Che ci sia un calo nei numeri delle adozioni a livello internazionale è risaputo. A ulteriore conferma di un andamento negativo degli ultimi anni è arrivato il dato pubblicato dalla Commissioni Adozioni Internazionali che parla per il 2015 di 2.211 minori stranieri adottati in Italia (erano quasi il doppio, 4.130, nel 2010). Ci sono dati, però, che non rientrano nei numeri delle statistiche ufficiali, come ad esempio quello delle coppie che rinunciano a completare l’iter. Quelle coppie cioè che, terminata la faticosa e tanto temuta parte dell’indagine conoscitiva dei servizi sociali e dell’incontro con il giudice del Tribunale dei Minori, una volta ottenuta la tanto desiderata idoneità all’adozione, decidono di non conferire mandato ad un ente autorizzato entro l’anno, lasciando quindi “scadere” l’idoneità e perdendo la possibilità di adottare. A meno di non ripetere tutto l’iter da capo.
A sollevare il velo su questa realtà ci ha pensato il presidente del Tribunale dei Minori di Milano, Mario Zevola, che nell’udienza di mercoledì 29 giugno davanti alla Commissione Giustizia della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di adozioni e affido, ha dichiarato: “L’adozione internazionale è in forte calo per via soprattutto dei mutamenti intervenuti nei Paesi donanti. Ci sono indubbiamente elementi che finiscono, credo, con lo scoraggiare chi vuole adottare. Però non mi spiego il numero, percentualmente elevato, che ho calcolato essere di circa, e forse più, del 30% di quelli che hanno ottenuto l’idoneità, seguendo quindi un percorso faticoso e difficoltoso, che poi non la utilizzano. È come se la incorniciassero. E non credo che sia l’effetto solo di una scarsa informazione sul percorso dell’adozione internazionale. E cioè che si tratti solo di persone che poi vengono scoraggiate da quello che poi apprendono dopo avere ottenuto l’idoneità”.
Il dato è sconcertante: oltre a un calo delle adozioni, ci sarebbe quindi una percentuale parecchio elevata, ben il 30% di coppie che si ritirano prima di completare l’iter, pur avendo già ottenuto l’idoneità. Quali possono essere le cause che spingono le coppie a rinunciare? Un dato certo è che lo scenario delle adozioni è cambiato fortemente negli ultimi 5 anni, soprattutto nei Paesi di provenienza dei bambini, come dice il presidente Zevola.
Alcuni Paesi in via di sviluppo oggi sono fortemente in crescita e, fortunatamente, riescono a garantire una famiglia ai bambini nati sul loro territorio attraverso l’adozione nazionale. Come l’India, ad esempio. Questo significa che in adozione internazionale, che è vista sempre come l’ultima ratio, vanno i bambini che più difficilmente riescono a trovare una famiglia: bambini più grandi o con bisogni speciali (i cosiddetti special needs, per gli addetti ai lavori, ovvero minori con particolari necessità). Conosco diverse coppie che hanno dato mandato a un ente negli ultimi due anni, dopo averne incontrati diversi, e quello che raccontano è che gli enti mettono subito le coppie di fronte alla realtà dei bambini che oggi arrivano con l’adozione, chiedendo alle coppie disponibilità per bambini con età fino a 8/9 anni o con patologie che richiedono cure e disponibilità.
Forse questo mette in crisi le coppie spingendole a rinunciare? È vero che, come dice il presidente Zevola, le coppie dovrebbero arrivare già informate a questo punto del percorso sulla realtà dell’adozione, ma forse sperano poi di riuscire a trovare un ente che li possa indirizzare in qualche Paese con delle caratteristiche più simili alle loro disponibilità per poi scoprire, negli incontri di approfondimento con i vari enti, che questo non è possibile. O forse la formazione delle coppie non è più sufficiente e andrebbe rivista alla luce degli ultimi cambiamenti.
Un’ulteriore spiegazione può essere cercata nella congiuntura economica negativa e nella condizione di incertezza lavorativa in cui si trova l’Italia che potrebbero spingere le coppie a rinunciare all’adozione internazionale (come si sa, dai costi elevati per la procedura all’estero) sperando, avendo l’idoneità in mano, in una chiamata sull’adozione nazionale, invece gratuita.
Sicuramente il dato non va sottovalutato e, se confermato, andrebbe accuratamente analizzato dagli addetti ai lavori: 30% è davvero tanto, praticamente una coppia su tre.