemmeno la morte, in certi Paesi è una livella scontata.

Per ora, il progetto di legge tunisino parla di diritto facoltativo: se la normativa verrà approvata, cioè, gli eredi saranno liberi di applicarla oppure no. Ma sbaglia chi pensa che un’iniziativa del genere sia debole, troppo debole, quasi offensiva. Perché questo progetto di legge costituisce un altro, importantissimo segnale che le donne in Tunisia stanno compiendo passi da gigante. E che possono costituire un esempio all’avanguardia per tutte le donne arabe del mondo.

La Tunisia è un modello per i popoli musulmani fin dal 2011, quando fu teatro della Rivoluzione dei Gelsomini, la meglio riuscita di tutte le Primavere arabe fra il Medio Oriente e in Nordafrica. Nella Costituzione di cui si è dotata nel 2014 – mentre il vicino Egitto sprofondava nella dittatura mascherata di Al Sisi, l’uomo che ha tradito tutti gli aneliti di Piazza Tahrir – la Tunisia ha sancito nero su bianco il principio dell’uguaglianza fra uomini e donne.

All’altra metà del cielo, in verità, la Tunisia ha garantito i diritti fondamentali fin dagli anni 60: accesso al voto, divorzio, aborto. Oggi nel parlamento tunisino il 31,5% dei deputati sono donne; contro il 17% del Marocco – pur la più illuminata fra tutte le monarchie arabe – il 13% dell’Egitto o solo il 3% del Libano. In Tunisia lavora il 27,3% delle donne, contro il 25% dell’Egitto o il 16,9% dell’Algeria.

In Tunisia vivono anche personaggi come Wided Bouchamaoui, imprenditrice, dal 2011 presidente della Confindustria tunisina (Utica): proprio in questa veste nel 2015 ha ricevuto il premio Nobel per la pace, assegnato al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino composta da Utica appunto, dal sindacato Unione nazionale del lavoro, dall’Ordine azionale degli avvocati in rappresentanza dei professionisti e dalla Lega tunisina per i diritti umani.